Bene. Anzi…male. Iniziamo col dire che la sagra del pistacchio di Bronte quest’anno è stata una delusione.
Anzitutto il nome. Dopo 24 anni di “Sagra del pistacchio”, l’evento diventa improvvisamente, in omaggio all’Expo di Milano, “Expo del pistacchio”. Un nome di una banalità assoluta, che disorienta e depista i visitatori. Un inseguimento forzato degli eventi annuali per cui ci si aspetta l’anno prossimo di leggere sui cartelloni pubblicitari ‘Le olimpiadi del pistacchio’ o tra qualche anno ‘mondiali del pistacchio’.
Un ‘vizio di forma’, una modifica estorta alla sagra così, per sport, che fa presagire la qualità dell’organizzazione 2015, ma che comunque non ci dissuade dall’andarla a visitare.
PERCORSO DESOLATO
Iniziamo la nostra passeggiata lungo il corso Umberto, pronti a divertirci, degustare, ammirare acquistare.
Ma dove sono gli stand? Dov’è ‘exposto’ il pistacchio?
Avevamo visto in passato una città in fermento, viuzze addobbate e ricche di barattoli e barattolini, scatole e scatolicchi dal coreografico colore verde. Niente. La sagra inizierà forse dopo la prima curva del corso principale? Camminiamo accompagnati da una musica a tratti assordante, esagerata, poco consona all’atmosfera della serata, ma ancora nulla. La gente si aggira assetata di voglia di padiglioni che tardano ad arrivare.
Il motivo? E’ stato impedito ai produttori e ai commercianti di sostare lungo il corso, sia con gli stand che nelle botteghe adibite per l’occasione, obbligandoli a rispettare una disposizione militare e schematica, che li ha destinati e confinati in poche piazze e in squallidi posteggi. Tutti gli stand sono stati divisi per categoria, tutti sull’attenti.
Emblematico il caso del pastificio ‘Il Mattarello’, una delle eccellenze di Bronte: da anni presente all’inizio del Corso, quest’anno ha dovuto rinunciare al consueto posto, obbligato dagli organizzatori a prendere uno stand in Piazza Spedalieri. Gli stessi organizzatori, che dopo qualche ora si sono accorti dell’errore, hanno richiamato i titolari pregandoli di riprendere le vecchie postazioni.
Al centro del corso principale qualche stand s’inizia a intravedere, la folla si fa più numerosa e ne approfittiamo per una sosta al bar Conti, dove consumiamo un arancino al pistacchio, il migliore tra quelli assaggiati.
Arrivati in piazza Spedalieri, epicentro della manifestazione, il numero e la qualità degli stand si fa più interessante e finalmente si possono degustare dolci, creme di pistacchio e ottimi gelati artigianali. Ma si continua a leggere malcontento nei volti degli espositori, accompagnati da un sorriso amaro per la conferma di un fallimento preannunciato.
E non è un caso che uno dei main sponsor della manifestazione, Bacco, il cui titolare Claudio Luca sta contribuendo alla crescita dell’oro verde in Italia, abbia preferito una maggiore presenza espositiva al Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo, riservando all’Expo Pistacchio una presenza assolutamente minimal.
Il coronamento finale del flop è nella scelta dell’area food. Posizionata lì dove se non fossimo stati proprio testardi non saremmo mai arrivati: un parcheggio desolato di una scuola pubblica raggiungibile attraverso una strada scoscesa, degradata e rintanata in un buio pesto colma di persone vaganti come in un girone dantesco. Va da sé che nessuno degli organizzatori si sia posto il problema dei disabili.
A fine serata goliardia e curiosità, sensazioni tipiche di una sagra festosa, cedono il posto a noia e stanchezza di un’expo del nulla.
PISTACCHIO DI BRONTE: MERAVIGLIA A DISPETTO DELL’ORGANIZZAZIONE
Ostinati e golosi come siamo, non possiamo esimerci dal ricordare che il pistacchio è pistacchio e oro verde rimane. Un prodotto d’eccellenza, donato dal vulcano, che queste scelte del 2015 , annata di produzione, hanno ingiustamente mortificato.
Al di là degli innegabili difetti organizzativi, resta sempre il fatto che alla sagra del pistacchio sono presenti tutti gli storici artefici della sua lavorazione, i garanti della sua qualità e della sua tipicità. Da provare i dolci della caffetteria Luca, il gelato di Marullo, un po’ meno quello del Bar Conti, leader incontrastato appena qualche anno fa. Del Bar Conti da provare l’arancino al pistacchio, fra i più gustosi anche se troppo sapido per l’eccessiva quantità di prosciutto.
Obbligatorio mettere nella lista degli acquisti la pasta fresca al pistacchio del “Pastificio il Mattarello”: è possibile sceglierla nei formati dei ravioli, strozzapreti e tagliatelle.
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Da evitare le crispelle e i cannoli dalla scorza verde fluorescente che si incontrano qui e là lungo il percorso. Se già alla vista appaiono terribili è naturale rifiutarsi di assaggiarli.
In definita la città del pistacchio ha bisogno sin da subito di dimenticare questo weekend e tornare a quel che è stato, per divertirsi e nuotare fra i diamanti verdi.
Il troppo successo degli ultimi anni ha offuscato la vista degli organizzatori che con arroganza ed esibizionismo hanno voluto stravolgere una tradizione vincente, ma una grossa caduta può essere salutare per rialzarsi e tornare più forti di prima. Per questo ci auguriamo che già dalla prossima settimana qualcosa possa cambiare in meglio.
“Qui, ormai, comincia una nuova storia. Potrebbe essere l’argomento di un nuovo racconto; ma il nostro, intanto, è finito.”
[Crediti | Link: Dissapore]