Disclaimer: salterei subito alla ricetta dei pizzoccheri, tanto mi piace, ma aderisco all’usanza dell’introduzione altrimenti pare brutto. L’autunno tiepido non vi illuda. Presto, pare prestissimo, il freddo comincerà a farsi sentire e vi tornerà finalmente la voglia di mettere in tavola roba calda, fumante, filante formaggio, grondanti condimenti.
Sarà di nuovo il momento di paste al forno, zuppe, lasagne ricche e minestroni di legumi. Tutto vale, purché scaldi il cuore e invada la casa di profumini invitanti. Pescando a piene mani dalla tradizione, l’Italia da nord a sud propone decine di piatti così. Naturalmente, con un affollamento maggiore se si guarda alle cucine di montagna.
Per inaugurare la stagione, ho pensato di andare in Valtellina e preparare i pizzoccheri. Che, per chi non lo sapesse, sono corte tagliatelle di grano saraceno con patate, verdure a foglia verde, tanto formaggio, tantissimo burro, aglio e salvia. Credo di poter dire un pochino la mia, in materia, non fosse che per i vent’anni di villeggiatura a Bormio, quando la pietanza mi accoglieva bollente nei rifugi sulle piste da sci come sui tavoli dei ristoranti più chic.
Inutile dire che quella che vado a raccontarvi è la mia ricetta, quella imparata chissà quando, chissà da chi e in perenne gara con la versione di mia suocera, tutte e due desiderose di presentare a mio figlio, nonché suo nipote, il miglior piatto di pizzoccheri a sud di Sondrio. Ecco come cerco di guadagnarmi (da anni) l’ambito riconoscimento.
1. Pizzoccheri: Si comincia dal condimento
Un profumo irresistibile: quello che si sprigiona da un semplice tegamino in cui il burro spumeggia con l’aglio e la salvia. Tutto in dosi generose. Io preferisco metterlo su subito, aggiungendo una lacrima d’olio per alzare un poco il punto di fumo del burro ed evitare che bruci, e uso un pentolino di coccio, fiamma bassa e spargifiamma, perché voglio che crogioli lentamente, così da estrarre gli aromi conservando dolcezza. Quindi, ponetelo a fuoco gentile come prima cosa, tenendolo d’occhio e spegnendo appena accenna a friggere.
Una patata o due
Ora, dovete fare una scelta: quanto volete che sia ricco il vostro piatto? Se avete tanta, tanta fame sbucciate e tagliate a tocchi due patate medie (stiamo parlando di una porzione per due persone), altrimenti ne basterà solo una.
So che esiste tutta una diatriba (anche qui!) sulla correttezza di aggiungere patate ai pizzoccheri.
Due i motivi. Il primo è nutrizionale: il piatto diventa eccessivamente ricco di amidi, ma tanto, lo sarà anche di grassi, sicché sinceramente non vedrei il problema. Il secondo è storico. Rispetto al grano saraceno, presente sin dall’antichità, la patata è ingrediente introdotto più di recente nella cucina europea, e nelle nostre valli alpine, perciò si tratterebbe di un’aggiunta “moderna”: moderna di cinquecento anni fa, al pari per esempio della polenta.
Quindi, in definitiva mi sembra di poter affermare che le patate ci vanno, e ci stanno pure bene. Pulite e tagliate, mettetele in una capace pentola, colmatela di acqua fredda e portatela a bollore.
La verdura
Non ho paura di affermare che io preferisco di gran lunga le coste alla verza, usata spessissimo (quasi sempre direi), o agli spinaci che pure qualcuno predilige. Il motivo è molto semplice: trovo indicata una verdura più neutra, meno dolce e meno coprente del mio sapore preferito, che resta quello di burro, aglio e salvia. La verza è splendida nella cassoeula, in cui ingentilisce i tagli forti del maiale, e le “polpett de verz” (involtini di carne arrotolati nelle foglie di verza) sono deliziose.
Ma nei pizzoccheri fatemi usare le coste.
