“Questa recensione non s’ha da pubblicare”. Così ha stabilito la terza sezione civile del tribunale di Venezia, che ha fatto rimuovere in tempo zero una recensione sul ristorante veneziano pubblicata da lui, il sempre più flagellato TripAdvisor.
Il ristorante ha prevalso sul colosso web, obbligandolo a cancellare l’intervento di tale utente “mangiafuoco59” la cui recensione ha costretto a sua volta TripAdvisor a mangiare la polvere.
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Questa la fredda cronaca: l’utente ha pubblicato una recensione particolarmente negativa sul locale; la recensione ora è stata rimossa ma vale la pena rievocare alcune delle dolci parole con cui è stata descritta l’esperienza culinaria del buon mangiafuoco59:
“Sporchi, cari e maleducati […] solo se i camerieri vi conoscono e sanno che riceveranno una buona mancia allora eviteranno di lasciare i vostri piatti a freddarsi sulla mensola della cucina […] Ho trovato persino uno scarafaggio nella pasta […] è la faccia più brutta che Venezia possa offrire […]”
I titolari del Do Forni hanno giudicato questa recensione fasulla, redatta forse da un cliente abituale insoddisfatto che ha agito per screditare il locale, oppure da un simpatico concorrente spinto dal medesimo scopo, e si sono immediatamente rivolti al tribunale, che alla fine ha dato loro ragione ordinando la rimozione immediata ex art. 700 del codice di procedura civile, procedura che consente di intervenire rapidamente.
A mangiafuoco59 rimasto anonimo, alla fine è andata bene; meno bene è andata invece a una utente di Milano che dopo essere stata identificata, è stata denunciata da un’albergatrice per diffamazione, a seguito di un’altra recensione fasulla proposito di un soggiorno in hotel a Rimini, mai consumato.
Tornando al Do Forni, che su TripAdvisor ha comunque diverse recensioni negative, resta interessante capire come il tribunale abbia fatto a decretare la falsità di una recensione che, apparentemente, non sembra presentare prove così schiaccianti della sua falsità. Da una prima lettura, sì potrebbe esserlo; ma anche no.
La vicenda è interessante soprattutto per le motivazioni: la richiesta è stata infatti accolta perché “il sito internet su cui appare la stroncatura si propone ai viaggiatori come un attendibile servizio a disposizione di chi vuole bere e mangiare bene in città che non conosce. E’ dunque escluso che nella specie si possa applicare l’articolo 17 del decreto legislativo 70/2003, che di fatto esonera il provider da responsabilità per il mancato controllo delle informazioni smistate”.
In soldoni, se TripAdvisor si spaccia come attendibile bibbia del mangiatore casuale compulsivo, deve vigilare sui contenuti e prevenire episodi di diffamazione gratuita, peggio ancora se attraverso recensioni false. Di conseguenza non può essere considerato un mero “contenitore” di contenuti generati dagli utenti e affrancarsi dalle necessarie responsabilità di controllo.
Il tribunale non ha fatto altro che reiterare il giudizio dell’Antitrust che a fine 2014 aveva affibbiato una bella multa da 500 mila euro a TripAdvisor proprio in virtù della mancata corrispondenza fra aspettative (tutte recensioni e giudizi autentici) e realtà (alcune recensioni e giudizi fasulli).
Delle due l’una: o TripAdvisor la smette di auto-incensarsi come “attendibile” (difficile) o inizia a fare controlli degni di tale nome (ancora più difficile).
Ora il risotrante Do Forni probabilmente avanzerà una richiesta di risarcimento contro TripAdvisor per il periodo in cui la recensione è rimasta online; il sito potrà comunque fare ricorso per provare a ribaltare il giudizio.
A oggi si tratta di un precedente giuridico non da poco e non è difficile immaginare che il caso possa fare da apripista ad una serie di richieste simili avanzate da parte di migliaia di ristoratori pronti a fare la fila davanti tribunali per ottenere soddisfazione.
Quindi, ristoratori di tutto il mondo unitevi! contro il nemico comune, è il momento di battere il ferrò finché è caldo.
[Crediti | Link: Il Gazzettino, Venezia Today, Dissapore]