Tonno in scatola: perché gli italiani lo amano tanto?

Tonno in scatola: perché gli italiani lo amano tanto?

Se un tempo, la scatoletta di tonno equivaleva al salvagente dei single che poco intenzionati a cucinare si organizzavano con l’apriscatole (così intere generazioni di giovani italiani si sono salvati da crisi alimentari insostenibili), oggi il nostro amico tonno è tanto diffuso che a cercarlo bene si trova in tutte le dispense delle nostre case.

Poco costoso, tutto sommato leggero, continua a regnare nel panino con pomodoro e carciofini a tenergli compagnia, oppure come protagonista di un’insalata trangugiata in pausa pranzo, o ancora nel ruolo di condimento unico per un piatto di pasta. Versatile come pochi, il tonno consente impieghi numerosi e disparati.

E se in paesi come gli Stati Uniti ha fatto registrare una lieve flessione, l’Italia è il secondo paese con il consumo annuale di tonno in scatola più elevato del mondo: 2,2 chili pro capite. Meglio fanno solo gli spagnoli. Un’abitudine la nostra ormai radicata, difficile da interrompere anche in caso di aumento dei prezzi.

Il successo del beneamato ha spiegazioni semplici e numerose.

scatole di tonno a Favignana

IL PREZZO:
Nel costo la scatoletta di tonno è sempre rimasta al di sotto dei limiti dell’inflazione.

LA PRATICITA’:
Essendo già cotto basta poco, l’aggiunta di un contorno tipo le verdure di stagione, insalata o i pomodori per risolvere il problema del pranzo.

L’IGIENE:
Grazie ai moderni sistemi di pesca prima e di inscatolamento poi, garantisce la perfetta sterilità, l’assenza batterica (o quasi) e un’ottima igiene.

IL SAPORE:
Ce le ha tutte, è un pesce senza lische, senza spine e senza pelle. Privo per sovrappiù del tipico odore sgradevole, con un sapore poco marcato che lo fa associare, al pari della consistenza, più alla carne che al pesce.

LE CALORIE:
Se sgocciolati del tutto, 100 grammi di tonno sviluppano non più di 235 chilocalorie, all’incirca quanto una cucchiaiata di maionese. Il valore nutrizionale è elevato, la carne del tonno è ricca di omega 3, proteine nobili e grassi insaturi che la rendono più magra rispetto a quella animale.

Eppure anche per il tonno non sono tutte rose e fiori.

ventresca di tonno in scatola

Il primo problema è di natura ecologica. Anche se i residui di metalli imputabili all’inquinamento dell’ambiente vengono assorbiti dal tonno in percentuali trascurabili, pertanto affermare che esiste un’emergenza tonno è abbastanza esagerato, gli ecologisti prevedono un aumento nella contaminazione dei tonnidi, causato dal progressivo livello di inquinamento del loro cibo e del loro habitat, nonostante vivano a notevoli profondità.

Ma consumare il tonno nel 2015 significa anche accettare il dramma della sua condizione. Il rischio estinzione esiste: già cinque delle otto specie censite (tra cui il pinne gialle, il tonno più consumato in Italia) figurano nella red list dell’IUCN di quelle seriamente minacciate.  

Giocoforza, i regolamenti internazionali della pesca del tonno, che genera un impatto ambientale spesso spaventoso, si sono fatti più stringenti, e così i controlli sui pescatori. Le possibili ricadute ci costringeranno a mangiare meno tonno e probabilmente a pagarlo un po’ di più.

L’altro problema sono le etichette.

tonno in scatola a favignana

Trattandosi di un’acquisto a scatola chiusa, al consumatore dovrebbe essere consentito di scegliere tra una scatoletta e l’altra con cognizione di causa. Invece, anche leggendo bene l’etichetta, gli elementi di giudizio restano pochi. In pratica mettiamo nel carrello della spesa una scatoletta di tonno senza sapere davvero cosa compriamo. E sì che le cose sono migliorate, una direttiva sulle etichette alimentari del 2012 ha stabilito regole nuove sull’accertamento dell’origine.

Non è invece obbligatorio dichiarare la specie di tonno utilizzata. La parola tonno è generica, non indica una delle diverse specie di tonnidi divise in grandi famiglie: Thunnus thynnus (dalle carni rosa, chiamato anche tonno rosso), Thunnus Alalunga (carni bianche), Thunnus Albacares (detto anche a pinna gialla), Thunnus eutynnus pelarnis, mai dichiarato nella confezione perché più scadente (carni scure e sapore amarognolo) … E siccome la qualità della carne cambia a seconda della specie, sarebbe opportuno indicarla.

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Altra cosa che i produttori si guardano bene dal dichiarare è che per l’inscatolamento di norma s’importano tonni congelati, tagliati in seguito a filetti negli stabilimenti di produzione e infine cotti a vapore. Succede invece il contrario, viene dichiarato cioè cioè il tonno che è stato “lavorato fresco“, quando questo accade. Un tipo di prodotto che dà migliori garanzie di qualità.

Bisogna poi vedere che parte del tonno c’è nella scatola. La carne considerata migliore perché più tenera, saporita e un po’ più grassa è la ventresca, ricavata appunto dalla parte ventrale del pesce. Le parti peggiori derivano dai residui, dalla coda o dalle pinne.

L’indicazione del peso sgocciolato consente di sapere quanto tonno c’è davvero nella scatola, dato che l’olio va buttato. L’olio di governo del tonno è scadente, conviene svuotarlo sino all’ultima goccia magari rimpiazzandolo con un po’ di olio extra vergine.

Per finire: di solito il tonno in scatola non ha additivi, solo olio e sale, perciò se si trova in etichetta il glutammato monosodico, purtroppo consentito, significa che il prodotto è scadente e l’acquisto della scatoletta vivamente sconsigliato.

[Crediti | La Guida del consumatore. Link: Dissapore, Il Post]