A me l’estate piace fondamentalmente ed esclusivamente per quello che si mangia. Meglio le anguille nel piatto che sotto le ascelle, diceva il saggio (forse). La vita da spiaggia no, non mi piace. Il mare, quello che fa le onde ed il rumore di certe canzoni dei Boards of Canada invece sì, ma sempre un pelino meno delle zucchine alla scapece.
Apicio come Pippo Baudo. Che a Napoli la zucchina, o più correttamente zucchino, diventi cocozziello è un dato di fatto. Sul termine “scapece” la faccenda si infittisce e lo scartabellare tra i vari dizionari Napoletano-Italiano che possiedo non aiuta.
La teoria più diffusa è quella che fa risalire il termine al latino esca (cibo) Apicii (di Apicio), il celebre gastronomo romano che amava il “pasticcio di lingue di pappagalli parlatori cosparso di petali di rosa”. Sul Dizionario Dialettale Napoletano di Antonio Altamura, pubblicato nel 1956, leggo invece:
“scapécë < sp. escabéche, s. f., «salsa con aceto e aglio per condire ortaggi (specialm. zucchini), pesce, ecc.»
La pista ispanica pare la più attendibile, approfondendo infatti scopro che escabéche deriva dal nome di una pietanza araba medioevale a base di carni cotte con aceto e datteri, l‘al-sikbaj (pronunciato assikbaj), che a sua volta mutua il significato dal Persiano sikba, da sik, aceto, e ba, cibo.
Da qui, dicono, fu tutto un passare di mani e padelle, dallo scabeccio ligure alla scapece gallipolina e dall’escoveitch jamaicano allo scabetche del Nord Africa. Le zucchine alla scapece sono però affare tutto napoletano, e nella sua disarmante semplicità prevede comunque una serie di dettami da rispettare.
Ecco la ricetta delle zucchine alla scapece.
Ingredienti
6 zucchine sode (la tradizione vuole quelle striate napoletane)
olio extravergine di oliva per la frittura
1 bicchiere di aceto bianco
foglie di menta freschissime q.b.
2 spicchi d’aglio
sale q.b.
Preparazione
Si inizia a preparare la ricetta delle zucchine alla scapece affettando le zucchine ad uno spessore di 3/5mm, sezione ovale o tonda, scegliete da che parte stare. Si dispongono le fettine belle ordinate su un canovaccio di cotone poggiato su un tagliere e si espongono al sole per almeno un’ora (io due).
Ma se il balcone proprio non lo avete o provate un piacere perverso nel cucinare in notturna, cospargete le zucchine con poco sale grosso e aspettate che tiri fuori tutti i liquidi di vegetazione.
Quando le zucchine saranno sull’avvizzito andante approntate una bella padella traboccante d’olio, lasciate sfrigolare uno spicchio d’aglio quel tanto che basta per liberare un po’ di profumo e votatevi col cuore e la messa in piega alla delicata fase di frittura.
Io ho usato un extravergine perché a casa mia (orrore!) le zucchine vengono condite, a fine preparazione, con un paio di cucchiaiate di quell’olio verdolino. Voi non lo fate ed utilizzate il caro vecchio olio di arachidi.
Una volta fritte, le rondelle vanno tamponate con cura con la carta assorbente. Per quanto riguarda il grado di cottura, alla zucchina pallida e stordita preferisco quella dolciastra tendente al marroncino.
Capitolo marinatura per le zucchine alla scapece: c’è chi diluisce l’aceto con una parte d’acqua e chi lo scalda. L’importante è tentare di fare degli strati all’interno di un contenitore di coccio o vetro, inframezzando con uno spicchio d’aglio tagliato sottilmente, foglioline di menta strappata al momento ed un pizzico di sale.
Fin qui tutto facile, difficile sarà aspettare che le zucchine alla scapece riposino nella loro napoletanità, coperte, per almeno 12/24 ore.
Un’attesa più che giustificata.
Perché se è vero che Napoli esiste come concetto o aggettivo, forse anche in cucina c’è bisogno di un poco di Napoli.