Il bello del Natale sono le cose buone che si mangiano, le bottiglie che si stappano, l’albero con le lucine, la gioia dei bambini. Ma, a dirla tutta senza ipocrisie, il meglio sono i regali che si ricevono. A patto che corrispondono a quel che vogliamo davvero. Per questo ho scritto, imbustato e spedito la mia letterina a Babbo Natale, in cui elencavo i doni geek con i quali vorrei tanto equipaggiare la mia cucina.
Non solo con quelli, naturalmente.
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In me, come in molti di voi, convivono diverse anime cuciniere: se da un lato sogno di abbattere, mettere sottovuoto, cuocere in bagno termostatico, dall’altro mi piacerebbe crogiolare, rosolare, stufare in tegami uguali uguali a quelli che si usavano ai tempi di mia nonna. Solo più nuovi, meno ammaccati, magari “disegnati”. Materiali antichi per pentole moderne.
Le chiederò a Santa Lucia, così me le porta per il 13 dicembre e qualcuna posso sperimentarla già nel pranzo di Natale.
1. PADELLA DI FERRO
Cara Santa Lucia, sei donna d’altri tempi e già lo sai che per cotture perfette non c’è nulla di meglio del metallo nudo e crudo. In barba ai rivestimenti antiaderenti, alle finte pietre, ai candidi interni ceramici, la padella di ferro non ha eguali per tutto quel che deve rosolarsi e dorarsi. Stiamo parlando di reazione di Maillard, naturalmente, per la quale non c’è ausilio migliore.
Difficilotta da usare, specie le prime volte, è destinata con gli anni a diventare nera e ad acquistare una patina di naturale antiaderenza e mi permetterà di stressare le cotture fino al limite del bruciato (senza superarlo eh!) ottenendo crosticine irresistibili da bistecche, frittate, patate sauté, crostacei… Un sogno, insomma.
Non sai dove cercare? Le mie preferite sono le francesi De Buyer, rivestite in cera d’api per prevenire l’ossidazione. Ti immagino donna pratica, Lucia, e sono certa che apprezzerai questo dettaglio, che eviterà di ungere d’olio il tegame dopo ogni utilizzo, come da anni faccio per la mia amata paell(er)a, di ferro anch’essa.
2. CASSERUOLA IN GHISA
Se la padella di ferro mi serve per le cotture rapide, il tegame di ghisa va bene per quelle lunghe e lente. Capirai, cara Lucia, che non se ne può proprio fare a meno in una cucina, come la mia, che predilige stufati, spezzatini, arrosti. La sua particolarità è quella di andare sul fuoco, per la rosolatura iniziale, e poi in forno, per la successiva cottura lenta. Anche col coperchio, se occorre.
Per questo non solo la vorrei interamente in ghisa smaltata, senza pomelli di legno o materiali plastici che in forno potrebbero bruciarsi, ma vorrei esagerare e domandarti di portarmi una Doufeu, la casseruola Le Creuset con il coperchio sagomato per accogliere cubetti di ghiaccio.
«Cubetti di ghiaccio in forno?», chiederai. Certo, ti dirò io, perché sciogliendosi formano, al di sotto del coperchio (quindi, dentro la casseruola) gocce di condensa che mantengono umidi e idratati gli ingredienti. Una bella soluzione, no?
3. TAJINE
Se non sbaglio, cara Santa Lucia, sei originaria di Siracusa. Sicché, non dovrebbe esserti sconosciuta la cucina nordafricana. Non so se ai tuoi tempi già esistesse la tajine. So, invece, che non esiste nella mia cucina da quando ho fatto cadere, mandandola in mille pezzi, quella che avevo acquistato in un suk tunisino tanti anni fa. Insomma, me ne servirebbe davvero una nuova.
La cottura all’interno di questo tegame in terracotta è piuttosto affascinante: i vapori che si sprigionano dal cibo si raccolgono lungo le pareti del coperchio conico e, una volta arrivati in cima, riprecipitano giù. È questa circolazione del vapore che permette di mantenere morbidi gli ingredienti e amalgamare i sapori.
Cosa ne dici della tajine Emile Henry, che va anche sull’induzione? Se me la regali, passate le feste preparo subito il pollo con i limoni canditi, che d’inverno i limoni sono buoni.
4. RISOTTIERA DI RAME
Forse, cara Lucia, i tuoi devoti veronesi ti avranno parlato dei buoni risotti che si fanno dalle loro parti. Anche qui da me, a Milano, il risotto come saprai è un’istituzione. La cui preparazione è, per i buongustai, un piccolo rito che comincia con la scelta del tegame.
Due i dettagli importanti. Il primo è che la pentola abbia una superficie sufficientemente ampia, perché in un tegame stretto il riso si ammassa e quello sul fondo cuoce diversamente da quello in superficie, nonostante le ripetute mescolature. Il secondo è il materiale, che deve accumulare bene il calore e diffonderlo in modo uniforme. Fondamentale, infine, il coperchio per il necessario riposo del risotto in fase di mantecatura. La soluzione è la risottiera di rame, con il tradizionale manico ad arco.
Quella di Pentole Agnelli è molto bella sebbene, lo ammetto, un po’ costosa: me la porti lo stesso?
Ecco, cara Santa Lucia: la mia letterina per il 13 dicembre finisce qui. Prometto di andare a nanna presto e di tenere ben chiusi gli occhietti mentre tu, in sella al tuo asinello, ti avvicinerai a casa per lasciare i tuoi doni. Sono stata brava, quindi spero non mi porterai carbone: al massimo, un po’ di carbonella.
REGALI DI NATALE la serie:
1. Per chi cucina molto.
2. Per gli irriducibili del libro di cucina.
3. Per gli hisper che amano le riviste indie.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: allthatfood, karbosguide, cookingsens]