La pizza di Franco Pepe potrebbe essere la migliore del mondo, parola di Premio Pulitzer

La pizza di Franco Pepe potrebbe essere la migliore del mondo, parola di Premio Pulitzer

Poi dice che uno si butta sui cupcake. Dove si è mai visto un americano che decide in libertà qual è la pizza migliore del mondo? Come minimo l’italiano medio reagisce. Figurati il dissaporiano medio, cresciuto a pizza e campionati.

Tuttavia, se l’americano è il primo critico gastronomico ad aver vinto il Premio Pulitzer, nonché uno dei più invidiati food writer statunitensi, e se il suo articolo per Food & Wine, la rivista a tema più venduta d’America, s’intitola “Questa POTREBBE essere la miglior pizza del mondo”, anche i lettori di Dissapore sono invitati a sospendere il giudizio e sentirsi incuriositi.

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Jonathan Gold, il già Premio Pulitzer, è stato a Caiazzo da Pepe in Grani, dopo che Nancy Silverton della Pizzeria Mozza a Napoli, gli aveva descritto la pizza di Franco Pepe come, appunto, “la migliore del mondo”. Il suo viaggio inizia a Napoli, “patria spirituale della pizza”.

Fin qui niente da eccepire, giusto?

Pizza ripiena con la scarola di Franco PepeMargherita di Franco-Pepe

Il food writer americano si delizia con il cibo partenopeo, esaltando sfogliatelle, sardine fritte, e manco a dirlo le pizze. Sì, le pizze: quelle che si trovano a ogni angolo di strada, ognuna delle quali può essere “la migliore della vostra vita”. Due nomi su tutti: la montanara fritta di Starita e la margherita di Brandi.

Qualche commento da fare – tipo spiegare ai lettori che devono ancora andarci chi sono Starita e Brandi? Intanto proseguo.

Cosa manca a Napoli secondo Gold?

I prodotti.
Le materie prime.
Gli ingredienti.

Chiamateli come volete ma stiamo parlando di pomodori, mozzarella di bufala, olio d’oliva. Tutte cose di casa a Caiazzo.

Ripieno di Franco PepeCalzone con la scarola riccia di Franco Pepe

“Nella pizza di Pepe si trovano tutti i sapori della Campania”: questo è per Jonathan Gold, il punto fondamentale della questione. Il legame con il territorio, la lunga storia della famiglia Pepe (tre generazioni di pizzaioli) e le tradizioni mantenute.

Per dire: la pizza a libretto, le 70 pizze a libretto che Franco Pepe distribuisce a Pepe in Grani al costo di un euro e mezzo. E poi l’impasto a mano, il termometro da forno come unico strumento tecnologico, la passione che gli riempie gli occhi quando parla di lievitazione e farine. Tutte cose che voi sapete, e che so anche io. E che a mio – ma forse non a vostro parere – lo rendono davvero il miglior pizzaiolo italiano.

E ora il momento che tutti stavamo aspettando: il giudizio sulla pizza.

Pizza ceci lonza e scarola di Franco PepeMarinara di Franco Pepe

Gold puntualizza agli americani che “potrebbero scoprire di essere anti-napoletane in fatto di pizza”. Perché nella pizza napoletana il formaggio non straripa dal disco di pasta, il cornicione non ha croste ultra-croccanti, e la sua semplicità “potrebbe ricordare la prima volta che avete mangiato una zuppa cinese con dei ravioli o delle pappardelle” [sic].

Sì, ma il suo giudizio finale? Perfetto.

Franco Pepe

Un bell’articolo, magnificamente scritto. Una bella storia, quella di Franco Pepe. Una pizza meravigliosa.

Ma quel titolo voi l’avreste usato?

[Crediti | Link: Wikipedia, Food&Wine, immagini: Luciano Furia]