Ci siamo di nuovo. L’Oktoberfest o la Wiesn (il prato), come la chiamano i bavaresi, la più grande festa popolare del mondo ha aperto le sue porte. In soli 16 giorni oltre 6 milioni di visitatori spenderanno anche quest’anno più di un miliardo di euro per farsi ben più di una birretta, per la precisione consumeranno oltre 6 milioni di litri di birra, da abbinare alle 100.000 e passa salsicce di maiale o i 550.000 Brathendl (polli arrosto).
Tutto questo per il grande piacere delle poche aziende elette che gestiscono le quattordici enormi Festzelte (tende della birra, per intendersi) dove centinaia di Sissi in costume mostreranno di che razza sono fatte queste donne bavaresi che girano tra i tavoli con anche 18 Maßkrüge – i famosi boccali da un litro – portati a grappoli con le mani.
Fatevi un calcolo: se un Maß (abbreviazione di Maßkrug, oggi tutti esperti di lessico brassicolo bavarese) pesa circa 1300 grammi e un litro di birra 1 chilo, le cameriere della Wiesn sollevano un peso di 41,4 chilogrammi.
Ma il guadagno per tanto fitness è lauto: dai 5.500 e 15.000 €. Tutto dipende da dove servono, se nei box dei vip o ai tavoli più popolari. Appena il sindaco di Monaco di Baviera, puntuale alle 12.00, apre le danze conficcando la spina con due, massimo tre precisi colpi di martello nella botte, devono correre a tutta birra (sì, lo so, scusate il gioco di parole).
Se il primo cittadino non ce la fa sbagliando qualche colpo, la sua carriera politica è a rischio. Su questo i bavaresi non scherzano e non perdonano. Donnine o mazzette, va be’, può capitare a un uomo politico, ma maneggiare male una botte di birra – mai.
La birra è una cosa seria in Baviera.
Questi i fatti. Ma passiamo ora ai miti, da sempre più interessanti della realtà.
MITO NUMERO 1: LE CODE SULL’AUTOBRENNERO
Il primo mito legato all’Oktoberfest è il più bello di tutti, quindi lo tiro fuori subito: si racconta, appunto, che il grande entusiasmo degli italiani per la festa della birra crei una coda chilometrica di migliaia di camper sull’autostrada del Brennero, un serpentone così lungo che sarebbe addirittura visibile dallo spazio! Da buon mito che si rispetti non è completamente fuori dalla realtà.
Fatto sta che il popolo straniero più consistente della Wiesn sono infatti gli italiani. Per la cronaca il 19% dei visitatori, così tanti che il secondo weekend ormai da anni è dedicato ai fratelli meridionali dalla città più settentrionale d’Italia, come Monaco ama autodefinirsi.
E per evitare problemi di comprensione, un gruppo di poliziotti dell’Alto Adige aiuta i colleghi bavaresi.
MITO NUMERO 2: LE CAMERIERE CI STANNO CON GLI ITALIANI
Secondo mito: d’accordo, questo è un po’ meno surreale e anche più scontato del primo, ma per la sua permanenza inossidabile nell’immaginario maschile si guadagna senza dubbio alcuno il secondo posto della classifica.
Stando a un comune credo i fiumi di birra e in generale l’atmosfera allegra della Wiesn trasforma ogni anno le bellezze bionde di Monaco in donne esotiche, affamate di sesso e pronte ad abbracciare ogni latin lover che si presenti con la sua figherrima abbronzatura italica. Qua, purtroppo va detto, signori miei, il mito si allontana parecchio dalla realtà.
Anche se un Kinsey bavarese non è ancora nato e statistiche su questo tema non ne esistono, non crederete mica ai racconti dei Siffredi di turno rimpatriati, vero? Comunque sappiate che potete rendere la vostra caccia più efficace osservando bene la posizione della fiocca che le ragazze portano sul loro Dirndl, il costume tradizionale.
