Caro Valerio Massimo Visintin, abilissima penna del Corriere della Sera che non teme niente e nessuno, tu che hai fatto dell’anonimato un modus operandi: ricrediti, ti prego. Riconsidera la necessità che hai di nascondere la tua identità, precauzione indispensabile per la categoria a cui appartieni, altrimenti dici, un critico gastronomico non è credibile.
Nientemeno che la New York Magazine, cui ogni rivista italiana ruba qualcosa con monotona puntualità, dalle meravigliose foto di copertina sino al proverbiale istinto per le prossime tendenze, mette in copertina il faccione bonario di Adam Platt invece delle curve, esempio, di Beyoncé.
Chi è Adam Platt? Il critico gastronomico del settimanale americano giustappunto, uno che dell’anonimato ha fatto il suo cavallo di battaglia, proprio come te caro Valerio Massimo Visintin. Prima di oggi, cercando sue immagini su Google se ne trovava solo una –molto magrittiana– con una mela a coprirgli il volto. E invece TA-DA, eccolo lì sul nuovo “Where to Eat”, supplemento periodico della New York Magazine.Cosa lo ha convinto a mostrare le sue fattezze a milioni di americani?
Lo spiega lui stesso con disarmante sincerità. In realtà, dice, i ristoratori della Grande Mela conoscevano il suo aspetto fisico da anni. Ha semplicemente deciso di smetterls con un giochetto che prevede ruoli precisi: il critico prenota sotto falso nome, non saluta lo chef che ricambia non salutandolo sebbene lo abbia riconosciuto, e così via. Il segreto di Pulcinella, insomma. A cosa o a chi è utile il mito del critico senza macchia, ma soprattutto senza volto?
“L’anonimato è stato uno strumento di marketing potente. Dona un senso di imparzialità e mistero all’arte oscura della critica di ristoranti”.
E perché rinunciare all’anonimato proprio ora? Perché ora ci sono i foodblog. Per Instagram. Per Tripadvisor (negli USA Yelp o Reddit). Perché essere critici anonimi oggi è praticamente impossibile, mentre essere critici è alla portata di tutti.
Cosa farà adesso il critico gastronomico della New York Magazine? Ciò che ha sempre fatto. Nomi falsi, prenotazioni a orari improbabili, smancerie degli chef puntualmente ignorate. Perché in fondo:
“L’anonimato aiuta, ma è sempre stato meno importante di un palato allenato. Mentre la cosa principale resta una disponibilità economica notevole. Se gli editori possono permettersi di mandare il critico più volte nello stesso ristorante, anche il trattamento più ruffiano non cambierà il giudizio finale”.
Tutti concordi nel dire, insomma, che la voce del critico ha una sua autorevolezza a prescindere da fattori tipo ha pagato il conto, è stato riconosciuto dallo chef, la sua esperienza è stata la stessa di un comune mortale. Ciononostante, ho sempre ammirato la pervicacia con cui, caro Valerio Massimo Visintin, sei riuscito a nascondere la tua identità.
Però, mentre sempre più critici gastronomici gettano la maschera, è inevitabile chiedersi se nel 2014 il critico ignoto avrà ancora senso, e se la proverbiale disfida tra criticoanonimo e criticomiglioreamicodellochef riserverà a noi divertiti spettatori altri avvincenti episodi.
[Crediti | Link e immagini: Mangiare a Milano, New York Magazine]