Dunque, riassumendo: qualcuno sta reinventando il mondo del cibo per il meglio? Esistono storie da cui prendere ispirazione per creare un’impresa?
Non è proprio un’insurrezione, non ancora. Però ci sono giovani imprenditori che riescono a dare forma, cuore e voce ai propri locali.
[Non aprire quel ristorante: avvertimenti per giovani imprenditori di buona volontà]
[E se fare impresa onestamente con un ristorante fosse (quasi) impossibile?]
[Aprire un ristorante: perché lo fanno tanti italiani e perché chiudono subito]
Sono diversi ma sorprendentemente simili, conoscono il mondo e si scambiano idee veloci, sono i grandi nomi di domani, ma per farli crescere era il caso di incontrarli oggi. Così abbiamo fatto, iniziando da Pasquale Polito e Davide Sarti di Forno Brisa. Altri seguiranno.
Il loro pane non è comune –cereali antichi coltivati nei campi di proprietà, lievito madre e farine macinate a pietra di tipo 2 o integrali– come non comune è la traiettoria imprenditoriale.
Conosciamola meglio.
Forno Brisa
Soci: Pasquale Polito, Davide Sarti.
Quattro punti vendita a Bologna, tre di Forno Brisa –in via Galliera 34/D, via Castiglione 43, via S. Felice 91/A– oltre alla pizzeria Teglia, in via San Mamolo 25.
Come sono andate le cose finora
A Bologna per ragioni di studio, l’abruzzese Pasquale Polito, laurea in geografia del territorio, decide di perfezionare l’esperienza di homebaker (nerd della panificazione domestica) iscrivendosi alla scuola di formazione dell’Università di Pollenzo, frequentata anche dal bolognese Davide Sarti, grafico e videomaker affermato.
Dall’incontro che risale al 2013 nasce l’idea di aprire un forno con caffetteria, insieme a due mastri birrai.
La raccolta fondi
Nel 2015, raccolti all’incirca 100.000 euro dai famigliari, i quattro soci acquistano per 80.000 euro la licenza di un forno con (grande) laboratorio in via Galliera, non distante dalla stazione di Bologna. Anticipano 20.000 euro e dilazionano il resto in 60 rate da 1000 euro ciascuna, che stanno ancora pagando.
Girando per banche con un minuzioso business plan riescono a ottenere un finanziamento di 80.000 euro.
Quattro mesi dopo i soci birrai decidono di dedicarsi ad altro e vengono ripagati delle loro quote. A rate, ovviamente.
Il primo punto vendita
Se il forno con caffetteria parte bene, costringendo i soci –che per il primo anno non percepiscono stipendio– a turni di lavoro proibitivi (dalle 4 del mattino al mezzanotte), appare subito evidente come il laboratorio sia troppo grande rispetto al negozio, che richiede comunque l’impiego di 4/5 persone.
In altre parole, il rapporto tra costo della produzione e fatturato è sbilanciato. Quel laboratorio è in grado di servire ben più di un piccolo punto vendita.
Il secondo punto vendita
A marzo 2017, quando grazie a un investimento di 140.000 euro si apre il secondo negozio in via Castiglione, sempre a Bologna, Forno Brisa ha assunto sei dipendenti.
Nello stesso periodo, i due soci vengono coinvolti da amici nella gestione di una pizzeria al taglio in via San Mamolo, 25, ancora a Bologna, che fa già incassi interessanti.
… E tre: lo speakeasy della pizza
Entro l’anno rilevano la pizzeria –che diventerà a fine 2018 Teglia Paradise Pizza, lo speakeasy della pizza– e la ristrutturano spendendo 60.000 euro. È così che Forno Brisa passa da uno a tre punti di vendita, mettendo in moto la sua locomotiva commerciale.
Il quarto punto vendita
Per il quarto punto vendita, aperto sempre a Bologna a fine 2018 nella trafficata via San Felice, l’investimento è stato di 130.000 euro. Neanche troppi per 50 metri di forno con caffetteria in una zona commerciale. Aiuta il fatto che alcune attrezzature siano gratuite, ormai ai fornitori piace farsi vedere nei locali del forno bolognese.
La ricetta Forno Brisa
Cosa serve per sostenere una crescita così tumultuosa? Secondo i due soci, per avere clienti affezionati e conquistare una buona reputazione, la qualità dei prodotti conta meno di un approccio poco presuntuoso e della capacità di capire le esigenze dei clienti, spesso prima ancora che parlino.
Polito e Sarti descrivono così la ricetta del successo di Forno Brisa:
– competenza;
– coraggio;
– formazione;
– felicità di chi lavora;
– comunicazione;
– ascolto;
– innovazione;
– democratizzazione dei saperi.
Ma insistono in particolare sulla necessità di far sentire le persone a casa. Nel servire i clienti niente supponenza, come nel modbar, che annulla le distanze tra clienti e baristi, le barriere vanno eliminate.
I conti tornano
Se panificazione e comunicazione sono gli ambiti di provenienza dei due soci, il ricorso sistematico a un business coach li ha resi amministratori oculati. In particolare Pasquale Polito dispensa suggerimenti ai giovani imprenditori del settore.
