Per chi scrive le recensioni dei ristoranti il critico gastronomico della carta stampata? Beati i tempi in cui poteva coltivare la nicchia, ma oggi, con i portafogli che piovono sangue mentre online si trovano –GRATIS– blog attendibilissimi e social network aggiornati, chi è che compra una rivista per leggere recensioni di ristoranti?
Proprio qui interveniamo noi, radunando per i fortunati lettori di Dissapore le grandi firme della carta stampata di questa settimana: paludate, un po’ trombone ma ancora necessarie.
Firenze, Viale Europa 4-6
I Ferragamo le hanno dato il benservito dopo 11 anni di servizio irreprensibile al Borgo San Jacopo, sempre a Firenze, e alla verace chef marchigiana Beatrice Segoni non è andata giù.
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Tanto che della mancanza di fair-play della nota famiglia-azienda ha parlato anche con Enzo Vizzari, che sul settimanale L’Espresso scrive la recensione della nuova destinazione della cuoca, il Convivium, “caverna di Alì Babà della gola e storico locale della ristorazione fiorentina” appena rinnovato, anzi “rigenerato”.
Al piano terra ci sono il dehors non ancora inaugurato, il wine-bar e l’enoteca con un migliaio di etichette, la vetrina della pasticceria, il banco della gastronomia, il corner della pasta fresca con le sfogline che operano a vista nel retro.
Al primo piano invece c’è il ristorante con una carta breve a pranzo, ma è cucina di sostanza e sapori, e più articolata la sera. Nel menu classici riveduti tipo il flan di ribollita con pesto di cavolo nero o provocazioni riuscite come i taglioni con burro, lamponi, lime e caviale. Giustamente famoso il “brodetto di Beatrice” e la selezione delle fiorentine: Chianina, Piemontese, Scottona, Slava.
Prezzi: 25/30 per una paio di piatti a pranzo, 70/80 la sera.
Brescia, Via Indipendenza 23
Tre fratelli laureati in economia e commercio aprono un ristorante specializzato in pesce di mare in una frazione di Brescia. Uno fa lo chef, l’altro il sommelier, il terzo si occupa della sala.
Gianni Mura sul Venerdì di Repubblica trova che la scelta sia azzeccata. Pranzo di lavoro a 25 €, grande attenzione al crudo (ostrica, scampetti, cappasanta, tonno, cernia, gambero rosso, tartare di tonno con puntarelle e colatura di alici) e al cotto (calamari arrostiti, zuppetta ai tre cereali e mazzancolle).
Primi e secondi ora: consigliati gli spaghetti di farro con acciughe del Cantabrico, vongole e cime di rape o lo spada lardellato ma la Gran frittura è super, come la zuppa di pesce che arriva in tavola già diliscato.
Prezzi: antipasti 15/30 €, primi 14/20 €, secondi 20/29 €, dolci 6/8 €.
Viale Umbria 80, Milano
I piatti lombardi e piemontesi sono le specialità che hanno reso Masuelli, dal 1921, “uno dei più inossidabili ristoranti milanesi”, o se preferite la “trattoria di gran tono che piace a tutti”.
Lo scrive su ViviMilano lo scrittore Allan Bay elencando i piatti da provare nella trattoria milanese da 65 coperti: pasta e fagioli densa (con il cucchiaio che sta in piedi, precisa il menu), risotto, agnolotti al ragù, una mirabile trippa, cotoletta alla milanese, cassoeula e simili.
Ma il mondo va avanti e “da bravissimi osti quali sono” quelli di Masuelli si sono adeguati con altre proposte: carpaccio di orata, alici al forno e piatti vegetariani come il cardo gobbo con fonduta o la polenta ottofile con uovo e fonduta.
In cucina Max Masuelli ma i genitori, Tina e Pino, vegliano sempre.
Prezzi: 42/45 €, bevande escluse.
Torino, Via Modane 16
Si chiamava Spazio, ci informa Marco Trabucco su Repubblica Torino, e adesso Spazio 7, il ristorante appena riaperto dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino.
Locale bellissimo con sala rettangolare, arredi minimal, tavoli ben distanziati e due pareti “coperte da un wall painting di Amedeo Martegani che crea un effetto quasi magico”. A pranzo si consumano pasti leggeri ed economici nella caffetteria sottostante ma lo chef è sempre lo stesso, Simone Breda giovane con “bella tecnica, personalità e idee chiare”.
La chiave di volta della cucina sono i classici “saggiamente alleggeriti”: battuta di Fassone al coltello con salsa d’uovo, topinambur e scorzonera o ravioli del plin burro di Normandia e salvia. Ben eseguite anche le creazioni più personali: carpaccio di scampi, mango, liquirizia e basilico, pluma di maialino iberico, mele jazz al tè nero e cannella, purea di mandorle.
Carta dei vini sufficiente e “servizio giovane”.
Prezzi: menu a 42 e 48 euro, alla carta poco di più.
[Crediti | Repubblica, Corriere, L’Espresso]