Slow Food, che noia. Dispiace dirlo, ma lo diciamo lo stesso: le iniziative della società di Carlin Petrini acquistano senso più per antitesi che per coerenza. Prendiamo l’ultima: l’hanno chiamata l’offensiva dei 150 cuochi nella tana di McDonald’s, idea che ha visto una combriccola di 150 fra chef e cuochi, depositari del buon mangiare irrompere nel padiglione McDonald’s di Expo 2015 per offrire un assaggio gastronomico con la G maiuscola a tutti gli infedeli corrotti dal lato oscuro del fast food.
Tutto nasce al Italian Cuisine in the World Forum, evento ospitato dal padiglione Slow Food di Expo 2015 che ha raccolto le testimonianze di 150 diversi cuochi provenienti da 70 diversi Paesi, radunati in un sorta di Consiglio dei Jedi gastronomici votati alla difesa del Made In Italy e al mantenimento dell’equilibrio nel Gusto (maiuscolo perché inteso in questo caso come l’equivalente della Forza lucasiana).
L’ordine del giorno prevedeva appuntamenti divertentissimi ed imperdibili, come l’intervento del Ministro delle politiche agricole, ambientali e forestali, Maurizio Martina o la proiezione di un collage di immagini ispirato ad una vecchia burla della BBC (a base di spaghetti che crescevano sugli alberi). Mancava solo la proiezione della Corazzata Kotiomkin per chiudere la giornata facendo salti di noia.
La fortuna vuole che i 150 Slow Jedi abbiano notato la blasfema vicinanza del padiglione di McDonald’s. Sentendo un fremito nel Gusto, hanno deciso di lanciare la loro offensiva nei confronti del nemico: al grido di I’m lovin’italian food (!), i 150 prodi hanno invaso pacificamente lo spazio “fast” di zio Mac e offerto “un po’ di cose buone (slow) a chi stava mangiando delle cose che non sono tanto buone”.
Eccoli i cuochi ambulanti che si aggirano come nomadi senza meta fra i tavoli della clientela “fast”, adagiando cubetti di formaggio nello stesso spazio vitale dei dissacranti Big Mac o brandendo improbabile vassoi di verdure da consumare seduta stante, rigorosamente crude.
Repubblica definisce questo strampalato flash mob come “un fuoriprogramma a casa dello sponsor delle polemiche per sottolineare la loro presenza all’Esposizione e la missione del loro viaggio: il futuro della cucina italiana nel mondo”.
Appare contraddittorio che – per palesare la sua presenza – l’Italian Cuisine in the World Forum di Slow Food sia stato costretto a scegliere il principale palcoscenico antagonista, manifestando una sostanziale dipendenza nei confronti dell’avversario storico. Per usare un’analogia politica, McDonald’s sta a Silvio Berlusconi come Slow Food sta a Michele Santoro.
Siamo convinti che iniziative tipo queste non siano poi così utili per promuovere le buone cose italiane da mangiare; oltre ad essere inutili, sono pure dannose, perché mettono sotto i riflettori l’avversario Mcdonald’s, contribuendo ad alimentare un malcelato senso di frustrazione.
O che sia forse invidia? ai posteri, anzi, a voi, l’ardua sentenza.
[Crediti | Link: Repubblica, Slow Food | Immagini: Repubblica]