“Siamo devastati per quanto successo, stiamo facendo il possibile perché non si ripeta più”: sobria, precisa e dettagliata la lettera aperta di Rene Redzepi pubblicata ieri sul sito del Noma, dove lo chef danese chiede scusa per l’infezione da norovirus che ha colpito 63 clienti dopo aver cenato nel suo ristorante tra il 12 e il 16 febbraio. Aiutati da quanto, sempre ieri, la giornalista Lisa Abend ha scritto per il sito della rivista Time, proviamo a fare chiarezza sull’accaduto.
Giovedì 14 febbraio alla casella del Noma è arrivata la prima email di una coppia danese contagiata, aperta però da un membro dello staff che non parla danese, quindi girata a un altro dipendente e letta solo lunedì 18 (sembrano i tempi di reazione del nostro editore Massimo Bernardi). Non proprio una nota di merito per il locale al tempo dei social network. Appresa la notizia, sono iniziate rigorose procedure di pulizia per disinfettare completamente le cucine e le sale, ripetute 3 volte nelle successive 48 ore. Tutto il cibo in qualche modo toccato nella settimana precedente è stato distrutto.
Venerdì 20 c’è stata l’ispezione della Danish Veterinary and Food Administration, che nel frattempo aveva ricevuto le segnalazioni dei clienti. Redzepi scrive che “sono rimasti soddisfatti da quello che hanno visto”. Sulla presunta mancanza di acqua calda con cui lavarsi le mani, lo chef ha precisato che dei 4 lavandini presenti nelle cucine solo uno non funzionava, ed è stato immediatamente riparato da un idraulico.
Sabato 28, quasi fosse il rating italiano maltrattato da Fitch o dalle altre agenzie, il Noma è stato declassato dal livello più alto di igiene a quello immediatamente inferiore (fondamentalmente, da un giga-sorriso a un sorriso un po’ meno largo), anche se l’organo preposto alla sicurezza alimentare dei danesi ha precisato: “da quando abbiamo iniziato le indagini lo staff del Noma ha collaborato pienamente, comportandosi in maniera del tutto appropriata”.
Redzepi ha spiegato che il virus è stato introdotto da un membro dello staff, portatore sano quindi esente da sintomi. Dopo aver contattato direttamente tutti i clienti contagiati, il direttore del Noma Peter Kreiner si è detto soddisfatto delle risposte: “molti hanno accettato l’invito e torneranno a mangiare nel ristorante”.
Doveroso precisare ad ogni modo, che il norovirus è creatura piuttosto infida. Resiste per esempio alla depurazione degli impianti a raggi ultravioletti che uccidono i batteri annidati nelle viscere dei frutti di mare, perché ne attacca la polpa. Non resiste alla cottura del cibo, ma sfortunatamente le ostriche e gli altri frutti di mare di solito si mangiano crudi, specie nei luoghi sacri del cibo, così un minimo rischio rimane. Nella sola Danimarca, in tutto il 2012, ci sono stati casi di contagio in 22 ristoranti per un totale di 800 persone infette. Anche se lavarsi le mani spesso, accuratamente e con acqua bollente è la miglior misura preventiva, non sempre basta. Chi si appassiona al tema può leggere quanto scritto su Disspaore dopo un caso analogo capitato nel 2009 al ristorante dello chef britannico Heston Blumenthal, The Fat Duck.
Nel frattempo al Noma sono arrivati molti attestati di solidarietà, con l’inevitabile indignazione dell’establishment gastronomico, e il dubbio che l’intera vicenda sia stata, se non distorta, quantomeno pompata mediaticamente. Redzepi, però, capisce l’attenzione quasi morbosa dei giornalisti. “Siamo un ristorante conosciuto per la perfezione, e improvvisamente c’è una macchia su di noi. Capisco che la cosa faccia notizia”.
[Crediti | Link: Dissapore, Time, Noma, immagine: Electrolux]