Nel 2012 abbiamo scritto che il Caffellatte di via degli Alfani a Firenze aveva tutto, anche i difetti.
Che era un set anni ’60 allestito perfettamente, con il cappuccione dentro la tazza bianca grande, il pane tostato con burro e marmellata, lo yogurt con frutta fresca e muesli, il burro Maremma che colava giù per le dita, i pavimenti consumati, il cucinino per preparare la crema cotta a bagnomaria, le uova al cucchiao, il caffé d’orzo in acqua minerale e il cesto dei cachi.
Nel 2012 abbiamo scritto che Caffellatte era il nostro bar improbabile preferito, un posto raro, patrimonio comune di chi passa volentieri da Firenze. Ma era, appunto, il 2012: magari le cose non stavano più così.
Com’è come non è, dopo 32 anni di onoratissimo servizio, scriveva ieri Corriere Firenze, Caffellatte ha abbassato le saracinesche per sempre.
La latteria, che nell’800 era una macelleria (come segnalava la mucca all’ingresso), aveva assunto le sembianze attuali nel 1984, sempre gestita da Vanna Casati Gnot: “classe 1939, storica femminista fiorentina, temprata dalla guerra e da una famiglia che ha dovuto tirar su tutta da sola“.
Scontrosa, di modi spicci che spesso non piacevano, invece i clienti affezionati apprezzavano di lei proprio il carattere, tipicamente fiorentino.
Il tè si doveva bere senza limone, guai a chiedere il caffè americano: “perché qui si beve quello italiano” e ogni mattina, dopo aver comprato i giornali, “Vanna prendeva le forbici e ritagliava prima le signorine discinte, poi anche le foto di Matteo Renzi: Non lo posso vedere!“.
Modi spicci, si diceva, presi spesso di mira ai tempi di Tripadvisor: i menu ci sono stati lanciati letteralmente sul tavolo, caffellatte annacquato e imbevibile. O ancora, caro come una boutique, prezzi maggiorati di 1 euro e l’aggiunta della crema aumenta ancora la spesa.
Il figlio della signora Vanna, Francesco Gnot, le ha provate tutte, ma alla fine sarà costretto a vendere i mobili all’asta e a chiudere bottega, lasciando un vuoto ulteriore in Via degli Alfani, zona “commercialmente morta“, come la definisce il Corriere Fiorentino, che in pochi anni ha perso due facoltà universitarie e molti locali.
Ci mancheranno il cappuccione, la torta di cioccolato e pere con la crema, la torta salata ai formaggi, il succo di mele biodinamico, il caffè del commercio equo e solidale.
Ci mancherà la Vanna.
[Crediti | Link: Corriere fiorentino]