Si fa presto a dire “chef stellato”, soprattutto in un continente come il nostro dove le stelle Michelin non si contano più. Da oggi anche il Brasile ha le sue star della cucina, grazie alla pubblicazione della versione nazionale della guida con la “r” moscia più blasonata al mondo.
Nessun tre stelle tra i ristoranti brasiliani, però, sottolineando la linea dura degli ispettori, che forse stanno ancora “prendendo le misure” con un territorio e dei prodotti che non sono molto conosciuti.
Dopo che la rivista americana Time lo ha incluso nella lista dei 100 uomini più influenti al mondo, cosa che non capita tutti i giorni, e dopo che René Redzepi, il numero uno al mondo secondo la classifica dei World’s 50 best, lo ha definito uomo devoto alla sua missione e il più impegnato chef nel suo campo, Alex Atala (cuoco e proprietario del Ristorante D.O.M. di San Paolo) svetta anche in patria per la Guida Michelin Brasile che lo incorona con due stelle.
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Alex Atala, ben prima dell’arrivo della Guida Rossa, si era tolto diverse soddisfazioni, tra cui essere al settimo posto della (pur controversa) classifica dei World’s 50 best.
Conosciuto soprattutto per la salvaguardia dei prodotti gastronomici dell’Amazzonia, è uno di quei personaggi che collocherei a metà strada tra grande cucina e filosofia globale.
Oggi tutti i grandi chef esprimono in qualche modo una filosofia personale e unica rispetto ai propri piatti e alle storie che vengono raccontate dalla loro cucina, ma Atala, insieme ad esempio a Eneko Atxa (ristorante Azurmendi) e Diego Muñoz (ristorante Astrid Y Gastòn) da tempo ha fatto un passo oltre la cucina.
Partendo da basi classiche (Atala ha studiato cucina in Europa), il suo tentativo è quello di far conoscere e valorizzare al meglio alcuni ingredienti del territorio brasiliano che sono sconosciuti al mondo.
Per questo motivo Atala non indossa solo il grembiule immacolato da cucina, ma anche gli scarponi da trekking per accompagnare antropologi e ricercatori alla scoperta dell’Amazzonia, dei suoi gioielli botanici (e non solo) da inserire nel suo menu.
Moltissimi ingredienti usati nella cucina di Alex Atala sono, per noi, quasi impronunciabili.
Arrivano da lontano, da un mondo non tanto abbandonato, ma mai davvero esplorato così a fondo. Tutto questo, unito all’abilità tecnica e avanguardistica di Atala, rendono l’esperienza gastronomica al suo D.O.M. un momento unico.
La terra, i suoi frutti, i suoi elementi. Il D.O.M., acronimo di Deus Optimus Maximus, è un tempio mistico della cucina, ma è anche un ristorante puro e semplice.
Con il suo ceviche di fiori e la sua formica amazzonica ci chiama alla terra, con il suo chef brizzolato, tatuato ed ex dj ci ricorda che non stiamo parlando di un guru metafisico, ma di un uomo.
Uno di quelli che prendono come cosa seria le proprie origini.
Se l’Amazzonia occupa il 47% del Brasile, anche per lo chef il 47% della propria cucina deve rispondere alle logiche della foresta.
A differenza di Redzepi, non certo assistitito dalla fortuna geografica, anzi piuttosto osteggiato da una Natura leopardiana (islandesi o danesi, poco importa) e non certo generosa, Atala invece ha a disposizione una sorta di gigantesco Luna Park naturale che si presta all’uso culinario.
I ristoranti stellati, in tutto il Brasile, sono 17. Considerato che il territorio del Brasile è assai più vasto dell’Italia, per fare solo un esempio, verrebbe da pensare che questa nazione abbia poco da dire a livello gastronomico.
Ma non possiamo usare una guida, seppur resti un punto di riferimento per “sincronizzare i palati”, come risposta esaustiva.
Due Stelle:
D.O.M., San Paolo
Una Stella:
Huto, San Paolo
Dalva e Dito, San Paolo
Oro, Rio de Janeiro
Roberta Sudbrack, Rio de Janeiro
Kinoshita, San Paolo
Epice, San Paolo
Kosushi, San Paolo
Tuju, San Paolo
Le Pré Catelan, Rio de Janeiro
Olympe, Rio de Janeiro
Attimo, San Paolo
Maní, San Paolo
Jun Sakamoto, San Paolo
Mee, Rio de Janeiro
Lasai, Rio de Janeiro
Fasano, San Paolo
Se, per caso, vi fosse venuta voglia di sperimentare dal vivo questa meraviglia, siete in tempo. Programmando le ferie estive, infatti, potreste includere nel pacchetto anche un viaggio in Brasile, che non è solo calcio e saudade.
Si dice che risponda lo stesso Atala alle telefonate che arrivano al ristorante per le prenotazioni.
(E sì, quella sopra è una formica).
Il menu degustazione al D.O.M. prevede 4 oppure 8 passaggi, e potreste sperimentare il Jambu: una pianta autoctona che, sul palato, regala una strana sensazione elettrica.
Ma ci sono anche estratti di manioca selvatica, una particolare specie di cuore di palma e la noce baru, per chi ama gli ingredienti sconosciuti.
L’esperienza al D.O.M., più che in altri ristoranti, è un salto nel vuoto.
In questo caso si sceglie di affidarsi in stato verginale nelle mani dello chef, lasciando che sia lui a guidarvi alla scoperta delle sue radici.
Lo scorso anno, in un articolo di Le Monde, ricordo di aver letto una frase di Alex Atala che mi ha colpita: “La parola biodiversità, quando esce dalla bocca, non significa nulla.
È quando ci entra che acquista significato”. Non male, eh?
[Crediti | immagini: Daniele Amato/Scatti di Gusto]