In questi giorni di rientro s’incontrano zombie da ufficio che manco in una metropoli post-apocalittica da serie tv. Reduci da tramvate causa jet lag, i suddetti davanti a un prosecco ci vomitano addosso dettagliati resoconti delle loro vacanze in giro per il mondo. I particolari più vividi dei “ritornati” sono, senza dubbio, i report di tutto quello che hanno mangiato. Di buono e di cattivo.
Facile dire “sono stato in Sicilia e ho mangiato da Dio”, più complicato tornare dall’Ungheria entusiasti di qualche zuppona annacquata.
Il fatto è che, se sulla migliore cucina del mondo si discute spesso e, a volte, ci si promettono pure dei cazzotti, anche trovare la peggiore non è cosa semplice.
Toccherebbe trasformarsi in tuttologi, aver assaggiato ogni cosa in ogni dove, toccherebbe persino mettere da parte antipatie da vicini di pianerottolo, e tentare di essere il più neutrali possibili, pratica al limite dell’umana fattibilità.
Quello che si può fare è raccogliere le proprie esperienze, incrociarle con quelle degli zombie nella scrivania di fianco, e magari farsi venire qualche dubbio in più dal post con cui il Guardian ci racconta le difficoltà di scegliere la cucina peggiore del mondo.
Lo standard oggettivo non esiste, quindi ci ritroviamo nel limbo del gusto personale. Ma esistono anche indicatori assoluti a cui ispirarsi per non prendere granchi.
Ad esempio, andiamo per esclusione: l’Italia non viene presa in considerazione (e con lei tutte le sorelline della dieta mediterranea come la Grecia, Cipro, Croazia, Marocco…), ma neppure Francia, Giappone, Messico (tutte cucine dichiarate patrimoni immateriali dell’umanità secondo l’Unesco). La Turchia? No, la Turchia proprio no.
Saremmo portati ad escludere anche la cucina cinese che, in quanto a popolarità e diffusione mondiale, non ha pari. Il nuovo vento latino gastronomico, poi, escluderebbe anche le cucine del Perù, del Cile e dei Paesi andini, dove si mangia oggettivamente bene e dove si trovano virtuosi mix fusion.
Se pensiamo alla colonizzazione gastronomica, cioè a quei piatti che si sono diffusi pari pari o hanno ispirato altre ricette, i portoghesi hanno il loro posto al sole. Niente Portogallo, quindi.
E di certo il conclamato alone di sfiga che da sempre attanaglia la cucina della Gran Bretagna, ora vale meno di un tempo se si considera la pioggia di stelle Michelin degli ultimi anni.
E quindi?
— Avete mangiato bene ai Caraibi (frutta esotica esclusa)?
— E, a parte le avanguardistiche sperimentazioni del Noma di Copenaghen (e affini), vi siete mai alzati felici e contenti dalle tavolate scandinave?
— Avete buoni ricordi di una sola cena in qualche sperduto paesello africano?
— E cosa dite di quella terra “fuori dal mondo” che è l’Australia col suo carico di abitini alimentari importate?
Vale tutto, ognuno avrà la propria esperienza. Inizio io con il mio podio delle peggiori, ma mi aspetto da voi un aiuto:
3. Kenya: magari sono stata sfortunata io, ma voi avete sentito qualche sapore oltre a quello delle spezie? La carne, magari? Spezie sì, buone, belle, figo, ma così è un pochino troppo.
2. Stati Uniti: un po’ provoco, lo so. Io l’hamburger, il gumbo e il pesce gatto fritto li amo, ma potete forse negare che la cucina di casa di Ms Robinson, se si escludono i surgelati da infilare nel microonde, esista?
1. Ungheria: escludo solo il foie gras. Per il resto, in una intera settimana, non sono riuscita ad assaggiare nemmeno un piatto degno di questo nome. Per la mia esperienza, il peggio del peggio.
Adesso tocca a voi, a voi che magari avete viaggiato più di me. Vale tutto: al peggio non c’è limite mai.
[Crediti | Link: Guardian]