Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi ma basta che a pranzo non ci sia la zia che il casatiello proprio non lo sa fare. Che poi si piglia pure collera se non lo mangi, anche se dentro ci sono tracce di resti fossili e sembra impastato in una betoniera. Per porre fine alle mie e eventualmente anche alle vostre di sofferenze, mi accingo a preparare la sacra pietanza.
E non fate gli gnorri, lo so che avete passato il 2013 a googlare la ricetta perfetta del casatiello.
Il “caso” non a caso.
Il casatiello è un concentrato di caos danzante che ha più calorie di una stella cometa. E’ una torta salata partenopea preparata in occasione della Pasqua traboccante di grasso, che non sia mai la poggi sul tavolo, pochi istanti e la tovaglia si trasforma nella Sacra Sindone.
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Così come la pastiera di grano, il casatiello emana un’aura particolare, e se a Napoli provi a confessare candidamente che non ti piace la prendono a male e ti tolgono (giustamente) il saluto.
Gli ingredienti imprescindibili e caratterizzanti sono la sugna, badilate di sugna, il pepe nero, i cicoli, una generosa quota di salumi e di “caso”, appunto .
Le uova sode incastonate sulla cima, oltre che simbolo e riferimento pasquale, lo differenziano dall’altrettanto famoso e peccaminoso tortano.
Casatiello che non uccide fortifica.
Di ricette ne ho contate parecchie e inizio con quella di Jeanne Carola Francesconi contenuta nel famoso volume “La cucina napoletana”, pubblicato nel 1965. Rimango perplessa e pure un po’ basita poiché nella sua personalissima lista della spesa non vi è traccia di sugna, sostituita con una massiccia e improbabile dose di olio d’oliva.
La “nzogna” invece figura e da sfoggio di sé nella ricetta dello chef del ristorante Timpani e Tempura Antonio Tubelli, che non contento infierisce e impreziosisce il ripieno con l’aggiunta di uova sode in spicchi.
Dal web apprendo che anche Gabriele Bonci propone una sua versione, a tratti sacrilega ma dicono buona assaje.
E mentre a Napoli, il mio porto sicuro per un po’ di anni, c’è chi dibatte sulla formatura del casatiello, se sia giusto “sfogliarlo” con uno strato di strutto o torcerlo per ingentilirne il profilo, a me sale un’appocundria che a parole è così difficile da spiegare.
Nel segno della sugna.
Varco la soglia della mia macelleria di fiducia, al telefono mi hanno anticipato che la sugna è finita e i cicoli pure.
Lancio uno sguardo oltre il bancone come Cheyenne nella famosa locanda californiana.
“Dammi tutti i ritagli di grasso che hai, che lo strutto me lo faccio da sola!”. A quel punto mi sarei aspettata una ola dal resto delle clientela, una pacca di incoraggiamento. E invece ciccia.
Mi incammino lungo la strada ripetendo le istruzioni a memoria come un mantra:
— Tagliare il lardo a cubetti di 1 cm, metterli a mollo e risciaquarli più volte per eliminare ogni traccia di impurità.
— Scolare i ciccetti di grasso e sciogliere a fiamma bassissima in una pentola d’acciaio con il fondo spesso. Prelevare il grasso fuso con un mestolo e trasferire nei barattoli di vetro, la prima parte da usare nelle preparazioni dolci, il resto per pane affini.
— Gettare gli ultimi residui di grasso disciolto e aspettare che i ciccioli comincino a sfrigolare e cambiare colore.
— Premere a caldo i cicoli ormai dorati in uno schiacciapatate per eliminare l’eccesso di grasso e conservare con un’aggiunta di sale fino. Amen.
La ricetta perfetta.
Per l’impasto:
600 g di farina forte
120 g di strutto
13 g di lievito di birra (per accorciare i tempi potete usarne 25 g)
12 g di sale
acqua tiepida q.b. (io ne ho usata 250ml circa)
1 cucchiaino di malto in polvere (facoltativo e sostituibile con il miele)
Per il ripieno:
150 g di salame napoletano o salsiccia secca
150 g di provolone
100 g di cicoli (ciccioli)
pecorino grattugiato q.b.
Pepe nero macinato grosso in abbondanza
Per la finitura
6 uova (io ne ho messe 4)
strutto q.b.
1 uovo (facoltativo)
Inizio mescolando in una terrina 100g di farina, i 13g di lievito sbriciolato, il malto in polvere e un po’ d’acqua tiepida, fino ad ottenere una pastella non troppo fluida. Copro con pellicola e lascio lievitare per una mezz’oretta buona.
Verso il composto nella ciotola della planetaria e comincio a lavorare con il gancio aggiungendo il resto della farina, lo strutto e l’acqua a filo, fino a formare un impasto piuttosto morbido ma allo stesso tempo manipolabile.
Inutile precisare che l’operazione può essere fatta anche a mano, è bello ma soprattutto funzionale avere un contatto senza filtri con il cibo.
Lascio lavorare la macchina per circa 10 minuti e aggiungo il sale fino a completo assorbimento.
Trasferisco l’impasto in una boule di vetro, copro con uno strappo di pellicola e metto a nanna per l’intera notte in frigorifero.
Mi sveglio con in testa lui, soltanto lui.
Tiro fuori dal frigo l’impasto e lo lascio rinvenire a temperatura ambiente. Trascorse un paio d’ore stendo la pasta in un rettangolo spesso 1cm circa (ne tengo da parte una pallina per la finitura) e distribuisco in modo più o meno omogeneo i tocchetti di salame e provolone.
Sprazzi di cicoli qua e là, una generosa grattata di pecorino e pepe nero macinato fresco per completare il quadro.
Arrotolo la pasta cercando di non stringere troppo e dispongo il mio filone nello stampo a ciambella unto con (indovina?) un velo di strutto. Rincalzo bene i lembi di pasta incastrando le giunture una nell’altra.
Lascio lievitare il pargolo coperto con un canovaccio leggermente inumidito per 4 ore in un ambiente tiepido.
Preriscaldo il forno a 180° e procedo con la decorazione rituale appoggiando le uova crude sulla superficie, con il guscio ben lavato e la punta rivolta verso l’interno. Copro ogni uovo con due cordoncini di pasta incrociati e pennello l’intero casatiello con un leggero strato di strutto.
Faccio cuocere in forno per un’ora a 180° in modalità statica. Poco prima di sfornarlo, però, lucido la superficie con dell’uovo battuto e porto a cottura.
Faccio raffreddare per venti minuti circa nello stampo e poggio su una gratella.
Taglio una bella fetta senza intaccare le uova, la scruto con occhio critico e solo quando il fazzoletto di carta diventa trasparente in più punti capisco di aver finalmente raggiunto il mio scopo.
[Crediti | Link: Amazon, Papero Giallo, Scatti di Gusto. Immagini: Rossella Neiadin]