Come abbiamo avuto modo finora di raccontarvi, parlare di pasticcerie a Venezia significa abbandonare qualsiasi afflato di modernità e avanguardia, per tornare, non mestamente – questo no – ma realisticamente ad una dimensione spazio-tempo più antica, sospesa tra insegne d’antan, marmi e banconi confortanti. Una delle tappe obbligate in città, e vera e propria istituzione cittadina, è la pasticceria Tonolo, nel sestiere di Dorsoduro, vicino alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari e alla Chiesa di San Rocco, a pochi minuti da piazzale Roma.
Là dove altri potrebbero strombazzare la propria fama, con insegne, vetrofanie e voce strillata, Tonolo è – esattamente come i titolari – luogo di modestia e understatement. Un po’ gioca la posizione, che a Venezia non consente un viale che faccia da introduzione e presentazione in pompa magna, (in questo caso l’edificio è d’angolo, tra due calli) un po’ è una scelta stilistica voluta, come si diceva. E l’affetto che la città ha per questo luogo perdona pure un’insegna rimasta ferma agli anni Settanta e ai libri di grafica dell’epoca, con una T avveniristica tanto quanto i viadotti della rete autostradale nazionale, e una scelta cromatica che vede ancora nel rosso e nell’oro altrettanti simboli di lusso e prestigio.
Per essere precisi il logo riporta anche la dicitura “dal 1886”, che è l’anno in cui il fondatore, Giuseppe, aprì il laboratorio (a Mirano, nell’entroterra). La storia familiare riporta con fierezza il premio ottenuto nel 1909, in occasione dell’Esposizione internazionale di economia domestica di Parigi, assegnato alla focaccia, che è ancora oggi uno dei vanti della pasticceria.
A Venezia la sede venne aperta il 13 dicembre del 1953 – “in una giornata freddissima” – raccontano le cronache e da allora non ha mai smesso di rappresentare per autoctoni o “foresti” come dicono qui, un luogo di riferimento, che per alcuni assurge a meta di pellegrinaggio. Tappa quotidiana, stagionale o annuale in occasioni speciali, Tonolo diventa un calendario che scandisce, nell’ordine: l’apertura della giornata degli studenti dell’attigua università, dei professori e professionisti incravattati – che fa piacere vedere sporcarsi di zucchero e di briciole – e dei travet della Giunta regionale; la pausa caffè delle 11; l’acquisto del tardo pomeriggio; i compleanni e le ricorrenze familiari; l’arrivo del Carnevale con relativa disfida sulla migliore frittella cittadina; Natali e Pasque d’ordinanza.
Negli annali devono essere ricordate un paio di date, che danno la misura dell’affetto che la città ha per Tonolo: il 18 febbraio 2013, in cui a fronte di voci insistenti su una possibile cessione ad una nuova proprietà straniera (cinese), gli stessi titolari hanno dovuto dare smentita attraverso la pagina Facebook, mettendo pace negli animi già in ambasce; e il gennaio 2017, quando è venuto a mancare Franco, il titolare, all’età di 80 anni. E se ce ne fosse ancora bisogno, ecco che anche le riaperture successive sia all’acqua alta del novembre 2019, sia alle chiusure da pandemia, sia a quella legata ad un piccolo restauro, sono state accolte con sollievo, entusiasmo ed esultanza.
Ambiente e servizio
L’insegna dal tratto antico e due vetrine linde e semplici, di impostazione classica, anticipano ciò che il cliente trova una volta entrato: il locale si sviluppa in lunghezza e il primo a presentarsi è il bancone, seguito dalla cassa e da uno spazio destinato al bar. Il restauro, solo parziale, non ha cambiato il volto del locale: nessun intervento di ammodernamento spinto, bensì piuttosto una maggiore leggerezza complessiva del bancone. Le dimensioni non consentono posti a sedere: si consuma al bancone del bar o appoggiandosi alla mensola posta di fronte. Ordinatamente disposte le pastine, con una logica che vede dolci con crema nella parte inferiore del bancone e pasticceria secca e biscotti in quella superiore.
