Masticata e digerita la notizia del giorno, ovvero i ristoranti italiani migliori dell’anno secondo la Top Ten di TripAdvisor, possiamo passare oltre. Anzi no, perché dal suo cilindro, il trionfo della democrazia partecipativa, il tripudio di voti di fragolina87 e sconosciuto75 che si staglia con vigore rivoluzionario contro la casta dei critici e delle guide, ha estratto una sorpresa.
Il Quintessenza di Trani, miglior ristorante d’Italia secondo i Traveller’s Choice di Tripadvisor, è lì perché segnalato da texani sotto metadone in visita nella ridente cittadina in provincia di Barletta o invece ha le carte in regola per entrare nei circuiti gastrofighetti, ma nessuno finora se n’era accorto? [related_posts]
In realtà, aperto l’8 agosto del 2011, Quintessenza su TripAdvisor è una vera celebrità visto che può contare su 639 recensioni. Ci siamo cosparsi il capo di cenere e siamo andati a vedere.
L’idea di aprire il Quintessenza è venuta a Stefano Di Gennaro, che è sia lo chef che il titolare. Si definisce “autodidatta” ma non lo è poi tanto vista la scuola alberghiera e gli anni di perfezionamento nelle cucine di diversi ristoranti, eppure, sottolinea, “non sono mai entrato nella cucina di un ristorante stellato”, il che la dice lunga su come si senta e su dove voglia arrivare.
A dargli man forte ci sono i due fratelli: Domenico, anche lui diplomato alla scuola alberghiera di Molfetta, che segue la sala e Saverio, “aspirante sommelier”, con una laurea in marketing, che segue la cantina.
A un primo sguardo Quintessenza sembra appartenere alla sterminata serie di ristoranti situati nel ruolo magmatico di “aspiranti Michelin”, in pratica però ha qualcosa di più concreto, una messa a terra fatta di zolle e di storia.
Infatti c’è un quarto Di Gennaro nella storia del ristorante, il padre, agricoltore, che da 19 anni possiede un uliveto che riserva al locale tutto l’olio prodotto, servito imbottigliato a tavola e in cucina.
Quando chiedo a Stefano notizie sulla sua cucina risponde che di voler valorizzare la “territorialità dei prodotti”, ma fornendo “una versione più moderna”. Sussulto, temo che aggiunga con “una cucina tradizionale e creativa”.
Non va così, e anzi, “territorio” sarà anche un’espressione abusata ma almeno in questo caso non è campata per aria. A parte l’olio del papà, il pane viene dai forni artigianali di Trani e il pesce da una famiglia che da generazioni si rifornisce al mercato di Molfetta e poi vende al dettaglio (mi vengono in mente i Malavoglia e comincio a inoltrarmi in un mio delirio bucolico portato alla luce da questo popolo di mangioni 2,0).
Chiedo a Stefano se si approvvigiona in un orto di proprietà mentre me lo figuro come un novello Crippa (Enrico, Piazza Duomo di Alba) o un Redzepi (Rene, Noma di Copenhagen) trapiantato del Sud Italia. Risponde che è in progetto una serra nel giardino di papà per le necessità del ristorante, mentre ora si va dai contadini della zona, e per la carne dagli allevatori.
Il menu, con precisione svizzera, cambia ogni tre mesi e mezzo per adattarsi alle stagioni, e quello pubblicato ora sul sito è valido sino alla metà di aprile.
Alcuni piatti sono davvero interessanti come il “Polpo nell’orto”, cotto al vapore e poi scottato in padella con verdure di stagione in varie consistenze (mousse, spume, puree).
Nel menu ideale dello chef ci sono le orecchiette di grano arso con frutti di mare e pesto di mandorle di Toritto e lo sgombro con gazpacho di pomodoro e stracciatella di Andria, dove lo sgombro viene marinato con zucchero, sale e erbe spontanee, quindi appena scottato in padella.
Se a comporre un piatto civettuolo con caviale e champagne siam bravi tutti, questi piatti di cucina povera sembrano molto solidi.
Al dolce torna fuori la famiglia: si chiama “L’olio di papà” con biscotto steusel sbriciolato al limone, crema al limone, pan di spagna all’olio di papà, meringa ghiacciata alla mandorla e latte di mandorla fatto in casa.
A completare questa percezione di avvincente concretezza si aggiungono anche i prezzi, che sono abbordabili (degustazioni a 30, 38 e 55euro).
Deduco che è meglio muoversi, perché tra poco arriveranno il bel mondo, le citazioni, i giornalisti scrocconi e un po’ di quell’aria sanguigna rafforzata dalle foto con i vip di turno, endorsement di TripAdvisor compreso, andrà inesorabilmente a farsi benedire.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Michele Illuzzi]