Viaggiare è camminare, vedere, assaggiare: la gastronomia è finestra privilegiata sulle tradizioni e la vita quotidiana degli altri. Ecco perché, in occasione di un recentissimo viaggio, in poco più di tre giorni ho tracciato sulla mappa cittadina dei posti in cui mangiare e bere a Budapest.
A cavallo del Danubio, una stella di traiettorie a molteplici punte, fatta di pasticcerie, wine bar, hamburger, ristoranti ungheresi, goulasch (ma sarebbe meglio dire pörkölt!), piatti kasher e birre artigianali, bevute nei pub fighetti, e birre scadenti bevute nella caotica gioia dei ruin bar; il tutto condito da un’abbondante ricerca pre-partenza per esplorare nel poco tempo che ci siamo concessi una lista di indirizzi il più possibile “sgamati”, o come si dice se si è molto globalisti-viaggiatori-anglofili, off the beaten path.
Vi raduno i miei elenchi, divisi per categorie: ecco dove mangiare a Budapest se avete tre giorni di tempo (facciamo una settimana, per gli stomaci nomodotati)
Pasticcerie e colazioni
Budapest è una delle città, insieme a Praga e ovviamente a Vienna, in cui più si respirano i residui della grandeur imperiale asburgica – anche in termini gastronomici. Non manca quindi una tradizione di pasticcerie d’origine Sette-Ottocentesca, con i capisaldi delle produzioni mitteleuropee declinati in varianti locali dal gusto deliziosamente aristocratico; offerte in sale da caffè – o cukrászda – condite di boiserie, volute rococò, poltrone imbottite e cristalli di Boemia.
A queste si affiancano realtà di estrazione decisamente diversa, bakery d’ispirazione statunitense hipsteriana e sane vie di mezzo, che recuperano i prodotti della tradizione per riproporli in chiave contemporanea.
Per le cukrászda: impossibile non nominare Gerbeaud, al centro del fervore commerciale di Pest, e Ruszwurm; a pochissimi passi dalla Chiesa di Mattia e dal Bastione dei Pescatori di Buda.
Gerbeaud è il tipo di locale leggendario che ogni città degna di questo nome può vantare: caffè di grande lusso inaugurato nel 1884 dallo svizzero Emile Gerbeaud, che vi inventò cose mirabolanti come il konyaksmeggy (dolce di ciliegia sotto spirito racchiusa in un guscio di cioccolata – e sì, l’ungherese è una lingua davvero improbabile).
Qui si respira una sofisticata atmosfera fin de siècle, l’offerta di pasticceria è varia e carissima (per noi l’equivalente di 33€ in fiorini ungheresi per due tranci di torta e due bevande), oltre che nettamente non all’altezza delle aspettative. Non ci troverete locals: sono stati fatti fuori dall’aumento vertiginoso dei prezzi. Vale un salto per i meriti storici.
Da Ruszwurm l’offerta è analoga, ma a prezzi decisamente più abbordabili, nonostante la posizione spiccatamente turistica: disponibile le classiche Esterházy, Dobos e molte altre torte “signature” di fattura eccellente, unitamente a una selezione viziosa di bevande fredde e calde (PS: lo sapevate che gli Ungheresi nutrono una vera e propria ossessione per le limonate?).
Su tutt’altro registro, il BITE Bakery Cafè presente in due sedi (peraltro molto vicine, Kiraly Utcá nel cuore della movida del vecchio ghetto ebraico, e Teréz körút, affacciato sulla centralissima Oktogon) è il vostro adorabile hipster shop di quartiere; specializzato in cinnamon e cocoa roll soffici, coccolosi e grandi come materassi: la versione “mini” sarà più che sufficiente a regalarvi una colazione soddisfacente.
Disponibile anche un’ampia selezione di preparazioni salate (pretzel, panini, toast) e di bevande calde e fredde; dalle preparazioni di caffetteria di scuola italiana a quelle più americanizzanti, fino agli shake e alle immancabili limonádé.
A poche centinaia di metri dal BITE di Kiraly ut., in Kertész utca, Strudel Hugó propone innumerevoli variazioni sul tema, indovinate un po’, degli strudel; interpretati in chiave ungherese farcitissima.
Una pasta fondente dalla buccia croccante racchiude una dozzina di differenti ripieni dolci e salati, dal classico austriaco con mele, uvetta e cannella, alla ricotta turó e amarene o alla composta di albicocche (il migliore per distacco tra quelli provati), fino ad arrivare alle varianti con broccoli e bacon di mangalica. Offre servizio di caffetteria.
