Di recente tornata agli onori della cronaca a margine della polemica tra lo chef Cannavacciuolo e lo scienziato Bressanini sui presunti pericoli del forno a microonde, anche la pentola a pressione è stata oggetto degli strali del corpulento chef che la accusa di impoverire i cibi per via delle alte temperature raggiunte. Ora, io non ho nozioni di fisica e non ho fatto neppure l’alberghiero. Ma uso da sempre la pentola a pressione, con soddisfazione, per 4-5 preparazioni che a mio avviso non solo diventano più rapide, ma anche migliori come risultato finale.
Per esempio il polpo, di cui vi ho già raccontato. Ma anche i brodi (che non si riducono eccessivamente), i bolliti (che mi sembrano persino più saporiti), i legumi, specie i ceci (il rapporto tempo/risultato in questo caso è imbattibile). E lo spezzatino, quando non ho a disposizione un paio d’ore abbondanti per farlo cuocere lentamente, magari nel coccio o nella ghisa.
Proprio lo spezzatino ho preparato per questo post, e ve lo illustro passo passo, insieme alla mia pentola.
Prima di cominciare, non guasta dare una controllatina al coperchio: la guarnizione di gomma deve essere ben alloggiata nella sua scanalatura e risultare elastica e non crepata: in caso contrario, inutile dire che andrebbe cambiata perché se non tiene, addio pressione.
A seconda dei modelli, il coperchio sarà dotato di un sistema di chiusura (la classica leva, come nel mio caso, oppure cursori o ganci in modelli diversi), della valvola per lo sfiato del vapore (sul mio coperchio, quella con il cappuccio blu) e di un indicatore di pressione, più l’eventuale valvola di sicurezza. Tutti questi aggeggi e aggeggini devono essere puliti, senza residui di cibo, e avere una buona mobilità. Fatti questi rapidi controlli (soprattutto se è da tempo che non usate la pentola), siete pronti per cucinare.
A eccezione di legumi e patate, che faccio cuocere in acqua inizialmente fredda, chiudendo subito la pentola e portandola direttamente sul fuoco, le altre cotture a pressione partono in genere a pentola aperta: senza coperchio, si fanno i necessari soffritti, si porta a bollore l’acqua con gli odori prima di unire i tagli del bollito, si rosolano i bocconcini dello spezzatino. In questo caso specifico, dopo la rosolatura io cospargo la carne con un velo di farina, che faccio tostare nel fondo, poi sfumo e stacco con poco vino.
È il momento di aggiungere il liquido che, in una preparazione che alla fine si vuole sugosa, non brodosa, deve arrivare a circa metà degli ingredienti da cuocere. Se dovete preparare un brodo o i succitati legumi, attenzione a non superare mai il livello massimo indicato sulla parete della pentola (in alcuni modelli è indicato anche un minimo). Unito il liquido, già caldo, è il momento di chiudere coperchio e valvola e avviare la cottura vera e propria, che all’inizio avviene a fiamma media.
Sul coperchio, avrete anche un indicatore di pressione (nel mio caso il perno rosso sulla sinistra) che in pochi istanti salirà a indicare che il calore all’interno sta aumentando. Dopo poco, dalla valvola uscirà un rumoroso fiotto di vapore (il famoso fischio, o sibilo): è il momento di abbassare la fiamma al minimo.
Se la valvola continua a gocciolare e spruzzare vapore, forse è il caso di aggiungere una retina spargifiamma per moderare ulteriormente il calore. Attenzione però: se durante la cottura l’indicatore di pressione si azzerasse, occorrerebbe farlo risalire aumentando un po’ la temperatura.
Sembra difficile, ma non c’è come la pratica per capire come si comporta la vostra pentola. Una volta individuati e impostati i parametri perfetti, potrete pure dimenticarvene per tutti il tempo di cottura, che parte da questo momento.
Se avete da aggiungere ingredienti che cuociono in un tempo inferiore rispetto a quelli principali (nel mio caso patate, carote e porri), al momento opportuno dovete sfiatare il vapore, aprire, unire quel che c’è da unire, chiudere, attendere che la pentola torni in pressione e terminare la cottura.
Come sfiatare il vapore dipende da voi. Il modo classico è, semplicemente, sollevare la valvola e farlo uscire. Se il getto bollente vi fa paura, mettete la pentola nel lavello e fatevi scorrere un filo di acqua fredda per pochi istanti, finché vedete che toccacciando la valvola non borbotta più e, quindi, si può aprire. Se siete arrivati a fine cottura e non avete fretta, lasciate la pentola chiusa. La temperatura interna si abbasserà gradualmente (attenzione solo che la cottura, nel frattempo, prosegue: tenetene conto se avevate un tempo preciso, come i “miei” 20 minuti per il polpo).
Non ho studiato neppure microbiologia, ma pare che se non la aprite, il contenuto all’interno della pentola (che aveva raggiunto abbondantemente i 100°) risulti sterile: una comodità se volete cucinare in anticipo senza incorrere nei rischi igienici di uno stufato lasciato a languire mezza giornata in un comune tegame.
L’ultimo punto di domanda è al momento di aprire la pentola: il sugo sarà sugo o sarà brodo? Poiché la pentola a pressione non fa evaporare i liquidi ma, anzi, li trattiene all’interno, c’è la concreta possibilità che si verifichi la seconda ipotesi. Per evitarlo, io trovo utili l’iniziale aggiunta di farina, non esagerare con il liquido e, se la ricetta lo prevede, aggiungere ingredienti come le patate o la zucca che addensano naturalmente il condimento.
Se però il vostro fondo risultasse comunque troppo lento, potete restringerlo una decina di minuti a pentola aperta e a fiamma vivace, eventualmente scolando carne e verdure con una schiumarola e rimettendole in pentola solo pochi istanti, nel sugo ormai denso, per condirli bene.
Ripeto, è più difficile a dirsi che a farsi e il mio spezzatino della domenica sera l’ho fatto in poco più di un’ora.
Vi ho convinti? Userete più spesso la pentola a pressione? O la usate già, e volete raccontarci le vostre malizie?
[Crediti immagini: Cibotondo]