A Venezia capita spesso di imbattersi in corrispondenze odonomastico-gastronomiche. Le calli e i campi hanno nomi che rievocano prodotti, cibi e mestieri ad essi legati. Non sfugge a questo destino la Pasticceria Rizzardini che, lungo la strada che da Campo San Polo conduce a Rialto, è posizionata all’angolo di calle del Forno, una delle tante in città.
Siamo di fronte insomma ad una sorta di nomina sunt consequentia rerum in versione gastronomica. Tra quelle cittadine, Rizzardini è la più antica pasticceria ancora attiva, in una continuità pressoché initerrotta dal 1742.
La storia: tra scaleteri, pasticceri di montagna e dinastie familiari
A definire con certezza la cronologia della storia del locale arriva prima di tutto l’Archivio di Stato di Venezia che conserva un documento che attesta la presenza di un forno sin dalla prima metà del XVIII secolo. L’attestazione è bizzarra, ma utile: il doge Marino Grimani proibisce la bestemmia nel negozio dello scaleter sito in Campiello dei Meloni (il campiello adiacente alla pasticceria). Come abbiamo raccontato in passato, con l’appellativo di scaleteri si definivano un tempo in città i pasticcieri, riuniti in corporazione e tutelati dal Senato: il nome derivava dalle “scalete”, dolci friabilissimi a forma di scala.
Nella seconda metà dell’800 la storia della bottega intreccia le origini veneziane con quelle di una famiglia del bellunese, i Rizzardini appunto. Per quasi 2000 lire austriache d’argento, Caterina Molin Cigolo, nobildonna, vende la bottega a un ciambellaio e il passaggio segna l’arrivo dalla Val di Zoldo (in provincia di Belluno), della famiglia che darà poi il proprio nome alla pasticceria. Il 1982 segna il passaggio da una dinastia familiare ad altre due, in società. Paolo Garlato e Primo Pulese sono, da allora, i riferimenti per un luogo particolarmente caro ai veneziani, che da attività commerciale è diventato spazio “intimo” e di socialità.
Molta dell’intimità, c’è da dire, dipende dalle dimensioni: una stanza di 15 metri quadrati che, quanto a grandezza, ha pochi rivali in città. Una vera e propria bottega che non ha volutamente ceduto al fascino del restauro e che da anni va fiera delle sue vetrine Art Nouveau con esposti i classici della tradizione (bussolà, baicoli, mandorlato) e dei suoi arredi originali del 1910: per chi riesca a sistemarsi nell’unico bancone centrale quadrato vale la pena, prima di ordinare, passare in rassegna specchiere, marmi, boiserie ottocentesca di legno di rovere zoldano e infine pavimento veneziano, con perle rosetta.
L’assaggio
Se delle dimensioni del locale s’è detto, quelle del bancone sono conseguenza e direttamente proporzionali. Tuttavia quello con cui ci si deve misurare non sono certo metri e spazi ridotti, quanto piuttosto passato e tradizione. Se infatti l’artigianalità è fuor di dubbio, il complesso degli assaggi è risultato poco convincente dal punto di vista gustativo. Andiamo con ordine.
L’offerta vede prodotti da colazione (cornetti, kipfel, girelle con uvetta) e classiche paste: frolle, cestini, pan di spagna. L’assaggio ha coinvolto entrambi. Sbilanciata la proporzione tra impasto e quantità di crema pasticcera per il cornetto, penalizzato da un effetto “troppo pieno”, che lo rende complessivamente pesante. Un’eccessiva dolcezza della pasta di mandorle, dal gusto definito e pur di buona fattura, penalizza anche il kipfel, la cui sfoglia finisce inevitabilmente per soccombere. Corretta l’esecuzione della frolla, per il cuore ricoperto, valorizzata dalla copertura al cioccolato fondente, mentre decisamente meno convincenti sono la “romana”, dal Pan di Spagna leggermente secco, e le paste con ricotta e con crema pasticcera. Per entrambe una scarsa finezza, un sapore dolce monocorde e ripieni poco saporiti, per i quali non si riesce quasi definire una separazione con l’impasto. Da segnalare il caffè, dell’adiacente torrefazione Caffè del Doge ed il servizio, dallo spirito indubbiamente autentico.
Opinione
Con un passato secolare, che ne fa la più antica pasticceria ancora attiva in città, Rizzardini è una bottega artigianale dall’indubbio fascino, che non ha ceduto alle lusinghe del turismo. L’offerta dolciaria, che pure si inserisce in un contesto complessivo cittadino che rifugge la modernità, risulta tuttavia un po’ debole e priva di quel carattere inciso che la storia del locale ha tramandato.
PRO
- Ambiente suggestivo e carico di fascino
CONTRO
- Eccessiva dolcezza dei prodotti