Per chi scrive le recensioni dei ristoranti il critico gastronomico della carta stampata? Beati i tempi in cui poteva coltivare la nicchia, ma oggi, con i portafogli che piovono sangue mentre online si trovano –GRATIS– blog attendibilissimi e social network aggiornati, chi è che compra una rivista per leggere recensioni di ristoranti?
Proprio qui interveniamo noi, radunando per i fortunati lettori di Dissapore le grandi firme della carta stampata di questa settimana: paludate, un po’ trombone ma ancora necessarie.
Corso Italia 6, Milano
“Il migliore ristorante nippo-fusion d’Italia ora è anche più bello”. L’affermazione perentoria scritta sul settimanale l’Espresso appartiene a Enzo Vizzari, direttore delle guide dell’editore romano, e chi siamo in fondo noi per smentirla.
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A fine gennaio Wicky Priyan, “raffinato cuoco-intellettuale originario dello Sri-Lanka cresciuto nel culto della cucina giapponese”, apprezzato dai milanesi già allo Zero e poi nel piccolo locale di via San Calocero, s’è insediato in un nuovo ristorante: “il marmo scuro illuminato da una grande luna, con l’acqua che scorre domina la grande sala d’ingesso, poi c’è il piccolo privé; quindi la sala con il tradizionale banco sushi-bar e vista della cucina”.
Scontata la qualità dei prodotti, sono “folgoranti i tagli, gli accostamenti, le salse, le cotture, le temperature”; i sushi risultano di “straordinaria originalità e finezza”, così come i roll, ma sono gli innesti mediterranei che rivelano armonie imprevedibili, specie Sicilian Rouge (gamberi rossi crudi con salsa di pomodoro datterino), Wicky’s catalana (astice all’aceto di Barolo) e soprattutto “l’impareggiabile maialino Keneki Kyoto lessato per 16 ore”.
Prezzi: 85 € per il menu degustazione, 15/20 a pranzo con il bento box o i ramen.
via A. Serra 15, Roma
Uomini a cucinare e rispettive mogli in sala nel bistrot da una quarantina di coperti sulla collina Fleming, dove il pranzo di lavoro costa 8, 12 e 16 € (uno, due, tre piatti a scelta) con pane, focaccia, paste fresche e dolci fatti in casa.
C’è molta attenzione agli ingredienti, ci informa il giornalista e scrittore Gianni Mura sul Venerdì di Repubblica: ceci e lenticchie di Onano, patate di Leonessa e Avezzano, guanciale stagionato di Amatric, finocchietto selvatico di Barbazzano, cozze e vongole di Oristano, frittura di paranza del Giglio, con una preferenza per il baccalà, cucinato come antipasto, primo, secondo e anche dolce. Massimo voto per il trancio di baccalà al vapore con piccoli peperoni dolci farciti di baccalà mantecato.
Se non è amore questo.
Alternative degne di segnalazione: polpo arrostito, fichi canditi e polvere di anice stellato, tonnarelli alla marinara, tagliata e hamburger di fassona.
Buone etichette, ricarichi corretti, servizio cordiale e puntuale, anche.
Prezzi: antipasti 7/14 €, primi 10/14 €, secondi 15/20 €, dolci 5/6 €.
68 Royal Hospital Road, Londra
Ancora Enzo Vizzari, che su l’Espresso sembra non gradire troppo chi invece dei piatti buoni e inconsueti va al ristorante per “mangiare il cuoco. Vogliono vederlo, toccarlo, parlarci a lungo e fotografarlo. Non sono stato bene da Cracco, ma me l’aspettavo: ormai lui è sempre in giro, non cucina mai”.
Per smentire questo falso mito, sentenzia Vizzari, non esiste miglior ristorante che quello da dove è partita e continua l’epopea di Gordon Ramsay (ci sarebbe anche qualcosa più alla portata, volendo ndr) che malgrado le sue costanti assenze resta uno dei migliori ristoranti del mondo.
La cucina è in mano alla bravissima Clare Smyth, per anni alla corte del grande chef francese Alain Ducasse, che propone classici di Ramsay o incroci di prodotti distanti per geografia e cultura come “l’halibut dell’isola di Gigha servito con granchio reale atlantico e raselhanout (mélange di spezie tipico delle coste nordafricane).
Ma la “vera marcia in più” sta nel servizio, “capace di miscelare disinvoltura e rispetto, sorrisi e rigore british.
Prezzi: da 75 a 270 € per esperienze diverse ma comunque memorabili, con o senza Gordon Ramsay.
Corso Insurrezione 10, Gravellona Lomellina – Pavia
Risalgono addirittura al Medioevo le origini dell’edificio che tra soffitti bassi e mattoni a vista appare all’improvviso in una viuzza di Gravellona, nel pavese.
Però, c’è un però. Se il locale promette e mantiene nelle atmosfere, che devono avere affascinato Roberta Schira, scrittrice e critica gastronomica per il Corriere della Sera, delude nei piatti di impostazione lombardo-pavese con polente e formaggi, salsicce, zuppe di cereali, risotti in una dozzina di varianti compresa la “panissa”, con vino rosso, cipolla e granone lodigiano.
Se la qualità degli ingredienti non è il massimo ci si consola con il conto, mangiare porzioni così generose con 25 € non capita spesso.
[Crediti | L’Espresso, Venerdì di Repubblica, Corriere Milano. Link: Dissapore, immagine di a Roma: Puntarella Rossa]