C’è questo coccio che gira da anni in casa mia. È una piastra con un coperchio pesante, di un paio di chili abbondanti. La base è smaltata, cosa che le conferisce una moderata antiaderenza. Il coperchio, detto mattone, è grezzo, così da trasferire al cibo un sentire di terracotta e, probabilmente, di tutto quel che ci si è cucinato nel tempo. Manufatto di verosimile origine toscana (datemi conferma!), è indispensabile per una ricetta: quella del pollo, o del galletto, al mattone.
Come suggerisce il nome, si tratta dell’evoluzione di una tecnica alquanto empirica che prevede la cottura sulla brace del pollo tenuto schiacciato da un peso, un mattone appunto, che in rete ho visto avvolgere in alluminio (da puristi dell’HACCP?), perdendo secondo me in poesia e in gusto. Ma veniamo alla preparazione del pollo.
1. La marinatura
Per cominciare, vi occorre un pollo aperto a libro. Se avete dimestichezza con coltelli e affini, potete farlo da voi aprendo il volatile sulla schiena o lungo il petto (in questo secondo caso resta più “composto”), allargandolo e pestandolo leggermente con il batticarne.
Naturalmente, il vostro macellaio sarà felice di eseguire l’operazione, oppure lo trovate bell’e pronto al supermercato.
Preparato il pollo, sono passata all’insaporimento.
Non ho mai capito se il pollo alla diavola si chiami così per via del fatto che cuoce al calore delle fiamme dell’Inferno o semplicemente perché è piccante. Per sì o per no, essendo la ricetta al mattone una declinazione della suddetta, ho fatto marinare il mio volatile generosamente spolverizzato di paprica forte, più una presa di erbe secche miste in polvere e appena un filino d’olio.
Davvero poco, quanto bastava per massaggiare bene gli aromi sui due lati, che poi il grasso della carne si sarebbe sciolto in cottura e non volevo un risultato finale untuoso. Ben condito, il pollo ha riposato un paio d’ore al fresco.
2. La cottura
Il mio tegame di coccio si può usare anche sul fornello, ma vi assicuro che gli schizzi che escono dai lati renderebbero il momento di rigovernare uno strazio. Se, comunque, non avete modo di cucinare all’aperto, un trucco che ho usato spesso è quello di avvolgere il bordo con una larga striscia di alluminio: in questo caso, lasciate comunque delle aperture verso l’alto, per far uscire il vapore ed evitare un effetto bollito.
Meglio, molto meglio, poter disporre di un barbecue, al limite anche a gas: tuttavia, il fumo di carbone unito all’aroma del coccio crea se possibile un mix di profumi ancora più intrigante.
Quindi, sistemato il pollo sulla base con la polpa verso il basso, e messo il mattone, tutto è passato sulla griglia. Per un effetto forno e una temperatura più costante (ma anche per non affumicare eccessivamente il vicinato), ho messo il coperchio sul barbecue.
3. Il risultato
La cottura è durata un’oretta o poco più, rigirando il pollo un paio di volte per lato. È pronto, come sempre, quando la carne inizia a ritirarsi dagli ossi e, punta in una parte spessa, emette un liquido biancastro: se è rosato significa che c’è ancora sangue all’interno.
Grazie al peso del mattone, il pollo si è assottigliato (anche se aveva un petto polposo che è rimasto piuttosto alto) e ha perso buona parte del grasso, rimanendo ugualmente morbido e succoso.
Portarlo in tavola è stata una festa, perché ha proprio un bell’aspetto, dorato ma non secco, e un profumino che lèvati. È bastato poco a completarlo: io ho aggiunto una presa di sale, qualche goccia di Tabasco Chipotle affumicato e una spruzzata leggera di limone. Spero di avervi ingolosito.
[Crediti immagini: Cibotondo]