Siamo prossimi a Pasqua e l’ulivo calza a pennello, simbolo universale di pace e prosperità. Anche se presto potrebbe diventare simbolo della pace eterna, visto il destino beffardo che attende decine di migliaia di ulivi nel territorio del Salento, forse vittime di un batterio chiamato Xylella. Se ne parla da mesi, il caso è diventato internazionale, se n’è riparlato ieri sera in un servizio trasmesso da Le Iene: un Salento senza ulivi sarebbe come Romina senza Albano.
Iniziamo con la versione ufficiale.
A partire dallo scorso 2013 un nutrito numero di piante di ulivo nel Gallipolino ha iniziato a soffrire di CoDiRO, ovvero “complesso di disseccamento rapido degli ulivi”, causato, secondo la Regione Puglia e la Commissione Europea, principalmente dal batterio “Xylella Fastidiosa”, un agente patogeno proveniente in questo caso dalla Costa Rica che provoca malattie capaci di sterminare agrumi, viti e a quanto pare anche ulivi. [related_posts]
Scatta l’allarme: per evitare un’epidemia paneuropea, la soluzione richiesta dall’Europa e approvata dalla Regione Puglia è quella di eradicare buona parte delle piante di ulivo nel Salento, azione che causerebbe a danni irreparabili dal punto di vista produttivo, culturale e ambientale, ma un male necessario per evitare la diffusione della Xylella, decisamente fastidiosa, oltre i confini del Salento.
Qui termina la versione ufficiale.
AGGIORNAMENTO delle 13:38: La Francia è il primo paese europeo che vieta l’importazione dalla Puglia di vegetali a rischio Xylella
Versione che non sembra convincere tutti e alcune vicende di contorno emerse negli ultimi mesi hanno gettato lunghe ombre non solo sulle causa del disseccamento delle piante secolari salentine, ma anche sulla gestione di quest’emergenza.
In particolare i dubbi nascono dal primo capitolo del 3° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, presentato il 15 gennaio 2015 da Eurispes e Coldiretti, e coordinato da Gian Carlo Caselli.
Nel rapporto si dipanano trame e dubbi degni della sceneggiatura di un film di Terry Gilliam, che non fanno altro che ingarbugliare una matassa che appare sempre più densa e lorda.
Innanzitutto sembra che il disseccamento sia dovuto non solo alla Xylella, ma ad una serie di concause, fra cui l’uso di pesticidi, un fungo, un lepidottero e la precedente debilitazione delle piante.
Stranamente, però, nel corso delle indagini sul disseccamento, le concause spariscono e sul banco degli imputati resta solo la Xylella, senza che nemmeno venga provata in maniera decisiva la patogenicità del batterio, e senza che nemmeno sia stato individuato con certezza il ceppo.
Alcuni agricoltori avrebbero inoltre avuto successo nel curare gli ulivi con i metodi “della nonna”, quelli tradizionali usati per anni dai nostri avi, giudicando perciò eccessivo il provvedimento sull’eradicazione, ingiustificato anche dalla mancanza di un qualunque investimento economico – regionale o europeo – per promuovere la cura della piante, anziché la loro eliminazione.
Si scopre poi che nel 2010, tre anni prima dell’allarme Xylella ufficiale, l’Istituto agronomico mediterraneo (Iam) di Bari – che per conto della Regione sta coordinando la vicenda dal punto di vista scientifico – aveva ospitato un workshop proprio sulla Xylella, confermando la presenza di alcuni campioni di questo agente patogeno importati per l’occasione e annunciando anche un imminente “pericolo per l’Europa legato alla Xylella”.
Ulivo avvisato… mezzo sradicato.
Infine, secondo la procura di Lecce che ora sta indagando sul caso, il ceppo di Xylella isolato a Gallipoli non sarebbe con certezza di origine costaricana, ma potrebbe essere un differente ceppo di origine brasiliana, che non dovrebbe colpire gli ulivi ma gli agrumi.
Il fatto che invece in Salento colpisca gli ulivi fa pensare ad un ceppo geneticamente modificato, forse proprio in occasione del workshop presso lo Iam nel 2010.
Una bella indagine presso lo Iam? Non si può: l’Istituto agronomico mediterraneo, “gode per legge di immunità assoluta e l’autorità giudiziaria italiana non può violare il domicilio dell’istituto, non può effettuare sequestri, perquisizioni o confische”.
Giusto in Brasile la Monsanto, azienda che ormai fa rima con OGM, sta conducendo alcune sperimentazioni su piante resistenti alla Xylella, attraverso la sua controllata Alellyx (anagramma di Xylella).
Dopo la versione ufficiale, proviamo quindi a ipotizzare la versione “gombloddo” (complotto).
Il batterio Xylella sarebbe stato importato dal Brasile, geneticamente modificato da qualche sgherro di Monsanto, introdotto in Puglia con la scusa del workshop di Bari, trasportato per 200km verso il Salento ed usato per infettare gli ulivi già debilitati.
La Regione Puglia può dare la colpa alla Xylella, dichiarare lo stato di emergenza, chiedere l’intervento dell’Europa per ottenere qualche milione di euro per potersi finanziare un piano di eradicamento che metterà a 90 gradi gli agricoltori.
Arriverà poi Monsanto (o chi per esso) che approfitterà presto degli agricoltori chinati a 90 gradi.
Sì, lo ammetto ho una fervente fantasia. L’unica speranza è che, come spesso accade, la realtà non superi la fantasia.
Aggiornamento: segnaliamo per completezza quanto riportato dal sito Bufale un tanto al chilo sulla vicenda, secondo cui la tesi del “gombloddo” non avrebbe ragion d’essere.
[Crediti | Link: Teatro Naturale, Le Iene, CsvSalento, Il Fatto Quotidiano, Bufale un tanto al chilo. Immagini: Le Iene, Impronta Unika]