Nei giorni dei primissimi micro-birrifici italiani ho avuto la fortuna di frequentare il “Mastro Birraio”, in Friuli, forse il primo locale del genere in Italia. Tra incredulità per il sapore della “birra nuova”, vanagloria per la somiglianza con gli americani dei brew-pub, e –va detto– prezzi non ancora gonfiati dalla moda, ignoravamo che la birra artigianale italiana sarebbe diventata una storia di successo.
Quasi vent’anni dopo, mentre molti di quei pionieri imbottigliano e distribuiscono le loro birre, sì certo, Baladin compreso, il mercato italiano si è centuplicato e le aperture di nuovi micro-birrifici si susseguono a ritmi da primato, specie per l’Italia.
Per aiutarvi a interpretare questi anni gloriosi abbiamo compilato, con sprezzo del pericolo (il movimento della birra artigianale è molto sensibile), la nostra classifica delle dieci migliori birre artigianali italiane. Somiglia alla vostra?
10. Reale Extra (6,2%°) – Birra del Borgo, loc. Piana di Spedino, Borgorose (RI)
Reale, o per meglio dire Real Ale, così si capisce da dove viene l’ispirazione. Sapore intenso e amaro, potenziata con molto luppolo americano (tre volte di più rispetto alla Reale non extra) è un baluardo di Birra del Borgo, birrificio in crescita costante che tanti progetti ha realizzato, spesso insieme a Baladin, diventando uno dei marchi più popolari (e per questo spesso criticati) della scena artigianale italiana.
9. Spaceman (7%°)- Brewfist, via Molinari 5, Codogno (LO).
Birra chiara intensamente amara di tipo West Cost IPA, a cui ben tre luppoli diversi, citra, conlumbus e sicoe, consegnano una ricca gamma aromatica. Come i suoi giovani fondatori, Andrea Maiocchi e Pietro di Pilato (esperienza come tecnico di laboratorio in Inghilterra, alla Fuller’s), Brewfist è tra i più promettenti birrifici italiani, con un suo locale aperto da poco, il Terminal 1, sempre a Codogno in Lombardia
8. Blanche de Valerie (4,5%°) – Almond 22, via dietro le Mura 36, Spoltore (PS PE)
Solo birre ad alta fermentazione per l’abruzzese Almond 22, che prende il nome da un antico casolare dove si lavoravano le mandorle per i confetti, tipica specialità pescarese, oggi singolare laboratorio del birrificio. La Blanche de Valerie è una chiara dal sapore morbido e poco acido, fatta con antichi cereali bio del posto, tipo segale e saragolla.
7. Triple (8%°) – Maltus Faber, via Fegino 3, Genova
Birra bionda di scuola belga, dalle note dolci, con aroma intenso e speziato e una bella personalità al palato. Maltus faber è il microbirrificio di Genova, nato nel complesso che ospitava la fabbrica di birra Cervisia, acquisita in seguito dal gruppo Dreher e poi dismessa da Heineken, che si è intestato il compito di proseguire la gloriosa tradizione birrofila della città.
6. Viaemilia (5%°)- Birrificio del Ducato, strada Argini 43, Soragna (PR)
Pluripremiato birrificio che, a guisa degli stilisti, possiede anche una seconda linea firmata BIA (Birra Italiana Artigianale) per la grande distribuzione, e una terza, la Speciale, prodotta con maturazione in botti di rovere. ViaEmilia è la birra flagship, realizzata con calma in sei settimane, dal colore giallo dorato dovuto dall’uso di luppolo tedesco dai profumi erbacei e floreali.
5. Haraban (5%°) – Foglie d’Erba, via Nazionale 87, Forni di Sopra (UD).
Birra sincera e senza fronzoli come la Carnia, in Friuli, la terra dove nasce, Haraban è una chiara Golden Ale prodotta con malti inglesi e luppoli tedeschi. L’acqua di fonte, chiara e limpida, resta una delle prerogative principali dei prodotti di Foglie d’erba, birrificio che da 5 anni conduce un brew-pub di fama internazionale a Forni di Sopra, primo al mondo a usare per alcune produzioni stagionali, resine provenienti dai boschi delle Dolomiti.
4. Tipopils (5,2%°) – Nuovo Birrificio Italiano, Lido Cremasco (CO) Via Castello 51,Lurago Marinone (Como)
Piace a tutti, anche ai pochi che detestano le birre artigianali. E’ la birra archetipo, chiara sin dal colore e dall’uso di un lievito tedesco a bassa fermentazione, l’ispirazione teutonica. Piacevole, fresca, dal bouquet aromatico complesso, nasce da un’ idea di Agostino Arioli, tra le personalità più interessanti del movimento brassicolo nostrano, appassionato fattosi homebrewer quindi passato al professionismo, tra i fondatori nel 1997 di Unionbirrai.
3. Zona Cesarini (6,5%°) – Toccalmatto, via S. Michele Campagna 22, Fidenza (PR).
Fresca e beverina, descritta come Pacific India Pale Ale (qualunque cosa significhi), è prodotta con luppoli asiatici e neozelandesi. Un’idea coltivata da Bruno Carilli, studente d’agraria a Perugia poi dirigente Carlsberg, che prima di aprire il suo birrifico a Fidenza ha avuto una lunga esperienza nel mercato del luppolo. Per trovare un proprio stile e allontanarsi dall’imperante gusto americano, Toccalmatto ha rivolto lo sguardo a Inghilterra e Asia, con risultati eccellenti come nel caso della Zona Cesarini.
2. Quarta Runa (7%) – Birrificio Montegioco, frazione fabbrica 1, Montegioco (AL)
Le birre incartate provenienti da un paesino in provincia di Alessandria sono subito riuscite a farsi notare, specie per la materia prima di una terra fortunata, ingredienti unici tipo ciliegie di Garbagna, fragole di Tortona, uva Timorasso, le spezie coltivate nei dintorni oppure affinate in barrique di rovere come si fa con il vino. Oltre 20 etichette diverse con il primato della Quarta Runa, colore ambrato e sapore fruttato grazie alle Pesche di Volpedo (30 per cento), senza eccessi dolci, fresca, non troppo corposa.
1. Zest (5,3%°) – Extraomnes, via Guzzetti 135, Marnate (VA),
Ognuno che sia qualcuno nel mondo della birra artigianale italiana conosce Luigi ‘Schigi’ d’Amelio (come Lorenzo ‘Kuaska’ Dabove, docente e formatore di fama del settore) anche per le scorribande polemiche attraverso siti e blog gastronomici (questo compreso). Dopo anni di ricerca, test, studi e bevute ha realizzato il progetto Extraomnes, con la non celata intenzione di produrre “birre che mi piacciono”. Zest è dissetante dal colore dorato (blond ale), fatta con luppoli americani (Citra) e ispirata alla tradizione belga.
Fuoriclasse e fuoriclassifica: Xyauyu di Baladin
Non si parla di birra artigianale italiana senza citare Teo Musso, il Johnny Deep delle Langhe. Volto noto, testimonial dell’intero settore, e’ il fondatore di Baladin, non più microbirrificio in senso stretto, ma azienda con volumi produttivi di tutto rispetto, che spazia dalla birra alle bibite alla proprietà di 13 locali, tutti spin-off del leggendario Circus aperto a Piozzo (CN), ancora oggi sede del marchio. Xyauyu è una Barley Wine da meditazione (“da divano” nella definizione di Musso) con note di Sherry e Madera.
[Crediti | Immagini: Foodinitaly, In birrerya, Breadcakesandale, Varesenews Serious Eats, Untappd, lacucinaitalianamagazine.com]