Impossibile non nominare, infine, i kürtőskalács (“dolci a camino”); forse secondi per rapidità di associazione gastronomica con l’Ungheria solo al goulasch. Strisce di un impasto simile al pane al latte vengono avvolte attorno a uno spiedo e passate nello zucchero, in seguito cotte – tradizionalmente su fuoco di carbonella – diventando una sorta di “tubo”, con lo zucchero che caramella in una crosticina deliziosa, ed infine arricchite con un passaggio in guarnizioni extra (noci, mandorle tritate, cocco rapé, codette di cioccolato).
Nonostante a Budapest sia effettivamente impossibile trovare dei kürtőskalács cotti alla brace, se non in occasione di speciali festival estivi all’aperto, il negozio più quotato in cui acquistarne una versione cotta in forno elettrico è Molnár Kürtőskalács, in Vaci Utca. Le torte-camino di Molnár sono effettivamente molto buone, un dolce-non dolce in cui la sottile croccantezza e la zuccherinità del caramello diluiscono nella soffice neutralità dell’impasto; facendo in modo che un boccone tiri dietro l’altro senza soluzione di continuità. Circa 4 euro al pezzo.
Café Gerbeaud – Budapest, Vörösmarty tér 7-8
Cukrászda Ruszwurm – Budapest, Szentháromság u. 7
BITE Bakery – Budapest, Király u. 59 e Teréz krt. 62
Strudel Hugó – Budapest, Kertész u. 22
Ristoranti ungheresi
La cucina ungherese è ricca, basata sulla carne (principalmente manzo, maiale e oca, non senza incursioni nel mondo della selvaggina) e non priva di intingoli a base di panna e/o burro; oltre che generalmente dominata dall’onnipresente paprika. Nonostante per sua natura non si addicesse al clima torrido della stagione, e agli innumerevoli kilometri camminati sotto il sole, andava provata; e per averne un’idea ci siamo affidati a due degli indirizzi raccomandatici come particolarmente solidi.
Rosenstein è considerato da molti l’apoteosi della ristorazione ungherese tradizionale, con un menu sterminato composto di piatti d’ispirazione ebraica (ma assolutamente non kasher).
Atmosfera anni ’70, conto non particolarmente amichevole (circa 40€ a persona per due piatti a testa e una bottiglia di vino) e preparazioni spesso imprecise, con in alcuni casi eccessi vistosi in termini di salse ed equilibrio di sapori. Delusione.
Gettó Gulyás, a pochi passi dalla Grande Sinagoga nell’ex ghetto ebraico – barra – quartiere dei divertimenti notturni – barra – hipster neighborhood, è forse il più quotato bistrot di cucina ungherese tradizionale rivista in un format contemporaneo. Sala e arredi bellissimi, piatti gustosi anche se non trascendentali.
Buono il pörkölt proposto in una serie di varianti, ossia lo stufato di manzo in rosso che ci piace immaginare come “goulasch” – termine che invece, in Ungheria, si usa per designare una preparazione analoga ma più simile a una zuppa; così come il midollo arrosto da scarpettare col pane e il lecsó, sorta di ratatouille, che qui viene proposto nella sua versione più ricca (accompagnato con pezzi di salsiccia piccante e amalgamato con tuorli d’uova). Servizio disattento, scazzato e lentissimo; come d’altra parte quasi ovunque in città. Conto sui 25€ a persona.
Rosenstein Vendéglő – Budapest, Mosonyi u. 3
Gettó Gulyás – Budapest, Wesselényi u. 18
Hamburger
Vi giuro, l’abbiamo tentata la full immersion nella cucina ungherese, ma senza riuscirci del tutto: alla terza sera la voglia di ripulire il palato da stufati e cremine ci ha fatto propendere per un globalissimo hamburger. E meno male: al Kandalló pub – siamo sempre nel vecchio ghetto di Pest, a ridosso di Térez körút – se ne mangiano di ottimi!
Carni, pane e topping di grande qualità vengono assemblati con discreto occhio gastronomico, amalgamandosi in un morso omogeneo, senza sacrificare sull’altare gourmet la godibilità immediata di un cibo che nasce “veloce”. Imperdibile il Kandalló Burger con foie gras ungherese e cipolle caramellate. Da bere, 16 spine di birre artigianali locali che abbiamo testato quasi tutte; riscontrando in alcuni casi piacevoli sorprese e in nessuno sconvolgenti delusioni. Servizio cortese e reattivo a livelli inusitati per Budapest. Antipasto, hamburger e due birre: circa 25 meritatissimi euro.
Kandalló Pub – Budapest, Kertész u. 33 e Hold u. 13 (dentro il Belvárosi Piac)
Street Food
Dalla tranquilla Hold utca si accede alla Belvárosi Piac, galleria/mercato gourmet che raduna una pletora di ristorantini di grande richiamo ove sarà possibile assaggiare a prezzi irrisori specialità preparate con grande tecnica.
