Dove essere vegetariana è considerato una malattia esotica è il titolo di un articolo scritto dalla giornalista inglese Dany Mitzman per il sito della Bbc. Quel Dove è Bologna, il luogo in cui Mitzam vive e che, a sentir lei, tratta i vegetariani come scimmiette ammaestate. “In una regione dove il colesterolo alto fa parte del dna e i ciccioli di maiale sono una prelibatezza, essere vegetariani è considerato incomprensibile”.
In più, sembra dire Mitzam, i bolognesi ci mettono il consueto, banale e un po’ infantile istinto di voler spettinare la bambola, di volerla sporcare di fango, di volerle tirare le trecce:
“I camerieri barcollano quando dico la frase sacrilega ‘Non mangio carne’. ‘Nessuna carne ma un pò di affettati misti, sì?’. Poi mi dicono che molti dei loro piatti di pasta sono vegetariani. ‘Abbiamo tortellini fatti in casa’. Spiego che, anche se non lo puoi vedere, il ripieno in quei piccoli fagottini di carne comunque esiste. Ma la mia parte preferita è quando mi dicono che hanno una deliziosa salsa di verdure. ‘E’ fatta con piselli e cipolle. Beh, c’è anche un pò di pancetta, ma solo un pochino – non si sente neanche”.
E’ stato a questo punto della lettura che, facendo di tutto per soffocarlo, ho avuto un rigurgito di campanilismo. Lasciatelo dire Mitzam da una nata, cresciuta e residente a Bologna, se con tutti i pentoloni ricolmi di ragù e i gloriosi panini con la mortadella la fama di “Bologna la grassa” è meritata, è anche vero che poche altre città italiane convivono, come la mia, con chi fa scelte personali. Del resto, se sei vegetariana e gli amici ti portano solo nella trattoria tradizionale bolognese, lamentarsi fa un po’ ridere.
In materia di cibo, non di sole lasagne vive il bolognese: e le crescentine, e il friggione, e i tortelloni di ricotta? (Mitzman li cita per dire che non le piacciono – a questo punto mi chiedo perchè continuo a leggerla). Stessa cosa per qualunque altra regione italiana, che sia pesce, verdura o formaggio, ottime alternative alla carne si trovano ovunque.
E poi, scusate, razzismo verso i vegetariani? Seriamente? In Italia? Devo essermi persa qualcosa, questa è l’epoca in cui essere vegetariani è meraviglioso, mica come venti o trent’anni fa.
Lee Marshall, altro giornalista britannico vegetariano che vive in Italia, nel rispondere a Mitzam su Internazionale, segnala, tanto per restare a Bologna, il biologico all’Alce Nero Caffè di via Petroni, Eataly in via degli Orefici, con insalate e piatti di pesce a bizzeffe, i tanti ristoranti etnici come lo scenografico ristorante India in via Nazario Sauro, dove sembra di stare a Mumbai. Tutte alternative che, cambiando le insegne, troviamo in ogni città italiana, insieme a libri, blog, programmi tv, e il resto del luccicante mondo veggie dal quale, piuttosto, a me onnivora è capitato di sentirmi esclusa. Non conto più i cosciotti di coniglio cui ho rinunciato per non urtare la sensibilità di un amico vegetariano, magari straniero.
Ma non vorrei tirare conclusioni affrettate. Così, fermo restando che qualunque scelta alimentare resta legittima e rispettabile, chiedo a tutti, felicemente onnivori o vegetariani, se la visione di una società fondamentalmente veg-friendly corrisponde alla realtà, o se gli italiani trattano davvero i vegetariani come scimmiette ammaestrate. O ancora, se il loro vittimismo è talmente radicato da non essere stropicciato da nulla.
[Crediti | Link: Bbc, Internazionale. Immagini: Davide Gori, Walks of Italy]