C’era un sacco di gente! Era bello vederli lì, le facce sognanti, i bambini entusiasti che dicono “Guarda papà!!” indicando dalla cabina dell’ascensore un binario morto di Ostiense, le mamme che rispondono “Ed eccoci qua!” una volta raggiunto il 3° piano e agguantato il primo bocconcino di Grana Padano offerto dalla casa.
E’ lì al terzo piano che nel “weekend goloso” ci sono loro, gli chef. E che oggi si può mangiare quello che loro cucinano.
E cioè: il vitello tonnato secondo Heinz Beck – del ristorante La Pergola, Roma (“quello piccolino con l’occhialetti” – si vocifera a un tavolo di nerboruti sessantenni); il pollo rivisitato da Emanuele Scarello – del ristorante Agli Amici, Godia; il baccalà di Marianna Vitale – del ristorante Sud, Quarto.
Il terzo piano di Eataly è praticamente diventato il ricettacolo dei tipi da cui vi abbiamo messo in guardia già altre volte e cioè quelli che fotografano come ossessi il cibo prima ancora di capire di cosa sa.
Ma non è solo un vezzo di costume: ciò che mi colpisce, infatti, è l’aura mistica che si respira fra gli stand. Gli avventori del Roma Food & Wine Festival non sono clienti. Sono PELLEGRINI. Le foto che scattano non sono souvenir, ma potenziali RELIQUIE!
Per darvi un’idea della religiosità due punto zero con cui si accostano all’haute cuisine, ho deciso di sottoporvi i loro singoli casi.
Al RFWF c’era Daniele:
Curvo come un Leopardi del grandangolo, apparentemente poco goloso come un emigrante di Bengodi (in realtà, prima il dovere…), forse non lo distinguete bene ma sta fotografando il piatto di Vitale, ossia “cheese cake di baccalà profumato al finocchietto con ceci e pomodori confit”.
Non c’è niente da ridere. Questo ragazzo si sta sforzando di diventare un tutt’uno con il soggetto.
Sono rimasta lì davanti a lui circa 12 minuti. Mentre il tortino di baccalà e formaggio si squagliava mollemente lui era lì, a documentare ogni stadio di scomposizione del piatto. Stima.
Giulia, invece, è una blogger. Armata di fotocamera e palato furbesco, mi ha descritto il pollo con patate limone e caffè di Scarello. “La crema si sposa benissimo col limone. Forse però il pollo aveva un gusto troppo forte. Troppo diciamo ‘selvatico’. Nel complesso comunque buono”.
Giulia si è scelta un severissimo accompagnatore. Si chiama Robert (foto sotto), fa il critico cinematografico e gli sento dire che il vitello tonnato firmato Heinz Beck è “un po’ scombinato”, e che quindi “non è un ottimo biglietto da visita”.
Intanto, la fila davanti alla postazione di Heinz Beck per fare un’eucaristia di vitello tonnato diventava di fatto una processione. Posa trascendentale. Occhio pallato come una chip di topinambur.
Tutti darebbero il sangue per una foto con Heinz Beck. Alle brutte, ci si accontenta di fotografare la sua squadra.
E si twitta come pazzi alla velocità della luce.
Ma, in generale, è tutto uno scattar di smartphone e uno sciamare di degustatori, concentratissimi sul dare le loro coordinate via WhatsApp prima ancora che assaggiare le prelibatezze degli chef.
Ci sono quelli più discreti e quelli che allestiscono il set, con tanto di tovaglietta bianca “per avere lo sfondo neutro e far risaltare i colori del piatto” (cit.)
Poi ci sono Paola ed Emiliano.
Dapprima restii – mi guardano con terrore quando gli dico ”Ora assaggiate i piatti che dopo vi chiedo un parere” – poi mi assecondano gentilissimi.
Emiliano lavora in un’associazione culturale.
Assapora lentamente il primo boccone della crocchetta di pollo (sì sì, ero lì che lo guardavo pornograficamente). Poi mi fa: “il sapore della polvere di caffè si sposa bene con il pollo: rende l’idea di semplicità, dà un sapore ancora più naturale al pollo, che è già di per sé una carne semplice, alla buona, diciamo“.
Paola – grafica – intanto lo sogguarda da dietro il bicchiere, poi commenta il suo baccalà: “non mi piace tanto, perché ho l’impressione che il formaggio copra il sapore del pesce“.
Roberto invece gioca in casa. Anche lui chef, lo scorgo in un angolo, concentratissimo, che assaggia il discusso vitello. Mi fa notare, con disinvoltura e un velo d’ironia, la gelatina di vitello alle erbe, che accompagna la base di tonno grigliato, e la “neve di tonno in polvere”(sic!) che impreziosisce il piatto del rettore della Pergola.
Finito di fare la stalker agli assaggiatori, la morale che mi porto a casa è la seguente: gli chef sono gente che fa felice altra gente!
Sono oggetto di un culto transgenerazionalee che tutto sommato bypassa la necessità di scattare foto a ogni singolo fiocco di neve di tonno …
Mi rendo conto che, grazie agli chef:
1. Le signore ammansiscono il loro amor proprio di regine dei fornelli guardando estasiate l’artista che infila nel sac à poche cibi di qualsiasi consistenza e forma.
2. I bambini fantasticano sul loro avvenire in cucina e non più fra campi da calcio e passerelle.
3. I fidanzati si ammiccano sornioni dietro cuspidi di scaglie di cioccolato.
4. E tutt’ intorno si respira un’atmosfera buona, un po’ da asilo subito dopo la merenda e un po’ da buoni propositi per essere uomini migliori.
Ancora migliori se con una reflex a portata di mano, ovvio.
[Crediti | Link: Repubblica Roma. Immagini: Sara Mariani, immagine di copertina: Instagram/JackieDeg, immagine del piatto di Heinz Beck: Instagram/Elisabetta Tappi]