Seychelles: spiagge, mare e natura. Difficile che il nome dell’arcipelago di 115 isole nell’oceano Indiano richiami associazioni mentali diverse, men che meno la parola “cibo”. Non che alle Seychelles sia vietato mangiare, ma il principale richiamo non è certo il blasone gastronomico.
Eppure. Eppure ci sono io, sin dalla prenotazione del viaggio alle Seychelles più interessato a piatti tipici e ristoranti di di Mahè, Praslin e La Digue, le tre principali isole turistiche dell’arcipelago, che alle spiagge da sogno.
Se siete disponibili al contagio eccovi 7 buone ragioni gastronomiche, al netto di sole, mare e scenari irripetibili, per viaggiare alle Seychelles.
1. Risparmiare con il Take Away
Sia chiaro: per quanto vi sforziate di essere turisti_fai_da_te_no_alpitour, le Seychelles sono a elevato rischio salasso. La maggior parte delle materie prime vengono importate ed il loro viaggio da oltreoceano è sufficiente a farne impennare i prezzi. Aggiungete il fatto di essere capitati in una meta ancora relativamente esclusiva e vedrete lievitare i prezzi sui menù in presa diretta, senza alcun pulsante “stop” da premere.
Niente panico: allontatevi da quel menù succhia-sangue e dirigetevi verso il take away più vicino, vera àncora di salvezza per chi vorrebbe ingrassare sottoporre ad una cura dimagrante il suo portafoglio. Si tratta di strutture semplici, piccoli locali o chioschi con formula prendi e vai, o ristorantini a metà strada fra il fast food e il self service, con tavolini cui accomodarsi per consumare nell’immediato.
I take away sono davvero l’unica soluzione seychellese per evitare emorragie economiche a tavola. Con cifre equivalenti a circa 3 euro è possibile prendere e portare via “piatti unici” della cucina creola seychellese, assemblati all’interno di una pratica vaschetta in polistirolo: riso bianco, pietanza principale (per lo più curry di carne, pesce o vegetale) ed una verdura d’accompagnamento (per esempio insalata di papaya), da gustare con le apposite posate in plastica.
Ok, non potete pretendere la qualità di uno stellato Michelin, ma considerato il prezzo e la possibilità di gustare piatti tradizionali, l’offerta è più che buona e l’indice felicità/prezzo ottimale.
2. Frutta in abbondanza
Non è necessario essere fruttariani per apprezzare l’abbondanza frutticola presente alle Seychelles. A scanso di equivoci, la maggior parte della frutta che potrete ammirare sui banconi dei mercati o nei chioschi sulla spiaggia è importata, sono poche e limitate le varietà che non sono costrette ad attraversare l’oceano.
Fra queste la mia personale menzione d’onore è la Carambola, conosciuta anche come Frutto Stella (Star Fruit) per la caratteristica sezione trasversale dalla forma di stella a cinque punte. Le piante di Carambola sono molto diffuse ed è possibile trovare il frutto ovunque e in qualunque forma e consistenza: succhi, marmellate o semplicemente intere, pronte da azzannare. Il suo gusto acidulo e succoso vi regalerà attimi di estasi stellare (appunto).
Non mancano poi i grandi classici tropicali, come mango, papaya, noci di cocco, beefheart (un particolare frutto che ricorda la forma del cuore di un manzo) banane e una particolare varietà di mela nana tipica dell’arcipelago, il cui gusto può ricordare a volte quello del polistirolo.
3. Il pesce
Andare alle Seychelles e non mangiare pesce sarebbe come tentare di togliersi le mutande senza prima levarsi i calzoni. Qualche contorsionista potrebbe anche farcela, ma l’impresa è ardua. Il pesce è l’alimento principale dell’isola, vista soprattutto l’abbondanza di materia prima e un’economia che oltre al turismo conta non poco sulla pesca.
Fra un red snapper ed un cernia, un tono e un jobfish, l’offerta ittica destinata a finire in padella è molto nutrita, e gode di prezzi invitanti e non eccessivamente elevati, considerando che in questo caso di tratta di pescato territoriale e non certo di materia prima importata.
L’abilità gastronomica della popolazione nei confronti del pesce è abbastanza elevata e molte delle ricette più tradizionali – come il curry di pesce o un tradizionali barbecue serale realizzato con il pesce pescato la mattina precedente – saranno in grado di mandare in vacanza le vostre papille gustative.
Per chi non può invece fare a meno della carne, l’onnipresente pollo è un discreta alternativa: buona parte del pollame è allevato sull’isola; per lo più di importazione invece il manzo, carne con cui i seyschellesi non hanno ancora trovato una buona intesa.
4. Viva l’Octpus
Dai pesci ai cefalopodi. Il polpo è una delle specialità della cucina seychellese: gli isolani sanno come maneggiare quei tentacoli, con risultati eccellenti. Da segnalare un classico internazionale, l’insalata di polpo; più interessanti sicuramente il curry di polpo, dal sapore deciso ma raffinato.
Spettacolare invece l’octopus burger, che si candida a diventare il prossimo potenziale tormentone gastrofighetto d’esportazione, non appena qualche burgster italiano non importerà l’idea direttamente da Praslin per realizzare una “polpo-burgeria” qui in Italia, spolpando naturalmente l’ingenua clientela.
