Gli chef ci hanno detto chi sono i peggiori clienti dei loro ristoranti. E’ tempo di replicare approfittando di una delle tante sfuriate di Arrigo Cipriani, bisbetico figlio dell’inventore dell’Harry’s Bar di Venezia, Giuseppe Cipriani, e di un piccolo impero della ristorazione. Il vecchio brontolone, dall’alto dei suoi 83 anni, prosegue l’attività di “picconatore”, elargendo frecciate a colleghi e parigrado di ogni genere, da Cracco a Vissani, scagliandosi spesso su quello che è diventata la cucina oggi, più intenta a stupire che a nutrire. [related_posts]
Il Secolo XIX ha stilato la Top 5 delle bestialità che rovinano la cucina secondo Arrigo Cipriani, classifica che ha stuzzicato l’immaginario gastronomico costringendomi a un esperimento mentale: isolare le 5 situazioni in grado di rovinarmi la cena, parzialmente se non del tutto in alcuni più casi più sfortunati.
Per la cronaca, la Top 5 di Cipriani sarebbe:
- Piatti Rettangolari
- Posate e Bicchieri Giganti
- Camerieri Parlanti
- Menù Degustazione
- Ostentazione del Lusso
Ognuno di noi custodisce le proprie personali idiosincrasie, capaci di emergere nel bel mezzo di una cena stellata come durante la visita al locale di Gigi Il Troione; è un sentimento trasversale, senza soluzione di continuità, che ci accompagna durante ogni odissea gustativa, fatta di tappe che si collegano l’un l’altra come nel famoso gioco “unisci i puntini” della Settimana Enigmistica.
Ecco, a volte uno di questi puntini non ci soddisfa e lo dobbiamo depennare.
Perché? cosa è successo? Mi sono concentrato nello sforzo di individuare una Top 5 delle Bestialità che rovinano la cucina, e rappresentato una nota stonata suonata al mio tavolo, classifica necessariamente personale.
Pronti: via, dall’inizio alla fine.
TAVOLI MAGNETICI
Alcuni gestori o ristoratori sembrano campioni di Tetris: sono in grado di posizionare tavoli in luoghi e disposizioni sconosciute a qualunque designer d’interni contorsionista. Tavoli che distano l’un l’altro pochi centimetri, tanto da obbligare i commensali a trattenere gli starnuti, per paura di prendere a testate uno dei vicini adiacenti.
Allo stesso modo meglio imparare un codice morse o un alfabeto muto (senza gesticolare troppo) altrimenti, inevitabilmente, almeno altre 38 persone verranno a conoscenza dei vostri fatti, data la loro vicinanza al vostro tavolo. E se decidete di non dire nulla, sarete comunque costretti ad ascoltare i fatti altrui.
IL RISOTTO “MINIMO PER 2 PERSONE”
Questo è uno dei grandi misteri. Il risotto “minimo 2 persone”. Posso capire un intero menù degustazione. Ma il risotto? La dicitura “minimo 2 persone” genera dubbi, obblighi e rinunce. Dubbi nel caso in cui si desideri ordinare il risotto:
“io lo vorrei, che faccio lo dico? o aspetto che lo dica qualcuno? ma no, lo dico, così magari qualcuno si sente in obbligo di accontentarmi e lo prende”.
Inoltre l’infame dicitura rischia di bruciarmi già una scelta fra i primi, nel caso non ci fosse qualcuno pronto a sacrificarsi, ed è discriminante nei confronti di chi mangia da solo. Vorrete mica essere ristoratori razzisti nei confronti dei single?
PIATTO GRANDE, CERVE… HEM, PORZIONE FINA
Eccoli, i piatti larghi, ampi, quasi come l’arca di Noè, bassi, alti, fondi, piatti, qualunque sia la forma. Non solo tendono ad occupare uno spazio spropositato ma spesso contribuiscono anche a far raffreddare più velocemente la pietanza servita, raffreddando anche ogni entusiasmo dopo il primo boccone.
Vada per i piatti dalle forme strane, poligonali, poliedrici o anche quadrimensionali; ma dei piatti enormi, non se ne può più. Soprattutto quando la porzione servita all’interno del piatto tende a sembrare un piccola macchia informe.
IL CAMERIERE AVVOLTOIO
Cipriani non sopporta i camerieri parlanti, che annunciano il piatto che stanno servendo.
Non sopporto i camerieri avvoltoio, quelli che vi stanno alle spalle, a pochi centimetri dal vostro tavolo, pronti a gettarsi in picchiata per raccogliere la forchetta che vi stava cadendo, o a ghermire la bottiglia d’acqua per riempire il bicchiere non appena viene privato di pochi millilitri di liquido, per poi farla sparire ed adagiarla il più lontano possibile, dove solo la vista di un rapace potrà individuarla.
Oltre all’avvoltoio, mi sale anche la carogna: viva i self service.
IL CONTO CHE SI FA DESIDERARE
Sarò l’unico, ma io il conto lo desidero. Quando chiedo il conto significa che forse ne ho gli zebedei pieni di restare seduto, o forse ho un impegno, o forse è quasi mezzanotte e la mia carrozza diventerà una zucca; qualunque sia il motivo, forse mi piacerebbe poter pagare prima che la mia carta di credito scada.
Invece il conto in alcuni casi fa il prezioso, si fa desiderare e arriva con tutta calma. Ecco perché, senza forse, sono favorevole in questo caso al pagamento anticipato.
Ora sono curioso di sentire altri esempi di “bestialità che rovinano la cucina”, i vostri.
Non siate timidi: è ammesso qualunque grado di bestialità a qualunque grado di cucina.
[Crediti | Link: Dissapore]