Personalmente non ho nulla contro Autogrill. Anzi: penso che abbia portato degli standard in un settore che non ne aveva molti.
L’Ulisse, l’Icaro, il Fattoria e compagnia accompagnano i nostri viaggi con dignità.
Vi sarà ben capitato, sulle strade italiane, di trovar di peggio: di finire in baracche che parevano uscite da un horror di Tobe Hooper. Tipo “Quell’autososta in fondo a Barberino del Mugello”. O “Il secondo autobar a sinistra”.
Però.
Però la concentrazione ha sempre dei difetti. E se gli standard medi innalzano la qualità infima sono ben poca cosa in confronto a chi lavora proprio bene, con il cuore e con passione, gestendo un’autososta come se fosse un vero bar, una vera tavola calda.
Mi riferisco alle pochissime tappe indipendenti sopravvissute in Italia, più rare delle librerie non di catena: con la crescita dell’impero Autogrill i chioschi autonomi lungo le highway si contano ormai sulle dita di poche mani.
Ed è un peccato. Un peccato di cui ci si accorge soprattutto d’estate, quando si finisce sulla strada diretti verso spiagge e vette.
Io ad esempio mi trovo a percorrere spessissimo la Torino-Savona e, grazie al cielo, ho due punti fermi, uno per senso di marcia:
il Festival Snack Bar vicino all’uscita di Marene, andando verso la Liguria; L’Autobar Marenco di Carcare, andando verso Torino.
Sono due tappe imprescindibili, che fanno i panini con le acciughe del Cantabrico e la salsiccia di Bra, sfornano focacce e torte, che dietro al banco hanno baristi veri e non dipendenti di un colosso, che curano i tavolini all’aperto per la gioia di agenti di commercio, turisti e camionisti. Sono due soste deliziose, gustosissime, con prezzi uguali se non inferiori al megaKolosso.
Sapete cosa ci vorrebbe? Una guida INDIPENDENTE agli autobar dello stivale.
In attesa di un editore illuminato, perché non cominciamo a consigliarceli tra noi?