“Il suo nome era … Cerutti Gino ma lo chiamavan Drago, gli amici al bar del Giambellino dicevan che era un mago”. Abbastanza naturale che, andando a cena al Giambellino, mi tornasse in mente il pezzo di Gaber, con la fantasia volata addirittura a immaginare Delvuoto come l’ex bar del Cerutti Gino.
Delvuoto invece è un risorantino quasi timido che sta molto più verso il centro di quel che pensassi. L’unico grosso neo è l’utilizzo del denim come tovagliato. Il resto è tutto a posto, cibo compreso.
L’entrée è un pan brioche con marmellata di pomodoro e rilettes di maiale, strana il giusto per incuriosire ma appena troppo dolce, forse la rilettes non riesce nel suo scopo di dare corpo. Apprezzo comunque.
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Dopo il fresco pomodoro di antipasto con crescenza alla verbena e un cracker al cumino (o era coriandolo ?) arriva il risotto alla borragine, bottarga e rafano. Ci chiediamo che fine abbia fatto il rafano. Che invece è proprio lì (si vede anche) solo che ha un gusto più delicato del previsto. E’ una combinazione ad alto rischio, con una mantecatura forse leggermente liquida rispetto alle cremosità che preferisco. Ma è un buon risotto. In fin dei conti mica può sempre e solo essere giallo il risotto a Milano, no?
Poi la tagliata di manzo con melanzane, cipolle rosse novelle e fiori di sambuco. Fatico a stare lontano dalla carne quando ho la sensazione di essere in un buon posto. Qui ancor più della carne meritano le melanzane e le cipolle, protagoniste del piatto al posto della carne. Buone, decise, con le cipolle che arrivano a essere quasi croccanti.
Non pago indago anche il dessert, scansando l’onnipresente amato cioccolato e investendo su una spugna (sì, proprio una spugna) ghiacciata di limone con rabarbaro e yogurt secco. Ora: se si riesce a passare sopra al nome abominevole di spugna si prova un dolce di varia consistenza e acidità, adatto a chiudere il pasto e con un rabarbaro che rimane in testa per un bel po’.
Tutto quanto il tour piu’ una bottiglia di vino in 3 per 60 euro.
Non sono tanti.
Ah già il nome: non credo voglia fare il verso all’ammiraglia di casa Bastianich, Delposto a New York, ma indicare la tecnica di cottura “tutta natura” che, soprattutto sulle verdure e nelle mani di uno chef (non di mia mamma) rende le cose semplici più affascinanti.
PS: non si parcheggia facile, ma le fermate dei mezzi sono lì davanti.