È qui infatti che molti chef stellati, o ex stellati, hanno deciso di intraprendere le loro attività collaterali di pranzo veloce o street food propriamente detto; che pur non rinunciando a un certo glamour pop conservano la guduriosità (e l’economicità) del mangiare di strada.
Tra tutti gli esercizi segnaliamo A Séf Utcája (“la strada dello chef”), aperto nel 2014 dal cuoco Lajos Bíró, quando l’ampia galleria era poco più che un mercato abbandonato.
Lo stand si specializza in piatti tipici della cucina ungherese più casual, preparati con attenzione e ingredienti scelti: imperdibili la salsiccia gigante (e intendo gigante, lunga più di un palmo della mia mano da gigante) servita con pane tostato, senape e cipolle stufate – a circa 5 euro; e il fegato d’oca fritto.
Special del Venerdì e del Sabato è il cholent di tradizione ebraica (stufato di carne di manzo, legumi e cereali) che però qui viene servito in versione tutt’altro che kosher; giacché guarnito con una fetta di capocollo di maiale brasato.
Accompagna il piatto un piccolo challah (sorta di pan brioche), nel quale, qualora non bastasse, viene infilata una fettina di foie gras – il vizio, a soli 7 euro. Davanti alla porta del locale il carretto di A Séf Rijksaja (“il risciò dello chef”) propone un inaspettato pho preparato e servito da personale vietnamita.
A traino di A Séf Utcája, Bíró ha aperto l’adiacente Buja Disznó(k) (traducibile pressappoco come “Maialini lussureggianti”), specializzato in schnitzel alla moda viennese cotte alla perfezione, croccanti, succulente, grandi come la puszta in Primavera e servite con il loro osso da spolpare, panato e fritto a parte, e insalata di patate fredda. 7 euro.
Sempre in Belvarosi piac è locata una seconda sede di Kandalló burger.
Per un’esperienza ancora più “di strada” non perdetevi ovviamente il langos: questa frittella di pasta lievitata ricorda molto da vicino la pizza fritta napoletana, è generalmente a forma di disco e viene condita con formaggi, panna acida, salumi o mangiata semplicemente spolverata di sale.
Il caso ha voluto che durante le nostre peregrinazioni ci imbattessimo in un quello che è considerato tra i migliori langos di Budapest: Jó Krisz Lángossütő (“Friggitoria Langos del buon Krisz”), nascosto nell’angolo più remoto del mercato di Rákóczi Tér.
Il primo impatto è stato discutibile, complice l’impossibilità di tradurre dall’ungherese dei menu scritti a mano su grandi fogli di carta affissi alle pareti, e ha fruttato una ciambella condita con panna acida alla paprika, peperoncini sottaceto e un non meglio identificato formaggio rapé.
L’impasto goloso, croccante e succulento è valso però al buon Krisz una seconda possibilità: il langos töltött (ripieno), privo di topping improbabili e farcito con prosciutto affumicato e formaggio, spaccava; complice anche una generosa spennellata di burro e aglio tritato passata sulla frittella calda, appena estratta dall’olio. Tutti i langos circa 1,5-2 euro, disponibili anche buone palacsínta (crêpes ungheresi, dolci) a partire da circa 30 centesimi l’una (!).
Belvárosi Piac – Budapest, Hold u. 13. All’interno della galleria A Séf Utcája, Buja Diszno(k) e una seconda sede del Kandalló Pub.
Jó Krisz Lángossütő – Budapest, Rákóczi Tér all’interno dell’omonimo mercato.
Mercati
È nei mercati che si respira in genere la cultura gastronomica più autentica di una città e si possono trovare i prodotti migliori.
Budapest in questo fa purtroppo parzialmente eccezione: il Gran Mercato di Fővam Tér, molto bello per struttura, è per molti versi costruito ad uso e consumo del turista; con offerte standardizzate tra i vari stand di salsicce e salami, foie gras in scatola a prezzi unificati e poca varietà.
Vale comunque abbondantemente la pena farci un salto, per visitare le corsie più laterali in cui vengono vendute bella frutta e verdura e infinite schiere di fegati d’oca interi, e per comprare dei souvenir gastronomici (paté e bloc de foie gras, e caviale russo, hanno costi abbordabilissimi rispetto al resto d’Europa; guardando con occhio smaliziato anche tra i salumi apparentemente tutti identici si può scorgere qualche chicca).
Fate un giro anche nel piano interrato: semiabbandonato e desolato, ospita però delle artigiane che producono una varietà e quantità di pickles, quelli sì, autentici; da far venire l’acquolina in bocca.
