Niko Romito: il secondo miracolo di Castel di Sangro

Niko Romito: il secondo miracolo di Castel di Sangro

Questo articolo appartiene al primo numero di “DISPENSA“, una foodzine dedicata agli amanti del cibo che è possibile comprare qui e ora con un semplice clic.

Trovare il titolo per la cascata di parole che vi avventurate a leggere è stato come segnare un gol a porta vuota. Nel senso che in parte c’era già, appartiene a un libro-scandalo del 2001: “Il miracolo di Castel di Sangro”. L’ha scritto un americano che all’alba dei sessant’anni non aveva mai incrociato il “soccer”, e se n’è innamorato solo ai Mondiali di Usa ’94 per colpa di Roberto Baggio.

Il libro racconta l’accusa di una combine sul declinare del campionato 1996-97. Il Castel di Sangro si era salvato alla penultima giornata. Il Bari doveva vincere l’ultima partita, quella contro gli abruzzesi. Secondo McGinniss il 3 a 1 finale, insieme alla promozione dei pugliesi, faceva parte del sistema di favori che olia il nostro calcio. E che a lui, uno abituato a fare le pulci ai Kennedy e al Vietnam con i suoi best-seller, è sembrato un tradimento al Miracolo con la “M” maiuscola.

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Il miracolo che aveva portato in serie B una cittadina di 5.000 abitanti in provincia di L’ Aquila.

Lo scrittore americano, venuto in Italia per un’ intervista ad Alexi Lalas, il primo calciatore Usa sbarcato da noi, lo aveva voluto raccontare con una testimonianza diretta. Letta sulla Gazzetta dello Sport la bella storia del Miracolo, McGinniss aveva risalito gli Appennini per andare a vedere di cosa si trattava. Ci sarebbe rimasto fino al termine della stagione, vivendo per un anno a Castel di Sangro.

Una realtà fatta di alberghi che chiudono per turno, presidenti di società sportive che gestiscono parchi naturali privati (il signor Rezza, meglio noto come il J.R. d’Abruzzo), lavori in corso per lo stadio locale che si sa quando iniziano e non quando finiscono. Ma anche di personaggi memorabili con le doti riconosciute agli abruzzesi: calore, grinta e dignità, insieme a un fortissimo senso per l’impresa che ha trasformato il comprensorio in un’oasi per gli amanti della montagna: sci e snowboard a Roccaraso, fondo e passeggiate sulle ciaspole a Campitello Matese e Pesco Costanzo, sorgenti antiche e cure termali a Rivisondoli.

Il secondo miracolo di Castel di Sangro l’ha compiuto Niko Romito.

casadonna realeVigneto CasadonnaRistorante Reale a CasadonnaStanza Casadonna

Il senso di questa affermazione che potrebbe sembrare roboante è riassunto in poche date.

1996: Antonio Romito, padre di Niko, converte la piccola pasticceria di Rivisondoli, borgo da meno di 700 anime tra le montagne dell’Altopiano delle Cinque Miglia – vicino alle piste da sci ma lontano da tutto – in una trattoria a conduzione familiare che chiama Reale.

1998: Antonio Romito si ammala, morirà poco dopo. Suo figlio, che studia economia a Roma e coltiva l’hobby della cucina frequentando qualche corso, decide di fare le valigie e tornare a Rivisondoli. Con una complice: la sorella Cristiana, che da quei giorni brutali e decisivi condivide ogni mossa del fratello.

2007: Niko Romito, a 33 anni, porta per la prima volta la stella della guida Michelin in Abruzzo, con l’aiuto determinante di un piatto dei suoi, la “croccante espressione della lingua (di manzo)”.

2008: Ormai stabilmente nell’élite internazionale dell’alta cucina, il giovane cuoco conquista la seconda stella Michelin permettendo a Rivisondoli di stabilire un record: è il paese più piccolo d’Italia a fregiarsi dell’ambito riconoscimento.

2011: Con una mossa coraggiosa, Niko Romito e sorella comprano a Castel di Sangro, nel silenzioso nulla della campagna abruzzese, il monastero cinquecentesco di Casadonna. Ne fanno un relais di benessere e cibo, con ristorante confortevole – Reale a Casadonna – orto e vigna sperimentale, una manciata di camere dove flirtano vecchi muri in pietra con elementi di design e Niko Formazione, una moderna scuola di formazione per aspiranti chef.

Al talento naturale fuori dalla norma Niko Romito aggiunge lo stesso senso per l’impresa degli ostinati sangresi, convincendo le istituzioni a dargli una mano. Forse sono gli inverni infiniti a plasmare i caratteri, o forse i crinali agrodolci segnati da curve e tornanti, tant’è.

Ravioli di bufala in brodo di capperi

COME COLTIVARE UN PIATTO DI PASTA.
(Ravioli di bufala in brodo di capperi)

Caro Massimo,
l’idea sarebbe quella di raccontare un piatto di pasta come un prodotto agricolo, partendo dalle materie prime e da come sono coltivate. Si parla di terra, territori, produttori e anche di cucina. Per questo volevo coinvolgere uno chef con il quale ti immagino in una “conversazione” pratica attorno a questo tema.

Un pezzo lungo e leggibile, godibile e spiritoso, ma tecnico e approfondito. Avevo pensato di coinvolgere Niko Romito nonostante non sia propriamente uno chef agricolo, mi sembra possa fare da filo conduttore nel viaggio tra i prodotti che servono per coltivare un piatto di pasta. Se tu hai altre idee o suggerimenti che credi siano più adatti parliamone volentieri“.