Secondo un codice antico, che appartiene alla storia dell’Oktoberfest la fiocca a sinistra significa che la ragazza è ancora libera, mentre lo spostamento a destra vi segnala “niente da fare”! Attenzione però, non vi garantisco che tutte le ragazze vestite di Dirndl conoscano ancora questa vecchia segnaletica amorosa. Se va male, una bella Watschn, cioè un amichevole schiaffone, vi farà capire che avete interpretato male, ma così almeno non perderete altro tempo.
MITO NUMERO TRE: NON SOLO BAVARESI
E con con questo siamo al terzo mito che racconta come l’Oktoberfest sia una festa popolare dei bavaresi immutata attraverso i suoi oltre 200 anni. Magari. Vero è che ci sono molti abitanti di Monaco che la frequentano, ma non tutti sono nativi che festeggiano ancora oggi i riti dei loro bisnonni.
Si tratta invece di Zuogroaste (questo sì che è difficile da pronunciare), cioè di persone trasferitesi in Baviera e che hanno un rapporto piuttosto eclettico con la tradizione della festa, nata nel lontano 1810. Evolutasi da una festa di paese piuttosto semplice a una specie di enorme lunapark del ventunesimo secolo attira visitatori che pur partecipando a tutto tondo indossando Lederhosen o rispettivamente Dirndl non necessariamente sanno cosa stanno facendo.
Da qui il rischio di fare una figuraccia tremenda e di beccarsi la Watschn di cui sopra.
MITO NUMERO QUATTRO: LA VERA OKTOBER FEST E’ NELLA REPUBBLICA CECA
Con il quarto mito finalmente entriamo nel campo del bere. E’ brutto dirlo ma partecipando all’Oktoberfest non sarete nella patria dei bevitori di birra più accaniti del mondo. Se volete incontrare dei vostri simili, fatevi un viaggio nella Repubblica Ceca magari visitando la bellissima Praga e alcuni dei suoi fornitissimi locali. Lì sì che sarete nell’Eden della birra.
Non solo conoscerete il popolo che mantiene il record assoluto come bevitori che si scolano ogni anno la bellezza di 145 litri a testa ma potete anche conoscere una moltitudine di prodotti brassicoli inimmaginabile non solo in Baviera ma in tutta la Germania. Come mai? Secondo molti esperti in materia il famoso Reinheitsgebot (legge sulla purezza della birra) ha impedito per molti secoli il progresso tecnico e ha sopratutto azzoppato la fantasia e la creatività dei mastri birrai tedeschi.
Insomma se cercate innovazione e nuovi sapori andate dunque nella Repubblica Ceca, ma anche in Inghilterra, in Belgio e pure negli Stati Uniti, patria delle craft beers, ma non a Monaco.
MITO NUMERO CINQUE: LA BIRRA COME MOMENTO DI AGGREGAZIONE
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Aggiungiamo pure un ultimo mito, parlo del bere birra come esperienza sociale, come momento di aggregazione. Succede che all’Oktoberfest, come anche nei bellissimi Biergärten, i giardini dove si serve la birra all’ombra di maestosi castagni, completi sconosciuti inizino una bella chiacchierata. Come tra vecchi amici. Spesso questo accade anche fra persone che nella vita reale appartengono a ceti diversi, categorie sociali che di solito non si incontrerebbero mai.
E’ qui che si forma per un’istante un simpatico noi che spazza via l’arroganza dell’ io.
Come in Italia si va a prendere un caffè per una breve chiacchierata, in Baviera quando si vuol parlare di qualcosa si dice, “via, facciamoci una birra”! E per tradizione anche le famiglie frequentano i Biergärten la domenica come li scelgono gruppi di amici per una serata da passare in allegria.
Intendiamoci bene, spesso è un mito, portato avanti dai tempi in cui il pittore Max Liebermann lo ha immortalato in un bellissimo quadro. Ma forse è un mito di cui nei tempi della globalizzazione si ha disperatamente bisogno, un’illusione necessaria appunto, perché ci fa credere che l’amicizia e la coesione sociale abbiano una chance.