Argomento #hamburger. Più passa il tempo più i nostri palati diventano sofisticati. Nel 2015 ci siamo appassionati alla carne di angus, al cheddar, alla salsa sriracha –preferibilmente tutto mescolato nello stesso panino (con le patate ratte tagliate a spicchi come accompagnamento).
Resta che per un un hamburger-pezzo-di-paradiso capace di accendere l’immaginario da fantascienza artigianale dentro di noi siamo disposti a fare qualunque cosa.
Un momento, proprio qualunque?
A Sydney, con 37 gradi, 800 temerari si sono messi in fila dalle quattro del mattino di un giorno lavorativo per assaggiare gli hamburger della catena In-N-Out, aperta in California nel 1948 e diffusa a macchia d’olio nell’Ovest degli Stati Uniti.
Una coda per molti versi simile a quelle che si formano per il lancio di un nuovo gadget Apple.
Dopo aver fatto un’apparizione a Sydney nel gennaio dello scorso 2015, ieri In-N-Out era tornata nella capitale australiana solo per 4 ore e solo con 300 hamburger a disposizione. Apertura prevista del negozio pop-up (temporaneo) alle 12.
Già poco dopo le 11 gli addetti della catena americana gironzolavano tra gli astanti per informarli della temuta verità.
Non ci sono hamburger per tutti. Ma solo per chi è in possesso di uno speciale braccialetto fornito dallo staff, motivo di vanto su Instagram dove fioccano le foto ricordo.
Il primo cliente viene servito a mezzogiorno, costo dei panini 3 dollari australiani l’hamburger, 4 dollari il cheeseburger, 5 dollari il double-double burger (doppia carne, doppio formaggio).
La buona reputazione di cui gode In-N-Out nei paesi anglosassoni è dovuta al rifiuto di usare cibo congelato, ai compensi equi pagati ai lavoratori e all’impiego di testimonial famosi.
Questa la recensione dei loro hamburger fatta dal sito americano Serious Eats.
[Crediti | link: Grub Street; foto: Daily Mail]