Il piacere di prendere un caffè nei bar italiani costa la modica cifra di 90 centesimi. Solo a Lisbona è venduto a un prezzo inferiore: nella capitale portoghese, infatti, la tazzina di caffè si può avere a soli 70 centesimi, ma anche in Thailandia, a Bangkok, il prezzo è più che onesto: solo 1,03 euro.
Non è così per altri Paesi: in Norvegia infatti –tra i maggiori consumatori di caffè al mondo, come tutti i Paesi nordici– il prezzo di una tazzina è di ben 4,5 euro, in Australia 3,19 e a Tokyo 3,2 euro.
Ma è da noi che il caffè trova la sua celebrazione: ben il 97% degli italiani infatti non rinuncia alla tazzina giornaliera, secondo i dati di Confcommercio Milano, e non sono pochi quelli che arrivano a sorseggiarne anche 4 al giorno.
Un mondo, quello del caffè, che in Italia dà lavoro a quasi 9.500 persone, occupate in 2.900 imprese, e che nel solo 2015 ha comportato un fatturato di 3,3 miliardi di euro di cui 1,2 derivanti dalle esportazioni.
Eppure, nonostante ciò, per qualcuno la popolare tazzina si avvicina molto più a un incubo che non a un piacere.
Quel “qualcuno” è il barista.
Che si trova a combattere ogni giorno con numerose pretese: caffè lungo, corto, macchiato caldo, macchiato freddo, ristretto e molte altre. Ma le mode applicate alla tazzina sono ormai così tante da costringere i poveri baristi alla quaotidiana litania di richieste assurde, sempre più somiglianti a delle vere e proprie perversioni.
Noi ne abbiamo elencate alcune.
E se vi riconoscete, fate un esame di coscienza e chiedetevi quando avete abbandonato la cara, vecchia tazzina per dedicarvi ad aggiunte bizzarre e richieste come minimo “estrose”.
Lungo o ristretto
Siamo ancora nell’ortodossia. Anche se per i duri e puri il ristretto non è mai abbastanza ristretto, mentre il caffè lungo sarà passibile di misurazioni infinite. Mai contenti, mai. Qualcuno, un giorno, ha domandato “una pillola di caffè” (?). Era il ristretto del ristretto.
Macchiato, perfino “molto macchiato”
Macchiato caldo e macchiato freddo: una differenza di sostanza. Le papille raffinate dell’italiano colgono subito la lieve variazione di temperatura causata dalla goccia di latte aggiunto. Ma sarei curiosa di conoscere a quale unità di misura corrisponde il “molto macchiato”. Mumble mumble. C’è chi indica il livello con l’indice sulla tazza. E’ sempre un bel vedere.
Corretto e corretto moderno
L’alito dei bevitori di caffè corretto lo riconosci da lontano. Forse riconosci anche l’alcol, che prima era generico: sambuca, rum, grappa, bandy, mistrà, ma poi si è iniziato a distinguere. E da lì, è iniziata la rovina: milioni, miliardi di correzioni assurde hanno cominciato a turbare i sonni del povero barista: al ginseng, alla panna, alla nocciola, all’aloe e persino con la Nutella in fondo alla tazzina. Per non parlare di americani, orzi, decaffeinati, con latte di soia e mocaccini.
Latte (la grande zuffa)
Finiti i tempi in cui il latte era latte e poche storie. Ora le puzzette sotto il naso, le intolleranze,e anche le nostre manie esigono latte di soia, di avena, di riso, di capra o di asina. Non sia mai che per inquinare il nostro caffè ci si abbassi a chiedere semplicemente del latte. Il mio barista obbedisce, silente. Ma quando un tizio gli ha chiesto la “latte art”, insomma, il cappuccino decorato, ho pensano stesse per cedere all’impulso di tirarglielo dietro, quel cappuccino.
Acqua sì, acqua no
Anche riguardo all’acqua la vena psicolabile da consumatori mai contenti che tutti noi ormai possediamo, diventa palese. Se il barista serve il bicchierino di acqua minerale dopo il caffè verrà subito redarguito: l’acqua va bevuta prima, per preparare la bocca. Ma se lo serve prima, i clienti tutti gli ricorderanno, come un sol uomo, che l’acqua va bevuta dopo, per sciacquarsi la bocca. Il barista resiste, rassegnato.
La tazza (derive radical -chic)
Scatta l’appello per tutti i consumatori di caffè con vista (tazzina di vetro) e caffè che sguazza (tazza grande). Perché è meglio, perché lo preferite così? C’è pure chi lo vuole d’orzo in tazza piccola, chi in tazza grande corretto latte d’asina, chi d’orzo macchiato freddo in tazza media, chi al ginseng in tazza grande e riscaldata, chi in tazza fredda, ma grande e macchiato caldo e chi in tazza grande, corretto aloe. Roba da manuale di psicologia applicata.
E quando chi scrive, proprio l’altro giorno a colazione, ha sentito rivolgersi al barista di turno con un semplice e secco: “caffè, grazie”, ha avuto un sincero moto di stima verso l’insolito cliente.
Peccato che lo stesso abbia subito aggiunto: “ah, e anche un bicchierino d’acqua minerale. Gasata, grazie”.
No, non c’è dubbio: la vecchia tazzina è morta. E al suo posto è nato il caffè-gourmet. Purtroppo.