“Genuino”. “Artigianale”. “Fatto come una volta”. Ce ne fosse una, dico una, di gelateria che nei suoi messaggi si discostasse dal solito, trito andazzo generale.
Ormai, sui siti, nei media e in tutte le forme di comunicazione aziendale, ogni gelateria “artigianale” riporta le stesse, identiche diciture, tant’è che pare siano tutte frutto di una stessa mano che poi, con uno sbrigativo “copia e incolla”, replica all’infinito le stesse bucoliche descrizioni.
Tutte le gelaterie infatti, da quella veramente artigianale (sì, ne esiste ancora qualcuna), a quella che combina un giusto compromesso tra semilavorati e materie prime fresche, per finire con quella che di artigianale non ha manco il chiavistello della serranda, bombardano il consumatore con le stesse rassicuranti affermazioni:
— LATTE: è sempre quello della mucca che staziona qui giusto dietro l’angolo o al massimo del contadino col praticello appena fuori porta;
— UOVA: sono inderogabilmente di felici gallinelle allevate a terra con mangimi ovviamente bio;
— PISTACCHIO: o è di Bronte o morte
— NOCCIOLE: sono solo sempre gentili, oltre che tonde e della Langhe
— FRAGOLE: sono ovviamente fresche e appena colte, giammai congelate o liofilizzate
— SEMILAVORATI: sono ovviamente banditi, come i grassi idrogenati e ogni altro tipo di ingrediente che si discosti dalla sacra triade “latte, uova e frutta fresca”, con qualche minima concessione alla farina di semi di carrube come addensante, che suona abbastanza naturale e comunque meglio delle parole “stabilizzanti ed addensanti”.
Ma allora, se i cartelloni delle gelaterie rimandano tutti a prodotti bio, naturali, selezionati e freschi, allora perché in certe gelaterie il prodotto offerto è gradevole e leggero, mentre in altre è invece grasso e pesante e ci lascia pure l’amaro –o meglio la sete– in bocca?
Allora, delle due l’una: o i messaggi dicono il falso, e la lista degli ingredienti è ben diversa da quanto sbandierato ai quattro venti, oppure è l’abilità del gelatiere, vale a dire il processo, che fa la differenza.
E visto che l’errata indicazione degli ingredienti, così come la loro omissione, configura il reato di frode alimentare, dobbiamo giocoforza considerare veritiere le indicazioni delle materie prime elencate, e il nostro gelatiere artigianale onesto e sincero almeno fino a prova contraria.
Infatti, il codice penale prevede una chiara e stringente normativa in merito, contemplando il reato di frode in commercio, contenuto nell’art. 515 c. p. secondo cui chiunque, nell’esercizio di un’attività di commercio o di somministrazione, ceda all’acquirente una cosa diversa da quella pattuita, incorre nel reato di frode in commercio (tipico esempio è la somministrazione di “pepsi cola” invece che di “coca cola” senza darne avviso al cliente).
La Corte di Cassazione ha inoltre specificato che il reato si concretizza anche con la sola esposizione sui banchi di vendita dei prodotti con segni mendaci che possono poi trarre in inganno i consumatori acquirenti (sentenza n. 11996 del 25 marzo 2011).
Ancor più specifico l’art. 516 c. p. in materia di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, reato che sotto la dizione “sostanza non genuina” comprende anche quella “non contenente le sostanze ed i quantitativi previsti” (Cassaz. Pen. Sentenza 1/10/2004 n. 38671).
Insomma, non volendo negare certo ai nostri bravi gelatieri la presunzione di onestà, a spiegare le differenze tra un gelato percepito come buono e uno percepito come pessimo, oltre il gusto personale, non può restare che l’abilità e il mestiere del singolo artigiano.
A parità di pistacchio di Bronte e di Tonda gentile, a far la differenza non rimangono che la maestria e il procedimento con cui le miscele sono approntate e mescolate, la loro sapiente miscelazione e dosaggio, la manualità, la cura e anche l’attitudine personale –che molti chiamano talento– a far la differenza tra un Michelangelo e uno qualunque dei suoi allievi, a parità di colori e pigmenti utilizzati.
E se il nostro bravo gelatiere artigianale avesse invece dichiarato truffaldinamente il falso, millantando eccellenti ingredienti inesistenti e omettendone invece altri molto meno pregevoli, conscio di non incorrere in alcun controllo o verifica rispetto a quanto dichiarato?
In questo caso, noi ce la caveremo con soli cinque minuti sprecati a degustare un gelato mediocre e dozzinale, mentre lui avrà la consapevolezza di non poter mai aspirare ad essere un artista. E nemmeno un bravo artigiano.