Mancano solo pochi giorni all’apertura romana del primo Kentucky Fried Chicken d’Italia e già mi è venuta voglia di pollo fritto. Questa infatti la specialità che ha reso celebre la catena americana di fast food avicolo, facendo del suo personale “omino coi baffi” (il Colonnello Sanders, personaggio che ammicca su secchielli e confezioni) il miglior amico dei golosi d’Oltreoceano.
Per la cronaca, il simpatico vecchietto è realmente esistito, si chiamava Harland Sanders ed è stato il fondatore dell’impero che oggi conta 18.000 punti vendita in tutto il mondo.
Nonostante questa, come molte altre storie, conservi tutto il fascino del sogno americano e del self made man, non mi recherò nella Capitale per poi raggiungere il Centro Commerciale Roma Est e fiondarmi in coda per cosce e ali, seppur dorate e croccanti.
Né, per consolarmi, farò una salto in uno dei numerosi Chicken & Chicken disseminati per Milano, l’alternativa meneghina al fritto made in Usa.
Ciò che farò, invece, è preparare la ricetta di casa di quello che per tutta la vita ho conosciuto come pollo fritto alla toscana.
1. Preparazione, la stessa dell’Artusi
La ricetta del pollo fritto alla toscana che adottiamo in famiglia è, a grandi linee, la stessa dell’Artusi, che ne propone due versioni. Noi si è sempre optato per la più semplice, ma comincio con l’illustrarvi la complicata.
Punto di partenza è un “pollastro giovane” (cit.) pulito e tagliato in parti lungo le giunture, poi infarinato, condito con sale e pepe e irrorato con due uova sbattute. Dopo una mezz’ora di riposo, i pezzi sono passati due volte nel pangrattato e rosolati in un tegame con olio, o lardo (sic!).
La versione più basic prevede pezzetti più piccoli, infarinati, immersi nelle uova sbattute e salate, infine fritti in padella. In entrambi i casi, Artusi accompagna con spicchi di limone.
La versione ancora più basic, non contemplata dal gastronomo di Forlimpopoli, prevede l’utilizzo di polpa disossata e senza pelle: se volete darmi retta, quella di coscia e sottocoscia vi darà bocconi infinitamente più succulenti di quella del petto.
Per finire la carrellata, la ricetta “toscana” (toscani, confermate o smentite!) che, almeno in rete, va per la maggiore prevede che prima d’ogni cosa il pollo, a pezzi ma quasi sempre con ossi e pelle, sia lasciato marinare con succo di limone, prezzemolo e aglio. Cosa che io faccio, per esempio, con le cosce di rana, ma questa è un’altra storia.
Tornando al pollo, altra variante diffusa è preparare una vera e propria pastella, invece che infarinare e passare nelle uova, oppure adottare una panatura classica, tipo cotoletta.
Un consiglio che mi sento di darvi è di tenere una temperatura di frittura non troppo alta, diciamo intorno ai 150-160°, perché i pezzi con gli ossi sono lunghi a cuocere e rischiate di bruciare l’esterno e lasciare cruda la carne.
2. La versione americana
Oltreoceano, il pollo fritto sembra sia nato nella comunità afroamericana. Questo probabilmente il motivo della presenza corposa, nella ricetta, di erbe e spezie, dall’origano al pepe di Cayenna, più aglio e/o cipolla in polvere.
Gli aromi scelti sono mescolati alla farina in cui si passano i pezzi di pollo, sempre con ossi e pelle. L’elemento umido, necessario per dare corpo e far aderire la crosta, può essere uovo sbattuto o latticello.
Piano B: invece di unire le spezie alla farina, se ne può fare una marinata insieme a latte, latticello o, credo io, anche yogurt. L’importante è che non manchino mai e che siano abbondanti, come del resto conferma anche la ricetta KFC, famosa per avere nella sua formula una dozzina di spezie e aromi top-secret.
Se siano davvero così irresistibili, capaci di rendere il pollo fritto del Kentucky un’esperienza di fast food più unica che rara, mi aspetto di saperlo dagli amici romani fra una decina di giorni.
Nel frattempo, vado a tirare fuori dal ceppo la mannaietta: ho da fare a pezzi un pollo. Ma voglio fare il pollo fritto alla toscana, che mi piace di più.