C’era una voglia la tovaglia. Oggi c’è il runner. C’era una volta il lampadario di cristallo. Oggi c’è l’assemblaggio con bottigliette campari. C’era una volta il cestino di pane. Oggi c’è il sacchetto di carta rinforzato e risvoltato.
Le cose cambiano al bar e al ristorante dove le mode si rincorrono alla velocità della luce lasciando indietro i poveri ristoratori seminati dai più veloci, e a forte rischio di doppiaggio. Difficile, a tratti impossibile, avere qualcosa di particolare che gli altri non hanno, e allora tutti lì a spiarsi e copiarsi prendendo a esempio supremo la scuola americana.
Sì, perché è a loro (coscienti o meno) che i ristoranti continuano a ispirarsi, cercando di ripetere modelli che ormai sembrano anche nostri, da quanto ci hanno colonizzato.
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Fermo restando il must assoluto della tovaglietta a quadretti (in questo sono gli altri ad aver preso da noi, e allora vai di milioni di trattorie italo-qualcosa nel mondo che si riconoscono al primo sguardo dalla tovaglia a quadri), oggi l’omologazione di alcuni dettagli al ristorante è innegabile.
Volete degli esempi?
1. Contenitore squeez no-logo per maionese.
Se ormai tutti fanno hamburger, anche il bar con la Lottomatica sotto casa, allora tutti devono avere dei contenitori per salsa. Ad impazzare e spaccare il mercato sono i classici dosatori da diner americano. Rosso per il ketchup, color panna per la maionese e giallo ocra per la senape.
2. Sgabello o qualsiasi cosa fatta coi pallet.
Complice la crisi, la mania compulsiva del riciclo (ben venga, ma a volte si ricicla pure l’irriciclabile) o la moda del materiale green, non riusciamo più a contare divani in pallet, poltrone in pallet, scaffali in pallet, sgabelli in pallet.
3. Vasi da conserva come bicchieri.
La prima volta che ne vidi uno ero a San Francisco e mi sembrò meraviglioso. E, lo ammetto, continua a piacermi nonostante l’idea sia stata leggermente troppo sfruttata. Ma io vi appoggio, cari bar e ristoranti che servite il mojito nel vecchio vasetto Bormioli, mi fa sentire a casa…
4. Vassoi / Tavolette in ardesia.
Diciamolo una volta per tutte: non tutto il cibo del mondo si presta ad essere servito sulle tavolette d’ardesia. Ovunque impazzano e poco importa se sorreggono un fish&chips bisunto o un piatto d’autore. Ma io mi chiedo: l’Asl non ha niente da dire?
5. Pennelli in cucina.
In questo caso la contaminazione modaiola coinvolge una nicchia più ristretta, ma in velocissima espansione. Deve essere colpa di Cannavacciuolo, che in una delle puntate di Cucine da incubo ha consigliato ad un cuoco di usare il pennello per tirare fuori la sua vena artistica nel piatto. Ecco spiegata la diffusione a macchia di leopardo di grandi strisciate colorate che decorano il fondo dei nostri piatti.
6. Coperta per l’inverno.
Dall’estremo Nord la tendenza della copertina appoggiata alle sedie nei dehors è riuscita a conquistare anche noi. L’idea è apprezzabile, ma ci vorrebbe un’assicurazione per il locale: soprattutto quando si opta per coperte di pile altamente infiammabili e le si lascia alla mercè dei fumatori.
7. Lavagna ovunque.
Torna ancora una volta l’ardesia, ma sottoforma di classica lavagna. Ne abbiamo viste ormai di ogni tipo e forma. In rapida diffusione anche la vernice lavagna. Il fatto è che poi non ci sono in giro mai dei gessetti per correggere le castronerie da bar: mojito di scrive esattamente così, capito?
Altri oggetti alla rincorsa della moda da locale da segnalare?
[Fotocrediti: Grazia.it, kingarthurflour, 99pallets, nutritionfor.us, mauroolivieri, d.repubblica, blog.sveden, pinterest]