L’ultimo tratto è lasciato ai mignon, ai monoporzione, e appena prima del bar, ai prodotti da colazione. Il risultato è un discorso che mette in fila la tradizione, declinata in varietà: frolle, petit four, pasticcini secchi, cestini di crema pasticcera e frutta, bignè, diplomatiche, meringate, croissant, kipfel… L’elenco è da rivedere in periodo di Carnevale, quando le frittelle (veneziane, crema o zabaione), sfrattano le paste e si prendono metà bancone.
Alle spalle del bancone, specchi e mensole con vasi di caramelle e scatole di cioccolatini sono un tuffo negli anni ’70, tuffo che si fa addirittura carpiato poco più avanti, nello spazio destinato al caffè, dove ogni sorso è salutato dalla presenza di un folto gruppo di Pinocchi di legno appoggiati su una mensola.
Nota di merito per il servizio: cordiale, gentile, paziente (soprattutto con i turisti, particolare che a Venezia non è scontato). Con un riguardo particolare, giustamente, ai clienti abituali di cui si conoscono gusti e piccoli vizi.
L’assaggio
Se fin qui il luogo, la sua storia e addirittura il ruolo che Tonolo riveste nella vita cittadina non avrebbero potuto tradursi se non in un buon punteggio, purtroppo l’assaggio, e soprattutto la memoria dei molti assaggi ripetuti negli anni, non consentono di confermare appieno quel buono.
L’assaggio è stato come sempre rivolto sia ai prodotti da colazione che alla pasticceria e ha rivelato una sostanziale difformità di livello: migliori i prodotti da colazione, pur con qualche errore. Ben sfogliato, leggero, non untuoso il croissant, la cui doratura viene valorizzata dallo zucchero semolato sulla superficie che moltiplica l’effetto croccante. Meno convincente ma complessivamente apprezzabile l’assaggio della girandola di sfoglia, crema pasticciera e gocce di cioccolato. Gusto piacevole che inciampa in un’eccessiva untuosità di alcuni punti, in particolare gli angoli. Per entrambi, tuttavia, una notazione positiva sulla temperatura di servizio, perfetta. Il caffè, servito in tazzine che sembrano appena uscite dalla credenza delle grandi occasioni (blu e bianche firmate SetlmannWeiden), piacevolmente aromatico e privo di acidità o di sentori di bruciato, è servito bollente ed esaltato dal bordo sottile della tazza.
Il cabaret di paste ha visto l’assaggio di grandi classici: un cestino di frolla con crema pasticcera e frutti di bosco, un bignè al cioccolato e uno alla crema, una diplomatica, un rotolo di pasta biscuit e crema al limone ed una “punta” (strati di pasta al cioccolato, crema al burro e pan di spagna bagnato all’alchermes).
Proporzioni e rapporti, prima ancora che gusto, purtroppo non consentono di confermare i buoni ricordi. Una quantità eccessiva di crema – nella quale le note di dolcezza prevalgono su quelle di vaniglia, limone o cioccolato – coprono la pasta, sia della frolla (nella quale si cerca apposta un sostegno nell’acidulo dei frutti di bosco) che dei bignè. Stesso effetto per la diplomatica. Complessivamente si percepisce una sorta di effetto un po’ “monocorde”. Va meglio con la “punta”, nella quale gli strati sono ben definiti, sia nelle consistenze che nei sapori.
Opinione
Istituzione cittadina per la quale si prova un affetto incondizionato, Tonolo accusa forse il peso degli anni. Il livello supera la sufficienza ma non consente di andare oltre. Un vero peccato accompagnato da molto, molto rammarico.
PRO
- Servizio cordiale e paziente, anche con i turisti
- La pasticceria tradizionale, declinata in varietà
CONTRO
- Il sapore troppo dolce, talvolta monocorde