5. Le Cafè des Arts
Quale sarà il miglior ristorante delle Seychelles? è un domanda che ha tormentato anche me e che mi ha fatto sudare sette mouse prima di non trovare un risposta. Già, perché non esiste una Guida Rossa Michelin dedicata all’arcipelago, e la bramosia di carpire un giudizio il più obbiettivo e generico possibile su quale sia la mangiatoia più gettonata seychellese si scontrerà inevitabilmente con la selva di pareri individuali cui vi imbatterete in rete.
Così, dopo aver viaggiato in veste di internauta su ogni possibile sito conosciuto e comprensibile, mi sono auto-convinto che il Café des Arts possa rientrare fra i potenziali aspiranti ad una simbolica stella Michelin.
Il ristorante si trova a Praslin ed accoglie i clienti in un ambiente elegante ma informale, con tanto di galleria d’arte moderna integrata. I tavoli si distribuiscono equamente sulla spiaggia e un plateatico coperto.
Curiosa – ma comprensibile – la scelta del locale di impedire l’accesso a bambini di età inferiore a 5 anni, decisione che online ha scatenato le ire di non pochi avventori, pronti a scagliarsi contro questa forma di discriminazione infantile. Io me la sono goduta ed ho apprezzato l’assenza di marmocchi molesti.
Questo il menù da me affrontato:
- Entrée: Fish Tataki (tonno)
- Insalata di Polpo
- Jobfish alla creola
- Sorbetto all’anguria
- Citrus Delight
Cui si aggiungono i piatti gustati dalla mia consorte.
Molto delicata l’insalata di polpo, con un cottura perfetta del cefalopode; eccezionale il jobfish alla creola, dal gusto intenso ma non troppo aggressivo, servito con riso bianco e fagiolini al forno. Certo, la patatina alla Cracco se la potevano risparmiare…
Effimero ma esaltante il sorbetto all’anguria, mentre il dolce, con un tocco di scenografia, si lasciava gustare esaltando le proprietà del limone, giusto per inasprire quanto basta la triade zuccherina.
Ricapitolando: due antipasti, due piatti principali, due dolci e una bottiglia d’acqua naturale fanno 125 euro circa. Non so se il Cafè des Arts sia il miglior ristorante delle Seychelles, ma di sicuro è il migliore (ed anche il più costoso) fra quelli che ho potuto vistare io.
6. Toddy: alla salute
Il toddy è stata la mia seconda (in ordine di importanza) ossessione gastronomica seychellese. Il toddy (detto anche comunemente vino di palma) è una bevanda alcolica che si ricava attraverso la lavorazione di diverse tipologie di liquidi.
Nel caso specifico del toddy seychellese, l’ingrediente fondamentale è l’acqua contenuta all’interno delle noci di cocco, che viene fatta fermentare in maniera artigianale (non chiedetemi come) per acquisire una leggera gradazione alcolica ed essere poi consumata nel giro di poche ore.
Il suo consumo è ormai in disuso alle Seychelles: trangugiato un tempo come bevanda tradizionale, oggi è stato soppiantato dalla birra: è più comodo stapparsi una bottiglia di birra in un secondo che menarsela ore per far fermentare l’acqua del cocco. Trovarlo non è stato facile e per assaggiarlo ho dovuto infastidire moltissime persone, ma alla fine sono riuscito a farmene procurare una bottiglia.
Dal colore bianco torbido, il gusto del toddy mi ha ricordato una sorta di Bacardi Breezer da battaglia, senza bollicine e con un retrogusto “selvaggio”; di bassa gradazione alcolica (paragonabile ad un birra standard), concede maggiori soddisfazioni se bevuto fresco, anche se non mi strapperei i capelli per recuperarne un’altra sorsata.
7. Pipistrello nel menù
Il pipistrello è stata la mia prima ossessione gastronomica seychellese. Ebbene sì, alle Seychelles uno dei piatti tipici è il pipistrello; non i piccoli pipistrellini insettivori che vivono da noi, ma una specie tropicale di pipistrelli frugiviori che abitano in prevalenza alcune isole come Praslin e La Digue.
Anche in questo caso ho dovuto sudare sette t-shirt per trovare un ristorante che servisse il pipistrello come pietanza: trattandosi di selvaggina la disponibilità dell’animale nelle cucine seychellesi è limitata alle occasioni e alle stagioni. Inoltre si tratta di un piatto controverso: sono pochi i turisti interessanti a ingollare un pipistrello e di conseguenza pochi i ristoranti interessati a mantenerlo nel menù.
Alcuni locali lo elencano fra le scelte nei menù esposti, salvo scoprire solo una volta seduti al tavolo che il piatto non è disponibile. Dopo aver girato in lungo e in largo senza successo Praslin e La Digue, quando avevamo perso ormai la speranza, siamo riusciti a prenotare il pipistrello al curry in un ristorante a La Digue.
Servito stufato con abbondanza di spezie, la carne di pipistrello ricordava il gusto della tipica carne da selvaggina, in particolare aa me ha ricordato il sapore della lepre. Molte le ossa da spolpare e poca la sostanza, anche in questo caso si è trattato di un piatto più curioso che gustoso.