La mannaia della chiusura alle 18 dei ristoranti è un meccanismo esiziale che il nuovo DPCM del presidente del consiglio Giuseppe Conte cala su un settore già allo stremo, specialmente se si tratta di locali serali, quelli che delle 18, su per giù, hanno il loro orario di apertura. Ai suddetti la scelta: chiudere o reinventarsi come pub diurni, in una forma di resistenza che in alcuni casi, come in quello della birra artigianale, metta a rischio l’intera filiera. Dalla birreria al distributore fino in cima, al produttore, che a conti fatti, in questa pandemia iniziata con i pub chiusi anzitempo, ha sempre meno clienti.
Non chiamiamolo lockdown (e vabbè) e non chiamiamolo coprifuoco (“suona male”), ma insomma, pur sempre da quella parte stiamo andando… E se è vero che questo lockdown-non-lockdown mira a far restare in casa quanta più gente possibile dalle 18 di every-fucking-day a – di fatto – la mattina del giorno dopo, facendolo mette bellamente in fuorigioco una serie precipua di locali.
In questo articolo proviamo a fare una breve ricognizione su quei pub che in Italia hanno deciso di non arrendersi alla scure governativa, stravolgendo la loro natura e aprendo dunque a pranzo. Impattando quella che è la nostra cultura del bere e invitandoci ad anticipare (anche di molto) le nostre abitudini. Ammesso che sia possibile farlo, perché questa non è la Fase 1 e la maggior parte di noi di giorno lavora.
Inoltre stravolgere gli orari di apertura per i pub significa cominciare a concorrere in una fascia che non è la loro e che presumibilmente è già satura – quella dei ristoranti che servono il pranzo ai lavoratori. Ancora: molti dovranno rivoluzionare il loro menu per adattarlo al nuovo orario. Un problema che si somma ad altri affrontati negli ultimi mesi, come per esempio gli investimenti per rispettare tutta la serie di norme precedentemente stabilite proprio per permettere ad attività come queste di restare aperte in sicurezza, norme che con quest’ultima giravolta diventano obsolete anzitempo.
L’apertura anticipata di locali come i pub potrebbe poi addirittura sembrare a qualcuno “scorretta”, nel senso che se la norma mira a tenerli chiusi si potrebbe pensare che forse sarebbe il caso che così restassero: attenzione, io credo al contrario che chi tenti di farlo faccia bene ad aprire, segnalo però questo piano della discussione, comunque plausibile di infinite riflessioni.
Mettiamo da parte i locali che già d’abitudine aprono a pranzo e concentriamoci invece su quelli che hanno stravolto il proprio ritmo circadiano. Come il Mosaik di Catania, probabilmente il pub più rilevante dell’intera Sicilia dal punto di vista del panorama craft internazionale. La passione dei titolari Dorothea Licandro e Fabio Bruno hanno finalmente messo la Trinàcria sulla mappa dei birrofili. Lì si mangiano (per un po’ a pranzo) selezioni di salumi e formaggi artigianali siciliani e qualche panino. Proseguo questa rassegna minima con il Buskers di Roma, in cui vige in questi giorni una proposta audacissima: dalle 15 alle 18, tre birre a 10 euro e un’inedita formula all you can drink a 20.
Più a nord, nella mia adottiva Firenze, impossibile non segnalare quello che considero di gran lunga il miglior pub in città: il Diorama, dove la scelta di birre artigianali è profonda e raffinata (sei spine, una spina a pompa e una vasta selezione di bottiglie) e una cucina creativa e sorprendente, che pur partendo da ingredienti spesso comuni riesce a stupire grazie alla perizia ai fornelli del titolare, Daniele Bertelli (tra le cui proposte invernali spicca un ramen di ottima qualità).
A Genova è da citare in questo carnet il pub Scurreria, specializzato principalmente in birre di stile francone e britannico; e in cui si mangiano ottimi bagels. Chiudiamo questo breve catalogo con una delle cento città più romantiche del mondo: se fossero stati vivi oggi Romeo e Giulietta si sarebbero certamente dati qualche appuntamento galeotto al Santa Maria Craft Pub, in cui non c’è una vera e propria cucina ma il pulled pork e il pastrami non mancano mai. La linea delle spine ha per metà roba dell’Agribirrificio, e per un’altra metà roba ben scelta dal resto del mondo (più una bella serie di proposte in bottiglia, tra cui il kombucha).
Per capire un po’ di più come impatterà il nuovo DPCM sul lavoro dei pub che hanno deciso di prendere il toro per le corna aprendo a pranzo ho fatto tre-e-dico-tre fatidiche domande a Daniele Bertelli, titolare del fiorentino Diorama e a Mirko Caretta, boss del Buskers di Roma.
Come vi siete riorganizzati in seguito all’ultimo DPCM?
