Lunghi banconi, teste chine, avventori curvi sulle loro ciotole fumanti e caratteristico rumore di brodo risucchiato: iconografia di un ramen. La colpa del risucchio è del galateo Giapponese, per mostrare apprezzamento sorbire rumorosamente il brodo please.
Sushiomani che non siete altro, pervertiti del sashimi, estimatori subitanei del manzo di Kobe, voi che ordinate nigiri con la stessa disinvoltura con la quale scegliete la pizza, sapete qualcosa del ramen?
Reduce dal Giappone, ho cercato inutilmente di fare ordine e dare un nome a quello che ho mangiato. Ecco un bignami, poco esaustivo, di uno dei piatti nipponici più popolari. Cosa sappiamo e cosa invece dobbiamo ancora scoprire, kamaboco compreso, del ramen.
Il ramen raccontato a mia nonna.
Una grande ciotola di brodo caldo di carne o pesce, con tagliatelle o tagliolini di frumento più o meno sottili, cui si aggiungono a volte miso o salsa di soia, fette di carne, molluschi, germogli di soia, porri, alghe marine secche, kamaboco (finalmente scopro cosa c’è dentro quel panetto compatto e colorato: surimi e pesce azzurro frullati), cipolla, uova, mais e via così all’infinito.
Visto con i miei occhi.
Le schiene curve e il risucchio non sono solo iconografia, ancora oggi in alcune strade di Tokyo già di prima mattina molti giapponesi consumano con gusto la loro ciotola calda.
Il ramen nasce infatti come street food, un pasto caldo da consumare velocemente appena fuori dai mercati, e per molto tempo il suo consumo è stato relegato al pasto fuori casa. Fino almeno all’avvento del famoso Ramen Nissin, che oltre a pubblicità esilaranti, ha dato la possibilità a molti giapponesi di poter consumare il ramen istantaneo anche a casa aggiungendo solo acqua calda al composto.
Le varianti delle varianti sulle varianti.
Importato dalla Cina è diventato uno dei piatti rappresentativi della cucina giapponese. Ne esistono infinite varianti più o meno nascoste, più o meno regionali.
C’è chi lo classifica per pesantezza, chi per varietà del brodo, chi per regione o ancora a seconda della pasta.
Brodo di qualsiasi cosa.
Di carne, di qualsiasi carne vi venga in mente: maiale sopra tutti, ma anche pollo, vitello, manzo.
Di pesce fresco, essiccato, di alghe di mare.
Di verdure, ma quasi mai solo vegetale, come cipolle, aglio, zenzero, scalogno, porri, funghi.
Facciamo prima a classificarlo e dividerlo in due scuole principali: Kotteri e Assari. Il brodo del ramen Kotteri è denso, opaco, ricco di grassi, minerali e proteine, il suo brodo è quasi sempre il risultato di carne spesso grassa, bollita molto a lungo. L’Assari è chiaro e ottenuto da verdure, pesce o carne cotta per poco tempo e a bassa temperatura.
Si fa presto a dire tagliatella.
Pare facile descrivere le milioni di varianti di pasta. La verità è che ce ne sono tante quasi quante sono le nostre varianti di pasta. Sono fatte con farina di frumento, sale, acqua, e kansui, l’acqua alcalina che dà alle tagliatelle la caratteristica tonalità giallognola.
Sembrano tutte apparentemente uguali, ma la verità è che gli chef di ramen si dannano l’anima per preparare la pasta giusta che regga al calore forte del brodo, che non si attacchi, che raccolga bene i condimenti. Nei ristoranti seri le tagliatelle saranno fresche e servite a parte da immergere nella ciotola a poco a poco mentre si mangiano. Questo è il motivo per cui difficilmente un ramen di buona qualità potrà essere take away.
Ci sono poi infinite altre varianti di tagliatelle essiccate, sottili, spesse, dritte, arricciate, corte, all’uovo anche.
Condimenti del Ramen, scappate ora, prima dell’elenco di 110 ingredienti diversi.
Qualsiasi cosa. Dalla variante più semplice a quella più complessa: carne di maiale, brasata, saltata in padella, fritta, arrosto, magra o grassa fino a quella di pollo. Lo chef David Chang nel suo celebre Momofuku Noodle Bar di New York per esempio ne propone una variante con fettine di spalla di maiale cotto a bassa temperatura per tante ore.
O ancora frutti di mare: capesante, gamberi, cozze e granchi serviti con il brodo leggero. Uova sode o di qualsiasi consistenza si preferisca, tipiche sono quelle marinate per molte ore nella salsa di soia o ancora cotte a bassa temperatura.
Scalogno, cavolo, mais, funghi, aglio, spinaci, cipolle anche carbonizzate, germogli o carote, alghe essiccate, zenzero in salamoia o fresco.
Un’altra aggiuntina?
Per finire il ramen può essere spolverato a piacere di peperoncino, pepe nero o bianco, curry in polvere o pasta di curry, olio ottenuto da aglio carbonizzato, burro, yuzukosho, una pasta di spezie a base di peperoncino e scorza di yuzu, un agrume giapponese.
Quattro ramen sul comò.
Ammetto che a questo punto neanche il più deciso degli avventori saprebbe cosa ordinare. Lasciando stare, per la vostra sopravvivenza, le varianti regionali, vi tolgo dall’imbarazzo e vi suggerisco di cominciare dai magnifici quattro.
Il Tonkotsu, di colore opaco e chiaro. Un bollito di ossa di maiale con tutto il loro corredo di grasso e collagene. Ore e ore di bollitura per un risultato brodo che somiglia al latte o al burro, molto denso e saporito, cui si aggiungono zenzero sott’aceto, semi di sesamo, aglio carbonizzato e schiacciato e tagliatelle sottili e dritte. Altro che la biretta di Chef Rubio per “sgrassare”.
Altro famoso ramen è lo Shio, pallido, chiaro, giallognolo fatto con molto sale, pollo, verdure, pesce o alghe marine.
O ancora il Shōyu con salsa di soia, germogli di bambù marinati, cipolle verdi, kamaboko, nori (alghe di mare), uova bollite, germogli di fagioli, pepe nero.
Per finire il più giovane, ma non meno famoso il ramen Miso con miso, addizionato a brodo di pesce o verdura e aggiunta di pasta di fagioli piccanti burro e cereali, porri, cipolle, germogli di fagioli, maiale macinato, cavoli, semi di sesamo, e aglio tritato, con tagliatelle spesse, ricce e leggermente mollicce.
Orbene quindi, aggiungete o demolite il bignami del ramen e già che ci siete, ci dite anche dove possiamo farne grandi scorpacciate in Italia?
[Crediti | Link: Serious Eats. Immagini: Flickr/Alfa, Flickr/Joel Koh, Flickr/Kattebelletje, Flickr/Howard Walfish, Flickr/Waisum Tam, Flickr/Kirk K]