Riccardo Astolfi è il fondatore della comunità Pastamadre.net
Nel percorso sociale, formativo e psicologico che farà di ognuno di noi un hipster della panificazione, dopo il già detto utilizzo della pasta madre (a proposito, avete figliato?), c’è – come ogni gastrofighetto che si rispetti – la scelta delle materie prime.
Ovviamente sostenibili, locali, bio e eco-chic.
Aborriamo il supermercato, schifiamo il discount, adoriamo i mercatini pieni di cani e ragazze coi rasta.
Un altro dei gradi di separazione tra noi e la casalinga “parodiana”, che fa un uso preponderante e quasi dogmatico del panetto di lievito di birra fresco del supermercato e utilizza la farina Manitoba come fosse fard.
Noi no.
Non ci basta che sia bio. Né che sia macinata a pietra. Robetta da panificatori alle prime armi.
Dev’essere anche di grani antichi.
Arcaici, vetusti, trovati nella tomba del faraone, raccolti dalla mano pura di un bambino tra le rocce fossili delle Dolomiti durante un plenilunio, dai nomi strani, con un gusto un po’ retro un po’ chic, sicuramente vintage.
Il Senatore Cappelli è uno di questi. Cultivar di grano duro rilasciata dall’agronomo Strampelli nel 1915, così nominata in onore del Senatore Raffaele Cappelli, fu una delle varietà protagoniste della “battaglia del grano” del periodo fascista e una delle più coltivate per i decenni successivi in tutto il centro-sud Italia.
Soppiantata da varietà più moderne nel tempo, sacrificata sull’altare dell’aumento della produttività, delle necessità tecniche dell’agro-industria, della lotta alle infestanti e della ricerca schizofrenica delle migliori caratteristiche reologiche per l’industria del pane e della pasta, ora è – fortunatamente – ritornata alla luce.
Non c’è azienda agricola bio del Sud Italia che oggi non coltivi Senatore Cappelli.
E allora, non vorremo mica esimerci dal preparare il nostro primo pane di Senatore Cappelli?
La ricetta.
La vostra pasta madre l’avete rinfrescata, vero?
Procuratevi ora dal vostro orefice negozio di fiducia un pacchetto di semola di grano duro varietà Senatore Cappelli.
Che vi serve ancora? Acqua e sale.
Incredibile, ancora mi stupisco di come si possa diventare così fighi usando soltanto farina e acqua. Un prrrr! ai sifoni, alla farina di guar, all’agar-agar e, perché no, a tutto il bendidio di carni e pesci possibili (un punto in più dai vegani, si!)
Le quantità per due pagnotte da mezzo chilo circa:
150 g di pasta madre rinfrescata, 500 g di semola di Senatore Cappelli, 300 ml di acqua, un pizzico di sale marino
In una ciotola mettete la pasta madre, scioglietela velocemente nell’acqua e cominciate a aggiungere la semola. Cominciate a impastare: con le mani belle impiastricciate, non vi sentite già un po’ più virili e interessanti per il pubblico femminile?! (questo vale se siete del genere maschile).
Aggiungete poi un pizzico di sale, eventualmente disciolto in poca acqua, e continuate a impastare finché il vostro impasto non sarà liscio, elastico e omogeneo.
Attenzione! Ma avevate conservato dopo il rinfresco un po’ di pasta madre per le volete successive? Si, vero? (vi siete presi paura, eh?)
Mettete il vostro impasto in una ciotola, coprite con un canovaccio e fate lievitare a temperatura ambiente per 4-5 ore.
Impiegate questo tempo come più preferite. L’alcolismo anonimo e solitario resta una delle opzioni preferibili, ma potete sempre annegare nel dilemma della scelta tra formaggio e altre pratiche più o meno interessanti.
Torniamo a noi. Trascorso questo tempo rovesciate il vostro impasto su un tagliere infarinato e formate le due pagnotte.
Disponetele poi su una teglia rivestita con carta da forno e fate nuovamente lievitare un paio d’ore.
Accendete poi il forno a 250°C, e infornate, dopo aver inciso la superficie della pagnotta con un coltello molto affilato (o una lametta da barba). Cuocete per 10 minuti e poi abbassate la temperatura a 200°C, continuando la cottura per altri 25-30 minuti.
Sacrificate il vostro manufatto preferibilmente durante una cena con amici hipster e giovani dentro come voi, in modo che tutti i vostri sforzi siano valorizzati e il vostro ego ne tragga giovamento.