Mirko Caretta: “Stiamo organizzando un po’ di cose, al di là dell’orario che abbiamo obbligatoriamente scalato, noi avevamo in programma già da un po’ di fare dei pranzi con gli chef il sabato e la domenica, giorni in cui di solito siamo chiusi: li abbiamo anticipati a partire da questo weekend. Per il pranzo è complicato per noi fare una scelta che ci sembri giusta, dobbiamo cambiare un po’ tutto… Qui facciamo panini e altre cose ma non credo vadano bene, dobbiamo un po’ ripensarci. Come offerta in questo periodo abbiamo fatto tre birre a 10 euro, in questa prima settimana l’offerta è dalle 15 alle 18, dalla prossima penso che partirà anche a pranzo. Organizzeremo varie cose, io ho pure due bambini, magari ne portiamo qualcuno ad alcolizzarsi (ride). Abbiamo uno spazio fuori, magari facciamo giocare i bambini lì mentre i grandi bevono. Il lato negativo è che stavamo assumendo due ragazzi ma ora li abbiamo messi in stand by, lavoriamo solo noi soci”.
Daniele Bertelli: “Aprendo a pranzo, cerchiamo di sfruttare le possibilità disponibili. Per il fine settimana proviamo a fare un brunch il sabato e la domenica e vediamo come va, avendo la cucina abbiamo semplicemente spostato l’orario della cucina a pranzo”.
In precedenza vi eravate già adeguati alle norme spendendo dei soldi per rispettare direttive che poi sono state superate dagli eventi?
MC: “A noi hanno dato la possibilità di mettere i tavoli fuori, questo è un pub che da otto anni è frequentato da una fascia d’età di persone dai 25 ai 55 anni, persone che di solito stanno fuori, per noi è non era un problema stare all’aperto ma col servizio al tavolo e il distanziamento abbiamo perso molto. Fuori in piedi non si può più stare e abbiamo perso anche tutto il bancone, che era per tutti il fulcro del locale non come sedute, che erano appena cinque, ma come anima… Ci ha un po’ distrutto il fatto che non si possa più bere in piedi, qua bevevano tutti in piedi. I tavoli sono 40 sedie, finite quelle… noi venerdì e sabato mandiamo sempre via la gente. I turni però non abbiamo voluto farli, è più da ristorante come impostazione. Poi non so come finirà il discorso “materie prime / birre”. Le birre sono materie prime che si deteriorano velocemente, noi abbiamo 14 spine ma per mantenere la qualità forse scenderemo a 6 o 7. Funziona come con il cibo, se hai la burrata fresca, se poi non viene gente… Non so se faremo il delivery, non l’abbiamo fatto nel lockdown, al massimo facevamo un pranzo a un prezzo fisso e lo portavamo tutto a casa, ma un paio di volte e basta, tipo il primo maggio. Ma quello che vada o no, è un mestiere differente, da organizzare in un altro modo. Poi adesso c’è traffico, ad aprile non c’era… Per il sabato e la domenica abbiamo i pranzi per 25 persone tutti prenotati, quello funzionerà.
DB: “Certo che ci eravamo adeguati, avevamo ridotto i tavoli, poi abbiamo fatto una pedana esterna perché ci hanno dato il suolo pubblico gratis, ma abbiamo pagato la pedana, le spese non sono state tante però alla fine ci siamo arrangiati. Non ce l’aspettavamo un’altra chiusura e poi soprattutto io questa cosa la faccio perché sono costretto a farla ma vorrei… Se posso far venire le persone da me a quell’ora perché non lo posso fare in altre ore? Che senso ha? In pratica mi stanno facendo creare degli assembramenti in altri momenti della giornata. Non era meglio farmi tenere aperto di più che concentrare le persone in meno tempo? O anche farmi tenere aperto normalmente… visto che le distanze ci sono, le mascherine ci sono… Pigiare la gente in tre ore è brutto, o mi fai stare a casa e mi dai dei soldi per stare a casa, o così non va bene”.
Pensate aprendo prima di aggirare una normativa che in qualche modo sembrava fatta per mettervi volutamente in fuorigioco?
MC: “Vanno considerati alcuni fattori: uno è la fedeltà al cliente. Tanti verranno soprattuto il sabato e la domenica e una serranda tirata su è diversa da una serranda tirata giù, noi durante l’anno teniamo aperto praticamente sempre. Fino a che ci regge teniamo aperto. Per noi è una questione di sopravvivenza, finché le spese sono coperte ce la facciamo. Il governo l’ha fatto palesemente apposta per farci chiudere ma noi andiamo avanti finché possiamo. Poi per ora è un mese, anche se non so quanto durerà”.
DB: “La legge mi pare che sia stata aggirata dal governo piuttosto, che dice di chiudere alle 18 ai pub e poi non gli dà nulla in cambio. Noi possiamo aprire a che ora vogliamo in teoria, ora in pratica è il governo che ha deciso a che ora dobbiamo stare aperti, mi sembra di essere una di quelle ragazze di un’altra epoca che facevano scegliere le portate dal menu alla persona che le accompagnava”.