Cara Martina
Bella idea. Unica difficoltà che intravedo: nemmeno io sono un tipo agricolo“.

Questa affabile conversazione tra Martina Liverani, direttore di Dispensa, e il vostro cronista introduce la seconda parte del pezzo, che rispetto alle consegne ricevute è senz’altro lungo, quanto a “leggibile, godibile e spiritoso, ma tecnico e approfondito” mi rimetto al vostro buon cuore.

Non essendo lo chef e tantomeno il cronista tipi particolarmente agricoli, l’idea originale, ovvero raccontare un piatto di pasta come un prodotto agricolo, partendo dalle materie prime (titolo ad effetto: “Come coltivare un piatto di pasta”), è stata modificata in un meno agreste raccontare un piatto dall’inizio alla fine, dalla progettazione di Niko Romito al risultato finale.

Tra le scelte possibili, considerate le numerose tregue di bontà che il menu del Reale a Casadonna offre al palato, dalla già menzionata Croccante espressione della lingua al Gel di vitello, porcini secchi, mandorle e tartufo nero, da l’Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato al dolce-gioiello, Essenza, abbiamo optato per i Ravioli di bufala con brodo di capperi. Almeno la consegna del piatto di pasta è stata rispettata.

Antefatto: Niko Romito, a Napoli per acquistare mozzarella di bufala nel giorno di chiusura del ristorante, riceve una chiamata sul cellulare. E’ Maurizio Menichini, proprietario di Caino a Montemerano, locale dell’area maremmana oggetto di culto gastronomico per la presenza di Valeria Piccini, squillante cuocona che unisce al brio salottiero della padrona di casa una cucina da doppia stella Michelin. L’amicizia tra i due risale ai tempi del Reale di Rivisondoli, quando lo chef abruzzese trascorreva brevi periodi con Valeria Piccini per apprendere i segreti di un grande ristorante.

Menichini, che è a Sulmona per comprare il famoso aglio rosso, si propone per una cena conviviale. Dormirà poi a Casadonna e il giorno successivo ripartirà per la Maremma. Niko Romito informa l’amico di un acquisto che lo rende euforico, una bellissima treccia di mozzarella di bufala. Per Menichini con la bufala ci vogliono i capperi, capperi non dissalati per elettrizzare la tenue dolcezza della mozzarella”. La cena è di quelle che si ricordano, una combinazione di ingredienti che resta impressa nella memoria olfattiva di Niko Romito.

i Ravioli di bufala con brodo di capperi dovevano essere un dolce. Perché a un dolce pensava lo chef quando riunito in cucina con i suoi collaboratori, come avviene ogni quindici giorni, si mette a giocare con le mandorle. Secche, tostate in padella, idratate, ridotte a crema. Quando si parte da un ingrediente con l’obiettivo di arrivare al piatto finito non bisogna negarsi nessuna possibilità.

Un lavoro di montaggio e smontaggio che sembra tempo perso e in molti casi lo è, ma non del tutto. Fare il cuoco significa anche memorizzare consistenze e sapori per tirarle fuori al momento opportuno come si fa con le cartelle di un computer.

“Consistenza”, una parola venuta a noia a chiunque scriva di cibo fondamentalmente per mancanza di alternative, piace molto a Niko Romito. Diversa è la consistenza di un ingrediente diverso sarà il piatto. Lo scoppio di sapore di una mandorla schiacciata sotto i denti è molto diverso dalla seduzione di una crema di mandorle.

Allora Niko Romito prende le mandorle, le re-idrata mettendole per alcune ore nell’acqua perché riacquistino la consistenza del frutto fresco. Così non deve aggiungere liquidi che annacquerebbero il sapore e la persistenza della crema. Congela pazientemente le mandorle poi le frulla da congelate: il risultato è un’emulsione densa ma ancora grassa, da alleggerire portando il grasso in sospensione attraverso una centrifuga e una volta estratto, toglierlo di mezzo.

E siamo solo alle mandorle, il primo dei sette ingredienti del piatto.

Può sembrare un paradosso, ma l’operazione più banale per il cuoco è modellare nella pasta sfoglia un raviolo da farcire con ricotta di bufala e mozzarella di bufala inumidita dalla sua acqua di governo, il liquido presente nella confezione quando l’acquistiamo. Perché la tonante carica di sale dei capperi crea problemi di abbinamento, specie se non devono recitare il ruolo del protagonista. Dall’esercito di strumenti che affolla le sue cucine lo chef pesca un attrezzo chiamato estrattore, il cui compito è cavare il liquido saporiti del cappero rinunciando del tutto all’involucro. Ma dopo l’assaggio non è ancora soddisfatto, al piatto manca la componente aromatica.

Ci vuole il pepe.

Inizia una lenta processione di grani diversi, finché i più adatti finiscono in padella per asciugare l’umidità e concentrare l’aroma. Il pepe tostato viene di nuovo messo a bagno nell’acqua, a cui spetta il privilegio, dopo aver assorbito ogni umore, di condire la pasta per il piacere del commensale.

Niko Romito

Doveva essere un dolce, è venuta fuori una festa della mozzarella di bufala senza grassi aggiunti egrazie alla concentrazione dei sapori, senza nemmeno un pizzico di sale.

Ma per uno abituato ai miracoli, questo è un gioco da ragazzi.

[Crediti | Link: Dispensa, l’immagine dei Ravioli di bufala in brodo di capperi è di Witaly]