E’ domenica sera, su DMax c’è chef Rubio, cosa chiedere di meglio?
Unti e Bisunti bisogna affrontarlo a pancia piena altrimenti è una tortura, vorresti afferrare qualunque cosa non necessariamente commestibile ghignando “ho bisogno di unto, più unto”. Ma sono già le 22,15.
Sbav-sbav, questo è l’episodio, il terzo, in cui Rubio torna a Roma: si apre con il Gianicolo.
Ha l’aria di uno che si è appena svegliato, e in effetti, persone intorno a lui zerovirgola, avranno girato all’alba. Poco male, Rubio addenta un maritozzo con la panna, dice che sta lì la vera “romanità”. Inizia l’avventura.
Prima tappa, Campo de’ Fiori (lo storico mercato romano dove sono riuscita a pagare una spremuta di melograno 3 euro) fa da scenica quinta alla passeggiata del cuoco che spiega la culla della romanità.
Inizia masticando le puntarelle, poi i pomodori (peperoni ?), mentre il sugo gli cola dalla bocca calcolo che saranno le 9 di mattina. E si era già mangiato il maritozzo.
Prendo una citrosodina virtuale al posto suo intanto che inizia la fase “perlustrazione” alla ricerca del cuoco che Rubio dovrà battere.
Gira tra i banchi del mercato, tocca, assaggia, al mercato è un filo più credibile degli chef tradizionali tipo Davide Oldani.
Poi si imbatte nei condimenti alla carbonara e tenendo in mano un pacco di pasta multicolor chiosa: “Ce stanno un sacco de fregnacce, la classica sòla romana”.
Sarà scontato, lo so, ma non posso fare a meno di dire: “Rubio, ti stimo”.
L’imbarazzante siparietto che trovate nel promo dell’episodio, dove Rubio spiega a un turista la vigoria sessuale che regalano fave&pecorino, ve la risparmio.
Arriviamo all’Antica Norcineria, qui il cuoco mangia coppiette e la testa del maiale condita, tiro un sospiro di sollievo, è la prima cosa di oggi che io non mangerei.
E’ tempo di fare uno spuntino, poteva mancare una ciondolante fetta di mortazza?
Grande trait d’union tra mortazza & Roma è la pizza bianca, con inquadrature libidinose su una sberla di un metro trasudante olio. Rubio srotola l’involucro della mortadella, io esclamo “mio eroe”, lui dallo schermo si tocca i baffi e gongola: “Poesia pura”.
Mi domando ossessivamente cosa cucinerà, intanto mi godo Roma e le facce stuzzicate della gente che lo guarda mangiare.
Altra passeggiata sul Ponte Sisto, si va a Trastevere dove lo chef invoca l’anima di Alberto Sordi, assaggia la coda alla vaccinara e spiega cos’è la pajata.
Finalmente Rubio trova lo sfidante, è “Ivano Er Mago der fritto romano”.
Assaggia i suoi fritti, nell’ordine supplì, carciofo alla giudia, baccalà in pastella e cervello.
Temo per la sua incolumità quando becca 2 spine di baccalà. Percorro mentalmente la lista della spesa, domani friggo anch’io.
E’ il (brutto) momento del product placement per lo sponsor birra, poi si parte con la lista della spesa.
Rubio va a reperire i tre ingredienti della sua frittura, ci gustiamo la ricerca del “cervello perfetto” con il momento pulp che ormai credo ci sarà in ogni puntata.
C’è anche però il momento umanità, quando incontra il venditore di carciofi che gli dice “Aò so’ bono a fa’ solo questo, da tutta la vita”. Lì il mio cuore si stringe, forse un po’ anche quello di Rubio.
Giudici della sfida saranno i ragazzi della Lazio Rugby con il loro allenatore, come dire giovani di buon appetito che il ciel li aiuta.
Parte la sfida fornello da strada vs fornello professionale, tutti mangiano e bevono commentando deliziati: “Che delicatezza” e “ma Rubio je l’ammolla”. Vince Ivano, abbracci, sudore, fritto, birra, caldo.
Domenica scorsa c’erano due puntate, stasera solo una, Dmax deve aver fiutato che la cosa funziona e ce la centellina di settimana in settimana.
Chef Rubio in Unti e Bisunti ti riconcilia con il cibo di strada, io lo adoro. E voi?