Qualsiasi ingurgitatore lombardo di buona pizza conosce Il paradiso della pizza di Vimercate (Monza): l’asporto con il più ampio differenziale tra qualità della proposta e bruttezza insindacabile del contesto (un centro commerciale modello fine anni 80). Però Marco Locatelli, il pizzaiolo, in questi ameni luoghi si è fatto un nome a suon di studio, preparazioni inappuntabili, lunghe lievitazioni, condimenti ricercati e belle birre artigianali.
Non a caso che era finito nel nostro preveggente campionato della pizza.
Il paradiso della pizza esiste ancora, ma da meno di un mese è stato affiancato da Rise Live Bistrot, sempre a Vimercate.
Non so da cosa derivi Rise; Live perché ospiterà molti eventi e degustazioni, Bistrot per non dare l’idea di essere solo in una pizzeria. Qui infatti si mangiano (a pranzo e a cena), anche primi, affettati (quelli dell’inaugurazione, precedente a questo assaggio erano sontuosi) e ottimi fritti.
Provate i fiori di zucca fritti in tempura e serviti con un barattolino di ricotta e la colatura di alici nel contagocce. Gourmettismo, ma di sostanza. Che potrebbe essere la cifra descrittiva della formula in toto.
(Fallimentare, per eccesso di golosità prescatto, la mia foto del piatto. Che quindi vi risparmio).
Ambiente agile e piacevole, menù lunch a prezzi invitanti, bella carta delle birre, qualche vino interessante (ovviamente naturale) e ovviamente le pizze a fare la voce grossa.
Pizze gourmet, ma non troppo (fortunatamente, per come la vedo io che credo nella cottura assemblata degli elementi e poco nella pizza come base su cui inserire ingredienti di pregio): infatti alcune arrivano già a spicchi altre no.
Lunghe maturazioni (24 ore a temperatura ambiente o 48 a 4 gradi), lievito madre e un mix di farine divise tra 0 biologica, farro semintegrale e 2 macinata a pietra.
Punitiva invece l’idea di impedire ai clienti di sostituire o eliminare alcuni ingredienti, se non per specifica intolleranza. Se ne intuisce la logica, ma è una scelta che fa o farà discutere.
L’altra cosa che agiterà quelli con il manuale del perfetto pizzaiolo, o i talebani del pre assaggio è la scelta di usare un forno a gas. Anche se utilizza un sistema di recupero del calore grazie al quale la cottura è più uniforme senza arrivare a temperature eccessive (nello specifico Marco cuoce la pizza a 380 gradi).
Alla prova dei fatti la scelta pare ottima e successiva a vari test che pare abbiano dimostrato come la caratterizzazione della legna in cottura sia ampiamente sopravvalutata.
Ambasciator non porta pena, ma preparo lo stesso lo scudo di Capitan America!
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La margherita è disponibile in versione “nostra” e “vostra”. Ovvero la classica (a 7 euro) o aggiungendone 2 composta con alici, prosciutto, o altro. Ne ho provate due versioni con identitca soddisfazione.
La cottura è perfetta, stesso dicasi per la lievitazione.
Mi sembra che già oggi il livello sia leggermente superiore a quello del paradiso della pizza, dove qualche volta gli alveoli ospitano pasta non perfettamente cotta.
Le cose migliori però arrivano da quella che nel menù è denominata pizza stagionale. I 38 gradi esterni mi suggeriscono di tenermene alla larga, ma cedo subito all’abbinamento tra caprino, fiori di zucca e alici (in pratica bisso l’antipasto in forma di pizza).
L’assemblaggio e l’equilibrio tra gli ingredienti è dei migliori, la sapidità non eccessiva e la digestione indolore. Game, set and match.