In Italia siamo abitudinari anche quando si tratta di mandare giù un goccio. Spesso è il cocktail che fa “il bar” e ci flagelliamo le papille autosomministrandoci sempre gli stessi noiosissimi sapori. Eppure tra il whisky on the rocks di Eddie Valiant (“Ghiaccio! Non rocce!“) ed il Margarita della settimana scorsa ci sono infinite declinazioni del bere.
La pensa esattamente come noi il nostro sponsor Bonaventura Maschio che non ha esitato un attimo nel metterci a disposizione la sua Prime Uve, sulla cui duttilità nell’accoppiamento ho ottenuto grandi riscontri in fase di prova e di preparazione. Un prodotto che fa della morbidezza e dell’eleganza i suoi punti di forza e che va saputo gestire con attenzione per valorizzarlo al meglio.
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D’altronde, se ben ricordate, nei nostri esperimenti al ristorante All’Oro i distillati d’uva Maschio avevano già ampiamente dimostrato di essere un ingrediente perfetto per dei cocktail d’autore. E anche per accompagnarli a un pasto di alto livello. Insomma per l’occasione non potevamo produrre una cover ma ci voleva qualcosa di ardito ed originale.
Ci viene in aiuto uno dei mixologist più quotati ed apprezzati in circolazione: Emanuele Broccatelli, rimbalzato dal Corinthias di Londra al Caffè Propaganda fino alla Stazione di Posta prima di stabilirsi al Majestic di Roma. Che sommato fa una sacco di chilometri. E esperienza a sacchi.
Il suo cocktail si chiama “White Snow” e al posto della neve ci si mette l’albume. Che alla prima lettura piuttosto avrei ingoiato una salamandra, e invece mi son dovuta ricredere. La chiave di volta dell’abbinamento è tutta lì!
Ingredienti:
50 ml di Prime Uve
30 ml di succo di limone
15 ml di zucchero di canna liquido
15 ml di albume pastorizzato
Bicchiere: flûte
Garnish: scorza di limone e scorza di arancia grattugiata
Cristalli di Campari
La procedura è di quelle concettualmente complesse ed esecutivamente semplici: si versano tutti gli ingredienti all’interno dello shaker, si aggiunge il ghiaccio e si agita per pochi secondi, nella maniera che vi fa sentire più cool. Easy, baby.
Il bicchiere nel quale va servito il cocktail è la flûte, io ho scelto un residuato dell’Impero austro-ungarico, tanto per rimarcare la sobrietà e la fascinazione vintage che mi contraddistingue. Poco fa una cara amica mi ha chiesto se metto l’eye liner con la cazzuola…
Capitolo cristalli di Campari: chiamatelo vezzo d’autore; sono chicche da gastrofanatico livello hard. Io li ho sostituiti con una caramella preparata con una parte di zucchero semolato ed una di Campari, appunto. Credo di essermela cavata egregiamente.
Intanto il meriggio si protrae e del drink è rimasto poco più di un dito. Buon segno. Il grande limite di alcuni cocktail concettuali è che ti ecciti ma non godi e quando li vai a bere speri che qualcuno ti inviti a conversare sull’impazzimento delle stagioni.
Nel nostro White Snow la miscela è molto delicata e l’albume, insapore, ha creato una consistenza inaspettatamente piacevole e una bella schiumetta in superficie. Non penso a Biancaneve e bevo; la freschezza del limone fa davvero il suo.
Bello, bravo, bis, Emanuele mi hai convinto.Ora mi tocca soltanto trovare compagnia, qualcuno a cui offrire il secondo giro e con il quale lamentarmi del tasso di umidità in aumento e del fatto che è soltanto martedì.