Più genuino il mercato di Rákóczi Tér, di dimensioni decisamente inferiori, che propone – oltre agli stand turistici comunque presenti – macellerie, ortofrutta e una piccola sezione interna dedicata esclusivamente ai produttori diretti (agricoltori e trasformatori).
Gran Mercato – Budapest, Vámház krt. 1-3
Mercato di Rákóczi Tér – Budapest, Rákóczi Tér.
Wine bar ed enoteche
L’Ungheria è terra storica di vini, principe dei quali (e amaro protagonista di una lunga querelle legale col Friuli, che alla fine ha spuntato) è il Tokaij Aszú.
Provate un 6 puttonyos, o un buon Bikavér o Kékfrankos, al bórbar Kadarka (bór = vino), wine bar dalle colorate e confortevoli sale di Kiraly Utca. Sorseggiate una delle più di 100 etichette nazionali offerte seduti nel dehors che spezza l’andirivieni serale del ghetto ebraico.
Per una cena centrata sui piaceri della bevuta, optate per il Bórkonyha (“Cucina di vino”), stella Michelin guidata dallo chef Ákos Sárközi, celebre per la sua strepitosa carta di vini (tutti ungheresi, molti naturali): noi non siamo purtroppo riusciti a visitarlo perché sold out in tutti i giorni della nostra permanenza, prenotate quindi con largo anticipo.
Bórbar Kadarka – Budapest, Király u. 42
Bórkonyha – Budapest, Sas u. 3
Birra artigianale
Come molti Paesi di cultura prevalentemente vinicola, anche l’Ungheria vive una renaissance birraria recente che passa per una scena craft ultra-modaiola, in linea con le tendenze dettate dall’hype internazionale. Leggerete “craft beer” pressoché ad ogni angolo dell’ex-Ghetto, ove prosperano gli hipster, ma pochi sono gli indirizzi specializzati.
Oltre al già citato Kandalló, trovate – proprio di fronte a quest’ultimo – il Csak a jó sör (“Solo buona birra”), numero uno in città secondo RateBeer, beer shop fornito dall’aria démodée che farebbe pensare agli omologhi italiani dei primissimi anni Duemila.
Dagli stessi proprietari, il piccolo Hopaholic propone 10 vie a rotazione con specialità europee e statunitensi.
Fuori dall’area più squisitamente turistica, l’Élezstő (“Lievito”) si autodefinisce “la base segreta della craft revolution ungherese”. Offre un’atmosfera più calda e raccolta dall’aspetto vintage, con una selezione di 21 vie esclusivamente ungheresi oltre che il primo cask ale bar dell’Est Europa.
Quando siete in giro per locali meno specializzati, incluso per esempio il meraviglioso Szimpla Kert, occhio alle creazioni di Mad Scientist; forse il più quotato dei birrifici magiari.
Csak a jó sör – Budapest, Kertész u. 42
Hopaholic – Budapest, Akácfa u. 38
Élezstő – Budapest, Tűzoltó u. 22
Ruin bar
Cos’è un Ruin Bar? Un pub? Una discoteca? Un karaoke? Una galleria d’arte? Un giardino pubblico? Un centro sociale?
Difficile definire questo genere di contenitore, endemico alla città, nato come risposta per occupare i ruderi degli edifici post-sovietici successivamente alla guerra fredda. Un ruin bar è un centro culturale polifunzionale che è anche un bar in cui far casino e divertirsi, fumare la shisha, assistere a spettacoli; ove si può creare, rilassarsi all’aperto e talvolta persino abitare.
Il principe dei Ruin Bar è senza dubbio il capostipite Szimpla Kert, nel cuore dell’ex-ghetto ebraico, uno spazio sconfinato e labirintico decorato in modo eccentrico con materiali di recupero. Sviluppato su più piani, include svariati bar, di cui uno dedicato esclusivamente alle birre artigianali; altri si concentrano sui cocktail e sul vino, in alcuni di questi si può mangiare.
In una sala è possibile fumare il narghilè sedendo comodamente (si fa per dire) dentro vecchie vasche da bagno, annidato in fondo al piano superiore c’è uno studio per tatuaggi, accanto all’ingresso principale un design shop in cui acquistare oggetti prodotti all’interno del collettivo.
Da vedere anche l’Éllató Kert, anch’esso nella zona in cui ruota il 90% delle attività di ristorazione ed intrattenimento di Budapest, un grande spazio aperto con tavoli comuni in cui è possibile bere discretamente a poco prezzo (travolti, nelle sere del weekend, da un marasma di studenti, locali e turisti in viaggio di addio al celibato che cantano canzoni revival degli anni ’90 e Duemila).
Szimpla Kert Budapest, Kazinczy u. 14
Éllató Kert Budapest, Kazinczy u. 48
[Foto: Giovanni Puglisi per Dissapore]