Intervistato da “Sette”, il più giovane chef stellato d’Italia, Matteo Metullio, enfant prodige dell’Alta Badia, critica la moda del chilometro zero, ritenendola solo un espediente per aumentare i prezzi dei piatti. E sostiene anzi che le eccellenze bisogna andare a prendersele, anche se costa qualche chilometro.
Friulano, faccia da bravo ragazzo, appena 26 anni lo chef del ristorante “La Siriola” di San Cassiano, in provincia di Bolzano, è un tipo diretto.
Metullio spiega come molti ristoratori speculino sull’irrefrenabile dilagare della dicitura “Chilometro zero” nei menu dei ristoranti. I prodotti “a chilometro zero” sono quelli che i locali pagano meno, ma paradossalmente finiscono con il costare di più.
«Con questa storia del chilometro zero i ristoratori hanno abbattuto i costi di acquisto delle materie prime e hanno alzato i prezzi dei menu. Riescono a farti pagare più di 40 euro un’insalata solo perché è stata raccolta nell’orto del ristorante. Cose da pazzi. I prodotti a chilometro zero dovrebbero costare meno, non di più. Ma ormai molti chef vendono loro stessi, la griffe. Non quello che ti fanno mangiare. È assurdo»
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Tra l’altro, continua Metullio, risulta difficile garantire la qualità puntando soltanto sul “chilometro zero”: si sa che ogni regione ha le sue specialità, e se si vuole offrire il massimo al cliente bisogna saper attingere l’ingrediente giusto dal posto giusto.
«Se io faccio arrivare qui in Alto Adige i gamberi da Sanremo, la mozzarella da Battipaglia o i pomodori da Pachino, non garantisco qualità? Con i trasporti veloci che ci sono oggi sarebbe un peccato privarsi di questi prodotti in nome del fantomatico “chilometro zero”. La cucina non ha bisogno di limitarsi».
Inoltre secondo lo chef, che non si fa pregare quanto si tratta di azzardare teorie spericolate, molti dei ristoranti che fanno del “chilometro zero” la loro bandiera, in cucina hanno personale che viene dall’estero, facendo crollare il castello di tutti i buoni propositi come la valorizzazione del territorio, il rispetto delle tradizioni, la storia di un piatto.
«Molti super ristoranti che propongono prodotti a chilometro zero vivono una contraddizione: hanno in cucina truppe di cuochi giapponesi o coreani. Mi spiega che cosa ne sanno loro della cucina del territorio? Come possono capire se il canederlo o il pesto sono fatti in modo giusto o sbagliato?»
Metullio ribadisce ancora una volta la sua posizione annunciando la presentazione di un piatto che probabilmente farà impallidire ecologisti e fan sfegatati del chilometro zero:
«Tra pochi giorni presenterò un piatto che forse chiamerò “Spaghetti 4.925 km” perché la pasta è di Gragnano, gli scampi pugliesi, il basilico calabrese, l’olio ligure, l’affumicatura di brace e uova altoatesine, la colatura di alici e l’acqua di pomodoro campane… Non saranno a chilometro zero ma state certi che sono buonissimi…»
[Crediti | Sette, link: Dissapore. Immagini: highendFOOD, Vanity Fair]