Ci risiamo: lo stellato apre la trattoria, e via con roboanti articoli che ne comunicano l’apertura. Se ricordate, a fine aprile non si parlava di altro: Scabin apre una trattoria a Ivrea, il Blupum. Dopo Cracco con la sua Segheria e – a quanto pare – prima di Cannavacciulo, Davide Scabin, chef del ristorante Combal.Zero di Rivoli, ha dato vita a un nuovo locale di provincia, una trattoria.
Perché tutti gli chef vogliono aprire una trattoria? Vado e chiedo.
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Siamo a Ivrea, comune di 25.000 abitanti, molti dei quali cenano alle 19.30 e anche io, ieri, mi sono presentata al Blupum a quell’ora. In cucina c’è Barbara Scabin, sorella di Davide. Una tosta. “Genio e Regolatezza”, li chiamano, e la regolatezza è femmina. Una che è sempre stata accanto al fratello, sia nella cucina del Combal di Almese che in quella del Combal.Zero. Una che da un mese e mezzo, è passata da un ristorante di alta cucina (guidando una brigata di 14 elementi) a una trattoria.
Ma com’è, le chiedo.
“Per me è stato facile – dice Barbara – perché io sono nata da lì, da una trattoria; 21 anni fa quando abbiamo iniziato, il Combal di Almese, era una trattoria. E lì abbiamo preso la prima stella Michelin. Inaspettatamente: tovaglie a quadretti e porta del gabinetto a ridosso dei tavoli”.
Dunque per gli Scabin la trattoria è un tornare alle origini e non rinnegare se stessi, anche se al Blupum non ci sono tovaglie a quadri e il gabinetto è al suo posto. Ma deve esserci dell’altro. Barbara non nasconde che la cucina del Blupum la diverte di più ed è meno ansiogena di quella di un ristorante stellato.
E poi, dice: “È cambiata anche l’economia. La gente ha voglia di cose più semplici e più economiche”.
Senza tanti giri di parole, le cose semplici, buone ed economiche al Blupum le trovi davvero. Io e la mia commensale abbiamo provato tutti i piatti in carta con il menu degustazione a sette portate (a cui son da aggiungere un’entrata di benvenuto e dolce o formaggi) che costa 43 euro.
Se avessimo avuto meno appetito, avremmo potuto scegliere il menu “Blupumin” (due entrate, un primo, un secondo, dolce o formaggi) a 34 euro.
Del menu mi colpiscono tre cose:
— Il pane si paga. Nel senso che ti portano un vero e proprio sacchetto con grissini, pane casereccio, lingue di suocera, burro salato fatto al momento e una tazzina con acciughe al verde (con una salsa di prezzemolo e basilico) e tomino. E costa 4,50 euro. Quindi puoi scegliere se averlo oppure no.
— I piatti del giorno (che costano 12 euro), sono ruspanti, economici e calendarizzati. Martedì: valdostana di pollo con spinaci al burro e acciuga; mercoledì: trippa e fagioli; giovedì? Gnocchi. E così via.
— C’è un po’ di Piemonte e un po’ – un bel po’, a dire il vero – di resto d’Italia. Trovo lo gnocco fritto (che però, a certe latitudini, non lo sanno proprio fare!) e i salumi di Spigaroli, trovo le tagliatelle al ragù bolognese e anche il babà.
Io assaggio gli antipasti presenti in carta: Vitello tonnato alla maniera antica (senza maionese, è un piatto che si trova anche al Combal.Zero), Insalata di trota alla russa (con cipolle caramellate in aceto Sirk), Asparagi, uovo affogato, caviale di tartufo nero e fonduta (piatto perfetto).
Passo ai primi, Tagliatelle al Ragù bolognese e Raviole Astigiane in Brodo di Gallina. Ammetto che di ragù così buoni era da tanto che non ne mangiavo. Cuoce per sei ore, è gustoso e ha un sapore elegantissimo. La tagliatella è Monograno Felicetti, avrei personalmente preferito una tagliatella “ruvida” con quella meraviglia di ragù. Le Raviole Astigiane, sono eccezionali.
Nel frattempo noto che il servizio è cortese, preparatissimo, informale ma presente. I tavoli attorno a me si stanno riempiendo di famiglie, ragazzi, coppie, gruppi di amici. I coperti sono ottanta e in queste prime settimane di apertura, mi spiega Barbara, c’è stato un assalto.
Confortevoli, in porzioni abbondanti e gustosi (ma incredibilmente leggeri) sono anche i secondi: sia lo Scamone di Vitello glassato al forno con verdure e salsa di acciughe, che il Polpo alla Luciana con patate fondenti.
I dessert e i formaggi arrivano in carrello, io non riesco ad assaggiare più nulla se non delle buonissime ciliegie cotte nel barbera, servite in un bicchierino, come nelle piole piemontesi di una volta.
Dopo una lunga chiacchierata con Barbara e una cena eccellente, credo di avere capito cosa voglia dire essere una trattoria contemporanea.
— Proporre un ottimo rapporto qualità prezzo. Non far finta di essere low cost, ma esserlo davvero.
— Cucinare piatti buoni, saporiti ma leggeri (ho mangiato come un vichingo ma sono riuscita a rientrare a Milano senza alcun cedimento)
— Tradizione e confort, però anche gioco. Non credo che trattoria sia solo sinonimo di cucina di territorio, filiera, km zero e quelle robe lì.
— Accoglienza e servizio di qualità. Ecco questo sì: la sala è saliente in una trattoria contemporanea, il cliente deve stare bene e soprattutto avere voglia di tornare.
Mi resta un solo dubbio: perché ambire alla cucina stellata se il divertimento, e anche il business, sta altrove?A chi servono le stelle oggi?
[Crediti | Link: Scatti di Gusto, Immagini: Maurizio Bray, Bob Noto]