Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare e i furbi si fanno sostituire. Che genio che era Freak.
Io furba non mi ci sento ma un gioco lo voglio fare. Un dietro le quinte de “La ricetta perfetta”, la cronistoria di quello che faccio ogni volta prima di salmodiare a vanvera qui, gli esperimenti che precedono la ricetta che stavate cercando, o che stavo cercando io. La mia nemesi si chiama crostata.
Non bisogna essere perfetti per tutti, basta essere speciali per qualcuno, dicono. E magari con la fortuna che ti ritrovi quel qualcuno ti sta pure sulle scatole.
Eppure una volta successe una cosa parecchio buffa.
Era a casa mia, periodo napoletano. L’appartamento, al secondo piano in un palazzo senza ascensore, aveva dei soffitti altissimi e le stanze si rincorrevano l’una nell’altra.
Avevo preparato una crostata con banane, cioccolato e caramello, era il mio compleanno quando il mio amico Xavier, attore di teatro, ne assaggia un pezzetto e mi fa: “Posso andare ad ansimare nell’altra stanza?”. E lo fece. Eppure non riuscii a rallegrarmene, pensai che stesse recitando o che avesse bevuto, il pensiero che quel dolce fosse davvero così buono non mi ha sfiorata neanche per un istante.
Che poi a Xavier gli volevo bene, anche se una volta mi disse che sarei stata una Lucrezia Borgia perfetta.
Tornando alla crostata, di impasti ne ho preparati tre. Il primo con soli tuorli (a), il secondo identico al primo con una piccola aggiunta di lievito (b) ed il terzo con uova intere (c). Perchè il lievito nella frolla per crostate lo mette anche Iginio Massari, per dire.
Le ricette arrivano dalla Boscolo Etoile Accademy e sono le stesse usate da famosi pasticcieri come Luca Montersino e Leonardo Di Carlo. “Frolla Milano” la chiamano, diversa dalla frolla Napoli che all’interno ha una piccola percentuale di farina di mandorle.
Ingredienti
Le dosi nello specifico:
panetto a:
500 g di farina debole (150W)
300 g di burro
200 g di zucchero a velo
90 g di tuorli (4/5)
5 g di sale
2 g di buccia di limone/arancia grattugiata
la polpa di mezza bacca di vaniglia (2 g)
panetto b:
500 g di farina debole
300 g di burro
200 g di zucchero a velo
90 g di tuorli
5 g di lievito chimico
5 g di sale
2 g di buccia di limone/arancia grattugiata
la polpa di mezza bacca di vaniglia (2 g)
panetto c:
500 g di farina debole
250 g di burro
200 g zucchero a velo
170 g di uova intere (si può aumentare fino a 200 g)
5 g di sale
la buccia grattugiata di un limone
la polpa di mezza bacca di vaniglia
Preparazione
Per preparare la ricetta della crostata alla marmellata perfetta, ho impastato tutti i panetti allo stesso modo, col “metodo sabbiato” che vi ho già descritto in questo post con tanto di video. Ho passato al mixer il burro con la farina (setacciata con il lievito) e ottenuto una sorta di sfarinato, ho unito i tuorli/le uova leggermente battute con il sale e lo zucchero e impastato aggiungendo gli aromi (vaniglia nel mio caso). Ho coperto con pellicola e lasciato riposare in frigorifero per una notte.
Segue analisi sensoriale di un’enthusiast da prendere con le pinze.
Panetto a: colore giallo intenso dato dai tuorli, ceroso al tatto. Plasticità media ma scarsa elasticità. In sintesi: pare pongo.
Panetto b: come sopra, pongo alla seconda.
Panetto c: colore grigiastro e tristarello, al tatto più morbido data la percentuale di liquidi maggiore e quella dei grassi minore. Elastico e più lavorabile dei primi due.
Indecisa sul da farsi procedo con una prova cottura e con gli assaggi in purezza. Cuocio in forno statico preriscaldato a 180°.
La tartelletta “a” e la tartelletta “b” sono visibilmente più colorate rispetto a quella “c”, la resa di quella con l’aggiunta di lievito è meno eclatante di quanto mi aspettassi.
Le prime due ha una nota grassoccia spiccata, forse un pelino dolce per i miei gusti ma una consistenza da favola. La terza frolla è decisamente più asciutta e morbida al morso.
Leggevo qualche giorno fa che il maestro dei maestri, Iginio Massari, suggerisce di cuocere la frolla in bianco ed aggiungere la confettura in un secondo momento, completando eventualmente con l’aggiunta delle strisce in superficie. Non potevo esimermi.
Ho continuato confezionando le crostate in questo modo:
— Ho prelevato i panetti di frolla dal frigorifero, ho dato una leggera impastatina per scaldare quel tanto che basta per renderli lavorabili, e steso ad uno spesso di 4 mm circa.
— Ho rivestito tre teglie circolari, bucherellato coperto con carta forno e riso e cotto in bianco per 20 minuti a 180°.
— Ho lasciato freddare i gusci di frolla completamente ed ho aggiunto la confettura (250 g per una crostata da 18 cm ), ricavato delle strisce spesse 2/3 mm e incrociato come tutte le nonne del mondo sanno fare.
Ora secondo ciclo di cottura, sempre a 180°, per un quarto d’ora.
Ho sistemato le crostate nella parte bassa del forno per evitare che si colorassero troppo, il bordo di una delle tre è stato rivestito con un cordoncino di pasta aggiuntivo.
Ma quanto ci mette una crostata a raffreddare, diamine.
Ho assaggiato tutte e tre le crostate, friabili al taglio le prime due, un po’ più gnucca la terza.
Devo ammettere, e senza neanche un filo di vergogna, che preferisco la crostata con quella punta di lievito. Un po’ troppo zucchero per i miei gusti ma è una cosa a cui si può facilmente rimediare.
Non posso fare nulla, invece, per cambiare mia madre.
E’ passata per la cucina e ha fatto un unico panetto con tutti i rimasugli.
Rossella 0 – Madre 1.
[Crediti | Link: Skiantos, Scuola di cucina Etoile, Leonardo Di Carlo, Scatti di Gusto. Immagini: Rossella Neiadin]