I sempre più numerosi trenta-quarantenni che investono una parte consistente del loro budget sperimentando novità, in una New York che pullula di mete gastronomiche, concordano sul fatto che, in questo periodo, ottenere un tavolo a La Mercerie allontani la necessità di organizzare la ricerca nel tal altro posto per provare nuovi menù degustazione. Ricordarselo, se per il lunghissimo ponte di Pasqua avete considerato la Grande Mela.
Un po’ perché come i migliori caffè parigini, il raffinato spazio della chef Marie-Aude Rose a Soho, ubicato nella parte anteriore di una boutique che vende design da tavola caro quanto una manovra economica (Roman e Williams Guild), dove tutti gli arredi esposti sono acquistabili da un apposito menù ed è anche possibile ordinare un mazzo di fiori freschi da ritirare a fine pasto, ha qualcosa da offrire a tutti.
A iniziare dal servizio di colazione dove spopolano croissant e ciotole di crema inglese, al piccolo menù del pranzo composto da piatti mediterranei e cucina stagionale, fino alla cena, che non passa alla storia per gli effetti speciali cari ai cuochi d’artificio, ma combina piatti per i quali i newyorkesi manifestano un desiderio insopprimibile con una sorta di upgrade della cucina domestica.
[Citazione a parte per il Torteau, una specie di torta formaggio audace e incredibilmente buona, originaria del Poitou, nel sud-ovest della Francia. Modificando la temperatura del forno, la chef Marie-Aude Rose riesce a ottenere crosta compatta e una crema di formaggio caprino con la consistenza della seta]
Nella città che ha fatto della gastronomia una tendenza culturale, avere successo comporta l’arrivo dei turisti attratti dal tavolo con vista sull’insalata all’aragosta di Alec Baldwin o sulla vellutata di castagne di Scarlet Johansson. È inevitabile. Dovrete anche familiarizzare con il numero riservato, che viene dato solo alla clientela d’un certo prestigio cui si vuole assicurare un tavolo sempre. Del resto: i clienti abituali muoiono. Divorziano. Traslocano. Diventano clienti fissi di altri posti. Serve ricambio.
In Italia invece le celebrità mangiano nei posti sbagliati: le cronache mondane li danno da Giannino o in altri luoghi gastronomicamente improbabili in cui vai per sederti vicino a un centravanti o a una sottosegretaria. Con l’apertura del ristorante milanese di Cracco in Galleria le cose sono migliorate.
Ma torniamo a voi, alla vostra Pasqua newyorkese. Ecco qualche suggerimento per godere al meglio della bellezza di un caffè in cui –ricordarsi anche questo– senza prenotazione e una carta di credito capiente non si entra. No, neanche a pranzo. (Difficile cavarsela con meno di 50 dollari se non vi limitate a stuzzicare, più facile superare i 100).
Piatti consigliati: qualunque cosa abbia a che fare con uova o crêpe, il filetto con le patate dauphine, una tra le migliori boeuf bourguignon della vostra esistenza, il crème caramel o una crêpe di grano saraceno alla crema con una spruzzata di limone, per dessert.
Non c’è un bar (nel senso di un bancone al quale accomodarsi), ma i cocktail sono di prim’ordine dal Kir Royale al Martini impeccabilmente secco.
La sala dipinta di blu e grigio, i divanetti color cipria, il legno naturale del bancone di pasticceria grab-and-go, le piastrelle verde salvia della cucina open, la possibilità di comprare il piatto in cui avete mangiato e –ultima ma non ultima– la buona cucina francese da caffetteria, in forte ripresa a New York: tutto congiura contro la lista di altri posti e nuovi menù degustazione che avete preparato con cura prima di partire.
La Mercerie, che trovate al 53 di Howard Street, rischia di diventare una saturazione che non basta mai.