Se volete imitarmi, scegliete un cespo non troppo grande, in modo che le costole bianche non siano eccessivamente spesse e filamentose. Staccatele dalle foglie verdi, che userete più avanti, e pelatele leggermente su entrambe le facce, poi tagliatele a tocchetti. Uniteli all’acqua delle patate, ormai in ebollizione, insieme a una presa di sale grosso.
Se siete verza-orientend, il procedimento cambia poco: tagliate a listarelle un piccolo cuore di verza e aggiungete le striscioline all’acqua, che ora è pronta a ricevere i pizzoccheri.
4. Pizzoccheri: freschi o secchi
Ipotesi uno: è domenica e volete cimentarvi con la preparazione dei pizzoccheri freschi fatti in casa (naturalmente, cominciando una mezz’ora prima di partire con il soffritto del mio post). Vi avviso subito che impastare la farina di grano saraceno non è facile come sembra: ci ho messo del bello e del buono per realizzare, a suo tempo, i maltagliati senza glutine, perché se ne ricava una pasta che tende a sgretolarsi facilmente.
Potete comunque ispirarvi a quella mia ricetta o modificarla sostituendo un terzo di farina di saraceno con altrettanta bianca, che vi aiuterà nella lavorazione. Come dosi, calcolate circa 300 g di farina per 2 persone. Fatta la pasta, stendetela non troppo sottile (più o meno un mm) e tagliatela in corte tagliatelle.
Non avete tempo, voglia, manualità o farina di grano saraceno in dispensa? Passate all’ipotesi due: un buon pastificio artigianale che confeziona i pizzoccheri freschi e sarà felice di venderveli. Non facilissimi da trovare, ve lo concedo, ed ecco allora l’ipotesi tre: i pizzoccheri secchi. Ce ne sono in commercio ottime marche e, come è ovvio, vale la pena preferire quelli prodotti in Valtellina. Di questi, calcolatene un etto abbondante a porzione.
Tuffate i pizzoccheri secchi nell’acqua con patate e coste e cuoceteli 12-15 minuti: il tempo sarà sufficiente a portare a cottura anche gli ortaggi. Quelli freschi cuociono più rapidamente, quindi attendete che le coste si siano intenerite prima di aggiungerli.
Le foglie verdi
Mentre tutto sobbolle allegramente, occupatevi del formaggio. Siamo in Valtellina, quindi la scelta cadrà su un Casera o, perché no, uno Scimudin o un mix fra i due, circa un etto a persona. Non dimenticate di avere a portata di mano un buon grana grattugiato.
E le foglie delle coste? Non me le sono dimenticate: tagliatele a striscioline e aggiungetele al resto nel pentolone, un paio di minuti prima di scolare pizzoccheri e verdure. Nel frattempo, avrete acceso il forno a 200°.
Completare la teglia
Sono tre i passaggi successivi da eseguire mentre il forno va in temperatura.
Primo: mettete in una pirofila metà del burro fuso, magari scartando l’aglio che si potrebbe confondere con le patate (o anche no); scolate i pizzoccheri e trasferiteli rapidamente nella pirofila, poi versate il burro fuso rimasto e mescolate bene.
Secondo: unite metà del formaggio e due o tre cucchiai di grana e mescolate bene finché tutto comincia a filare, poi pareggiate un poco gli ingredienti nella pirofila, perché siano pronti ad accogliere la guarnizione finale.
Terzo: completate con il formaggio rimasto, ancora grana e qualche fiocchetto di burro, che nei pizzoccheri non è mai abbastanza.
In forno e in tavola
Ormai, i 200° sono belli e raggiunti: infornate la pirofila, apparecchiate la tavola, stappate un buon rosso, se possibile valtellinese. Dopo 10 minuti i pizzoccheri sono pronti da portare in tavola.
Al contrario di quel che si consiglia in genere con le paste al forno, serviteli immediatamente: litigare con i fili di formaggio e il condimento che gocciola dalla paletta, mentre passate dalla pirofila al piatto, fa parte del gioco e anticiperà il godimento che proverete al primo assaggio.