A, Report, la trasmissione di Milena Gabanelli&Co, dobbiamo tutti moltissimo, incluso qualche forte attacco di gastrite per la rabbia di sentire certe notizie poco piacevoli anche riguardo a quello che mangiamo. Si deve proprio a una puntata di diversi anni fa dedicata all’olio extavergine lo “scoperchiamento” di giri poco puliti nel settore che ha portato a una maggiore attenzione anche da parte dei consumatori.
Ultimamente però, Report sembra essersi accanito con un po’ di cattiveria – unita a sacrosante verità – con il capoluogo partenopeo andandone a toccare due veri e propri simboli gastronomici: il caffè e, soprattutto, la pizza.
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In risposta alle accuse di Report – secondo cui in molti locali napoletani le pizze verrebbero realizzate con ingredienti di scarsa qualità a cominciare dall’olio, e con poca attenzione alla sicurezza alimentare – ma soprattutto per “portare un po’ di chiarezza su una delle eccellenze del made in Italy meno conosciute dai consumatori nonché sull’importanza dell’impiego dell’olio evo sulla pizza napoletana”, il pizzaiolo Enzo Coccia (uno di quelli da cui non rischiate nottatacce e digestione difficile, tanto per mettere subito le cose in chiaro) ha deciso di ospitare nel suo locale La Notizia l’appuntamento “Olive oil: the day after Report”, organizzato in collaborazione col selezionatore di oli Riccardo Scarpellini e con la giornalista Laura Gambacorta.
Come a dire: “questa volta La Notizia la diamo noi!”.
Lo scorso 2 marzo quindi, per un giorno (anche se Enzo vuole replicare per tutti gli ingredienti-base della pizza di qualità) la pizzeria si è trasformata in una “sala congressi” dove produttori campani ed esperti hanno raccontato di come nasce il loro olio, di come si riconosce un extravergine di qualità – incluse le prove pratiche di assaggio guidate da Maria Luisa Ambrosino, responsabile Sportello olio e capo panel della Campania – e di quello che di buono c’è, o ci dovrebbe essere, nell’olio che usiamo comunemente.
Tra gli intervenuti anche Gino Celletti, grande esperto dai modi spicci ma convincenti: «In Campania ci sono oli eccellenti e un’incredibile ricchezza di varietà di olive. Eppure l’altra sera in una pizzeria famosa presente anche in altre città – ha raccontato – mi hanno portato a tavola una bottiglia di olio di un’altra regione, per di più difettato. Sapete perché succede? Perché voi non capite niente, e non vi lamentate!».
Dunque, tutti a scuola di assaggio per rimandare indietro oli scadenti e puzzolenti, proprio come faremmo per una bottiglia di vino “tappata”.
E per spazzare finalmente via alcuni luoghi comuni legati all’extravergine, dalla presunta “acidità” (che in realtà è un parametro squisitamente chimico, visto che i nostri recettori sensoriali non sono in grado di captarla) al “pizzicore” che, insieme al grado di amaro dell’olio, è in realtà un indicatore di qualità derivando da alti contenuti di polifenoli, preziosissime sostanze antiossidanti e benefiche.
L’argomento hot della giornata era però legato alla pizza, naturalmente. È toccato a Raffaele Sacchi – docente presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, grande divulgatore e provetto cuoco casalingo – dare una risposta all’annosa domanda: “l’olio sulla pizza va messo prima o dopo della cottura in forno?”.
Prima e dopo, è la risposta di Sacchi.
Prima, un filo di extravergine serve ad “amalgamare” e legare tra loro gli ingredienti dando la giusta armonia, ma soprattutto – nel caso di Margherita&co – con il calore del forno i polifenoli dell’extravergine si legano con i licopeni dei pomodori in una sorta di reazione chimica da cui scaturisce una vera “bomba” di antiossidanti, buona per il gusto e per la salute.
Visto, però, che con le altissime temperature a cui cuoce la pizza napoletana (parliamo di circa 435-490° C), gli aromi dell’olio svaniscono, vale la pena completare con un filo di – buon – extravergine a crudo per portare in tavola una pizza coi fiocchi.
A dimostrazione di quanto detto nel corso della mattinata, la sera stessa La Notizia ha proposto una cena-degustazione in cui 5 pizze sono state proposte in abbinamento ad altrettanti extravergine d’eccellenza campani.
La serata è partita con la pizza bianca con fiordilatte e pomodori “pacchetelle” del Vesuvio su cui spandere a volontà lo squisito extravergine bio de Le Tore – un blend a base di Carpellese, Frantoio e soprattutto Minucciola, ottima varietà della Penisola Sorrentina – un fruttato medio con note di erba fresca, mandorla e noce con un amaro deciso e un piccante moderato, perfetto per accompagnare questa pizza semplice ma deliziosa.
Piccolo particolare: l’olio proposto da Vittoria Brancaccio, titolare del paradisiaco agriturismo affacciato su Punta Campanella, era di due campagne olearie fa – quella del 2014 è saltata per i noti problemi che ci sono stati la scorsa estate, grandinata inclusa, e quella del 2013 era esaurita -, ai limiti della shelf life (18 mesi dall’imbottigliamento) ma nonostante questo ancora in piena forma.
La seconda pizza – ancora una bianca con mozzarella di bufala, fiori di zucca e pecorino – è stata proposta con l’eccellente extravergine Dop Colline Salernitane Diesis del Frantoio Torretta, gestito con cura maniacale da Maria Provenza a Battipaglia.
Si tratta di un fruttato medio con note di oliva verde e con un netto aroma di foglia di carciofo che torna in modo esemplare anche all’assaggio, che va incredibilmente bene con i contrappunti dolci e decisi della pizza.
Nella terza pizza, ecco emergere la “vena artistica” di Coccia nell’interpretare il grande patrimonio gastronomico campano: scarola cruda, olive nere, pomodori gialli lasciati interi e salsiccia dei Monti Lattari, legati insieme con grande eleganza dalle note di mandorla amara ed erbe aromatiche dello straordinario Monocultivar di Carpellese da olive denocciolate di Madonna dell’Olivo, piccola azienda cilentana condotta da Antonino Mennella che quest’anno per i su citati motivi ha dovuto rinunciare a realizzare i suoi altri, fantastici oli.
La Margherita con pomodori San Marzano Dop è stata invece saggiamente abbinata all’Ortice del Frantoio Romano, eccellenza irpina, che con le sue note erbacee e di pomodoro matura è semplicemente perfetto per la regina delle pizze.
Infine, la Marinara con pomodori San Marzano Dop ha rappresentato l’unica eccezione a quanto detto da Sacchi, ma non senza ragione: in questa pizza, come abbiamo soiegato, il pomodoro “lega” con l’olio durante la cottura mentre ci sono già i sentori forti dell’aglio e delle erbe aromatiche a dare il profilo aromatico desiderato.
L’extravergine Capolino Perlingieri non avrebbe potuto aggiungere molto altro anche a crudo.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Luciana Squadrilli]