Nella gestione day by day il costo degli acquisti per la materia prima non dovrebbe superare il 30%, rispettare questa percentuale è importante: Forno Brisa c’è riuscito al terzo anno senza sconti sulla qualità.
A proposito di percentuali, la ricaduta del personale sul bilancio della società dovrebbe scendere al 30-33%. Oggi, con 30 persone assunte –22 delle quali a tempo pieno– incide per quasi il 40%.
Sostenere gli investimenti con la liquidità quotidiana è un errore. È corretto invece ricorrere a finanziamenti a lungo termine. Anche perché, per l’andamento dell’attività, padroneggiare il food cost (il rapporto tra il costo di un articolo e il suo prezzo di vendita) conta più che investire 130.000 euro al posto di 100.000.
Il fatturato dal 2016 al 2019
Questa è la successione annuale del fatturato di Forno Brisa, a fronte di investimenti iniziali pari a circa 300.000 euro:
2016: 300.000 euro;
2017: 690.000 euro;
2018: 1.200.000 euro;
2019: fatturato previsto 1.800.000 euro.
Il bilancio 2018 è ancora in pareggio, il 2019 sarà l’anno del primo utile.
Di conseguenza l’organigramma sta cambiando. Non sono più solo i nomi dei due soci a occupare tutte le caselle, presto ci saranno: direttore generale, operation manager, direttore di negozi, un direttore della produzione, direttore marketing.
La comunicazione interna ha portato grande vantaggio.
Una comunicazione da manuale
Davide Sarti sa che non avere problemi di comunicazione interna –che invece ci sono sempre– è vitale per Forno Brisa. Ecco perché organizza riunioni settimanali per ogni reparto (forno, pizzeria, caffetteria) e per ogni negozio.
Tutte le decisioni, compresi i risultati dei colloqui di lavoro (per il quarto negozio sono state vagliate 600 candidature), vengono registrate e condivise nei moduli elettronici di Jotform, in modo che le informazioni a disposizione dei singoli reparti siano chiare e sempre disponibili.
Ai collaboratori viene esplicitamente chiesto di mettere in discussione l’organizzazione del lavoro, e in presenza di suggerimenti intelligenti si cambia.
Se è più facile sposare i valori di Forno Brisa alla pizza –Sarti è giovane, ama la musica, il basket, la strada, lo skate– comunicare il pane all’esterno non è stato facile. “Pasta madre in not a crime“, lo slogan più famoso di Forno Brisa, è nato perché all’inizio i clienti non trovavano il pane comune.
“Abbiamo provato a chiamare il nostro pane “non comune”, ma era spiazzante. “Pasta madre in not a crime” è stata la risposta a questa specie di incomunicabilità. Come dire: non colpevolizzateci se facciamo ciò in cui crediamo.
Il lavoro felice passa dalla formazione
La formazione è il chiodo fisso di Polito e Sarti, orgogliosi di aver scelto fornitori in linea con i loro principi e molto collaborativi. Insieme organizzano giornate di formazione per il personale che impara da artigiani raffinati nel campo del cioccolato e del miele, come Marco Colzani e Andrea Paternoster, o da Salvatore Ceccarelli, ex professore universitario, custode e divulgatore di semi antichi.
Lavorare per Forno Brisa non significa sapere come funzionano la cassa o la bilancia, ma conoscere i punti di forza del pane, perché è macinato a pietra, perché si usa la pasta madre, cos’è un creale antico, cosa significa farro. Per rispondere alle esigenze dei clienti, il personale addetto al ricevimento viene formato in laboratorio, sta a contatto con pasticcieri e pizzaioli, assaggia tutto ciò che si fa o si compra per capirne la qualità.
Non basta. Organizzano due raduni annuali. Uno per lo staff con pochi invitati esterni, dove si condividono i risultati ottenuti –dati economici compresi– e vengono assegnati i premi produzione .
È anche l’occasione per stimolare il senso di appartenenza: a ogni poartecipante vengono rivolte domande di questo tipo: cosa vorresti cambiare, cosa vorresti aggiungere, qual è il tuo sogno per Forno Brisa?
Poi c’è il ”Mietitour” di Nocciano, in Abruzzo, dove si trovano i campi di proprietà coltivati con la tecnica del miscuglio, che consente di seminare nello stesso terreno semi diversi lasciando che crescano senza l’intervento umano. Non è una gita per incentivare lo spirito di gruppo ma un evento che coinvolge l’intero paese, la Woodstock di Forno Brisa.
Da persone che esprimono personalità nelle proprie scelte, e che credono a quello che fanno, i due soci sono portati a pensare che nessuno faccia le cose altrettanto bene.
Per un buon imprenditore resistere a questa tentazione è indispensabile. Nel 2020 Forno Brisa potrebbe essere un Academy, una roastery, un posto dove fare ospitalità, uno studio di comunicazione: per riuscirci Polito e Sarti devono responsabilizzare e far crescere altre persone.