Per chi scrive le recensioni dei ristoranti il critico gastronomico della carta stampata? Siamo seri, oggi che i portafogli piovono sangue mentre online si trovano –GRATIS– blog attendibilissimi e social network aggiornati, chi comprerebbe una rivista per leggere recensioni di ristoranti?
Proprio qui interviene Dissapore radunando le grandi firme della carta stampata di questa settimana.
Paludate, un po’ trombone ma in fondo, ancora necessarie.
OSTERIA BOTTEGA
via Santa Caterina 51, Bologna
Non è per caso che Daniele Minarelli, Dadone per gli amici, ha tanto successo. Ne è sicuro Gianni Mura che è stato all’osteria, luogo di delizie per carnivori, e ne ha scritto sul Venerdì di Repubblica.
[related_posts]
Per il barbuto giornalista Minarelli non ha solo il fisico del ruolo, ma è pure dotato di “umanità, saggezza, senso dell’umorismo e naturalmente una grandissima attenzione a quello che porta in tavola”.
Nel locale di piccole dimensioni (28 coperti, sempre meglio prenotare) si deve provare “il prolungato omaggio agli affettati di giusta stagionatura, le tagliatelle al ragù di carne oppure i tortellini in broddo di cappone. “Siamo ai vertici”.
Per il resto baccalà in umido, anatra al pepe, un grande cotechino, bolliti misti (“non al carrello, i carrelli van bene solo negli ospedali”), l’imponente cotoletta alla petroniana, le paste fresche con due sfogline a disposizione e dolci della casa.
Siamo al conto: antipasti 7/20 Euro, primi 12/13 Euro, secondi 14/16 Euro, dolci 4/6 Euro.
SUKIYABASHI JIRO
4-2-15 Ginza, Chuo, Tokyo
Con Silvio Piersanti sempre sul Venerdì, supplemento di Repubblica, si vola Tokyo. Ma solo se siete disposti a spendere 300 euro per 20 inegualiabili bocconi di sushi (a conti fatti sono 15 euro a boccone, mica male).
Eppure bisogna prenotare con mesi d’anticipo perché Sukiyabashi Giro è il ristorante dove “scolpisce capolavori quotidiani” Jiro Ono, novantenne maestro di sushi “unanimamente ritenuto il numero uno al mondo” sul cui cielo rifulgono da anni le tre stelle della Guida Michelin.
Arredato con sobrietà in un locale seminterrato di 50 metri quadrati, il piccolo tempio della cucina giapponese offre dieci coperti disposti in un bancone dove si siede a contatto di gomito con degli sconosciuti per condividere “mugolii di piacere a ogni boccone”.
Merito dell’Irame (Halibut, un pesce di mare), del polpo “reso morbido da 50 minuti di massaggio”, del prelibato fugu, (pesce palla) e dal Tamagoyaki, cioè l’uovo fritto, unico piatto non di pesce.
Si brevono sake e birra e può capitare di “condividere strozzate grida di entusiasmo ma c’è chi parla di ‘orgasmi palatali’ col presidente Obama, George Clooney o lo chef francese Joel Robuchon”, perché “andare a Tokyo e non mangiare qui è come andare a Roma e non vedere il Colosseo”.
WICKY’S CUISINE
Corso Italia angolo Pizza Missori, Milano.
Vicky Priyan si è fatto le basi nel “blasonato ristorante sushi Zero Contemporary Food in Corso Magenta a Milano”, che ha lasciato nel novembre 2011 per aprire Wicky’s Cuisine a Porta Genova, elegante sushi-restaurant con conteso bancone centrale dove esperti maestri di taglio trasformano in piatti deliziosi salmone, filetti di orata e branzini.
Ce lo ha raccontato Roberta Schira sul Corriere della Sera anticipando il progetto dello chef srilankese: un nuovo locale in Corso Italia angolo Piazza Missori con sushi-bar, oyster bar e esclusivo bancone da 8 posti (con piatti a 100 euro) che aprirà il 20 Gennaio.
Ogni giorno a pranzo lo chef metterà in carta “ricette originali della Malesia, dell’Indonesia e della Thailandia a prezzo contenuto, intorno ai 15 Euro”, e con il business lunch a 35 Euro “tutti si potranno potranno permettere la cucina di Vicky Priyan”.
CHEZ WONG
Calle Enrique Leon Garcia 114, Lima
Il ristorante Chez Wong di Lima, otto tavoli al centro della città con gente che si accalca per trovare posto, è al centro di un servizio appassionante di Repubblica.
La ragione di tanto successo è il ceviche, piatto nazionale peruviano: una base di pesce crudo con limone, cipolla o aglio su cui ogni chef fa le sue varianti. Molto apprezzate quelle di Javier Wong, non a caso per il britannico Guardian il suo ceviche è il migliore del mondo.
Attenzione però, nel ristorante che in origine era il garage di casa dello chef non c’è menu e la scelta è limitata a 4 categorie di ceviche: caldo, freddo, dolce o aspro.
A rendere il posto irresistibile sono anche le frequentazioni, ci si può sedere accanto ad attori o politici peruviani come a un muratore al lavoro in un cantiere vicino.
[crediti | Repubblica, Corriere della Sera, Dissapore. Immagini: Guardian, Culatellobologna, Alifewortheating]